Black Mirror: Bandersnatch | Ci sono più finali

La recensione interattiva dell'episodio speciale di Black Mirror targato Netflix

I finali di Bandersnatch sono molteplici: c’è chi dice siano cinque, chi sette, chi dodici. Le strade in cui la storia si snoda sono molte, molte portano il protagonista dietro le sbarre a disegnare glifi sulle pareti della sua cella dopo aver ucciso il padre in un eccesso di follia, e in quasi tutte il videogioco di Bandersnatch è un mezzo (se non totale) fallimento. Non solo, alla fine di queste strade non ci sono conclusioni, ma vicoli ciechi in cui la narrazione si interrompe più o meno repentinamente.

Se clicchiamo su Netflix il meccanismo della metanarrazione si scopre fin troppo, sovraccaricandosi ed esplodendo in un violento e piuttosto ridicolo faccia a faccia con la dottoressa Haynes: se combattiamo veniamo trascinati fuori dalla porta insieme a Stefan, se tentiamo di rifuggirlo per rientrare nella storia dalla finestra la messinscena si spoglia e ci rendiamo conto che quella finestra fa parte del set della serie Black Mirror. In entrambi i casi dobbiamo ricominciare dalla scelta precedente. E così accade se accettiamo il lavoro alla Tuckersoft invece di rifiutarlo, se scegliamo di seppellire il corpo invece di farlo a pezzi, se rovesciamo il tè sul computer invece di urlare a papà.

Se la storia si interrompe, e ci fa tornare indietro, è chiaro che il punto a cui siamo arrivati non è la conclusione della storia. Per cui, a guardar meglio, il finale è soltanto uno (doppio) in cui gli autori fanno partire automaticamente i titoli di coda (prima classici su schermo nero, poi sull’azzurro del piccolo televisore anni Ottanta). Quindi basta con la domanda “Quanti finali avete trovato?”: c’è un’unica vera conclusione. Tutti gli altri sono vicoli ciechi, come questo.

 

C’È UN SOLO FINALE


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