Vespasiano
Cittareale, 17 novembre 9 – Cotilia, 23 giugno 79
È in Giudea il comandante Tito Flavio Vespasiano, per soffocarne col Muciano governatore di Siria gli indomabili ribelli, quando la guerra civile cala sull’ultimo giulio-claudio e sull’impero: dall’appoggio dell’Egitto granaio dell’Urbe, dalle legioni d’Oriente e danubiane cava l’italico il vantaggio che vuole i suoi vincere Vitellio a Bedriaco e quindi il senato proclamarlo imperatore in absentia (69). Soppressi i Giudei e avvinti i Batavi, Vespasiano mette mano all’opera flavia di riorganizzazione dell’impero che, forte dell’istituzionalizzazione dell’auctoritas cesarea posta in essere nella lex de imperio Vespasianii, saprà proseguire il figlio Domiziano: alti officia strappati ai liberti per gli equestri, esercito e senato aperti alle province come alle rispettive élites di ius proprium per affiancare, all’integrazione delle periferie col centro, il consolidamento dei confini sul Reno e sotto la Caledonia che già guarda Agricola – mentre la rigorosa gestione del fisco e la revisione del catasto, per le sempre corrucciate fonti segno d’avara cupidigia, permettono a Vespasiano di risanare il bilancio statale disastrato dalla politica neroniana e dalle guerre civili, e così di dare a Roma, grazie all’opulenza drenata in trionfo dalla guerra giudaica infine vinta dal figlio Tito, un nuovo Capitolium, il Forum Pacis, e quel che oggi è il Colosseo.
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