Una primavera senza libri. E poi?

Testimonianza e idee per la ripartenza letteraria da una piccola editrice

La situazione in cui stiamo vivendo non è purtroppo un pesce d’aprile. La pandemia che sta provando i primi mesi di questo 2020 si fa sentire, oltre che nella psiche e nella vita personale di tutti noi, anche attraverso le conseguenze economiche che porterà con sé e che già, in questo primo difficoltoso periodo, si intravedono. Sono una micro editrice indipendente, sono a casa, lavoro dal divano, mi guardo i piedi appoggiati sul termosifone. Queste mie piccole considerazioni vogliono essere uno spunto per stimolare una riflessione e una discussione collettiva, perché il discorso è sfaccettato, e sicuramente apre più spazio a questioni che a soluzioni, e perché, lo anticipo, penso che l’unica via attraverso cui il settore editoriale potrà uscire da questa condizione sia l’individuazione di una strategia condivisa da tutta la filiera.

Ho scritto lavoro perché sì, io, editore, posso lavorare. La tipografia che si occupa dei due romanzi che abbiamo in uscita lavora, a orari e personale ridotti, ma lavora. Però:

1. le librerie sono chiuse (dopo teatri e cinema, dal 12 marzo è toccato anche alle librerie);
2. le fiere di settore sono state (per forza di cose) annullate o spostate;
3. molte riviste culturali non parlano di libri fino alla fine della pandemia.

Perciò sono qui che lavoro e mi guardo i piedi. Abbiamo due romanzi in uscita (non abbiamo bloccato i lanci) e altri libri in programma. La filiera diretta della distribuzione dei libri è attiva (tipografia – editore – libreria, mentre molti libri sono bloccati presso i distributori), ma le librerie sono chiuse, le fiere annullate, e nessuno promuove i libri.

In poche parole il mondo del libro è congelato, è in letargo. In parte, chiaramente, perché non può fare diversamente (le fiere non si possono fare, le presentazioni men che meno). In parte e di conseguenza si è autoibernato: molti editori hanno (comprensibilmente, dove lancio un libro se la libreria è chiusa?) posticipato tutte le uscite primaverili. Le librerie possono continuare a spedire e a consegnare a domicilio, gli editori possono spedire attraverso i propri siti (con le difficoltà di vendere libri online senza poterli promuovere), ma per il resto nulla si muove. Non proprio nulla, in realtà, perché nel frattempo il web si è popolato di hashtag, dirette, video party e altri virtuali luoghi di incontro per letture e presentazioni a distanza dei pochi libri usciti a cavallo o dentro al vortice della pandemia. Tutte valide iniziative (qui ne sono segnalate alcune), che ci intrattengono mentre evitiamo il problema. Molti editori poi si sono dati all’open source: ogni giorno è possibile scaricare gratis eBook di svariati editori, a volte interi cataloghi.

Perché l’open source non è la soluzione (e forse nemmeno bloccare i lanci)
Ammetto che, da lettore, adesso ogni giorno sembra Natale: mi servirà presto un nuovo hard disk, la corsa a scaricare i libri gratis è bella e comprensibile, e che si passino queste giornate a leggere è certamente una buona cosa. Ma dopo questa ubriacatura iniziale sarà il momento di chiederci: l’open source avrà realmente fatto un piacere a qualcuno? Non agli editori, il cui lavoro è vendere i libri pubblicati, non regalarli, e soprattutto non ai medio-piccoli editori, che non hanno una rendita di posizione tale da potersi permettere di regalare i loro cataloghi. Non ai librai: come faremo a far tornare le persone in libreria, dopo avergli regalato chili su chili (anzi megabyte su megabyte) di libri tali da riempire le loro librerie virtuali e bastare (stanti i recenti dati statistici secondo cui solo 4 italiani su 10 leggono almeno un libro all’anno) a riempire un’intera vita da lettore medio italiano e avanzare? Non al lettore, il beneficiario apparente dell’iniziativa: quando le librerie delle varie città, dei vari quartieri, non riapriranno, perché questi mesi di chiusura le avranno stroncate, il lettore sarà privo di un presidio culturale territoriale fondamentale, valore irrinunciabile per tutta la comunità.
 

L’open source farà un piacere a qualcuno? Non agli editori, il cui lavoro è vendere i libri pubblicati. Non ai librai: come faremo a far tornare le persone in libreria? Non al lettore, quando le librerie delle varie città, dei vari quartieri, non riapriranno


Quello che mi sembra vada fatto ora non è quindi proporre palliativi paternalistici e intrinsecamente dannosi, ma aiutare adesso l’anello debole, le librerie, perché poi anche loro possano dare il loro contributo a tutta la filiera per ricominciare – se le librerie non sono in grado di pagare gli editori o i distributori, anche gli editori chiudono, e chiaramente a essere più a rischio sono piccoli editori e librerie indipendenti. E farlo attraverso forme di sostenibilità e cooperazione che molto probabilmente si riveleranno anche l’unica chiave possibile per il dopo, per ripensarsi in un modo nuovo, più etico e vantaggioso per tutti.

Il settore soffriva anche prima – numero di lettori e vendite fermi da quasi due decadi, concorrenza dei grandi store online, meccanismi perversi interni alla filiera stessa – e quello che possiamo fare di questa circostanza è renderla un’occasione di riorganizzazione e ricostruzione di tutta la filiera. Tutti noi abbiamo la testa altrove in questo momento – e probabilmente, tutti, per una volta, nello stesso altrove nello stesso momento –, molti lettori raccontano di non riuscire a concentrarsi e a leggere, molti scrittori ammettono di non riuscire a concentrarsi e a scrivere, ma fare il possibile per restare lucidi, razionali, serve a contenere le laterali conseguenze economiche di questa situazione e rendere il meno difficile possibile la ripresa, quando sarà. Perché sì, avremo bisogno di tanta lucidità.

I lanci sospesi fino alla ripresa (e i libri usciti e rimasti imbottigliati nei canali di distribuzione), sommandosi agli ulteriori nuovi titoli in uscita, comporteranno inevitabilmente in autunno, o quando sarà, una saturazione del mercato, che non farà bene né agli editori (men che meno ai piccoli) né alle librerie. Cosa succede poi se un grande editore blocca tutti i lanci che può bloccare ma esce, durante la pandemia, direttamente in eBook con un libro attesissimo? Neanche così sta facendo del bene alle librerie. Anzi, le sta proprio bypassando, togliendogli un indotto che tra qualche mese, con l’uscita del cartaceo, si sarebbe rivelato utile per la ripresa.

Cosa si può fare (ma soprattutto cosa non fare)
Non si possono scavalcare le librerie. Perché se le bypassiamo adesso non ci sarà, per molte di loro e anche per molti di noi editori, un dopo. Fino alla riapertura delle librerie bisogna studiare strategie che permettano di non scavalcarle e anzi di includerle, usare i lanci e le attività di questo periodo in ottica solidale. Non sono solo canali di vendita (in un assurdo limite teorico anche rimpiazzabili dall’online), ma presidi territoriali e punti di riferimento per tutta la comunità culturale, e lo saranno ancora di più alla fine di questa emergenza, quando cercheremo spaesati qualche punto fermo a cui aggrapparci per ricominciare. Ma non sono nemmeno solo presidi culturali, sono un anello economico della filiera: se l’anello salta, il motore si blocca. Una libreria che “non sta bene”, che fatica a restare aperta, a fatica pagherà gli editori, lascerà insolute le fatture, e gli editori a loro volta faticheranno a rientrare dei costi e ad avere risorse su cui fare affidamento per pianificare strategie realistiche per il futuro.
 

Le librerie non sono solo canali di vendita e non sono solo presidi culturali, sono un anello economico della filiera: se l’anello salta, il motore si blocca


In tal senso mi sembra importante segnalare le iniziative promosse da una rete di editori, librerie e soggetti attivi nel settore a sostegno delle librerie indipendenti, finché queste non potranno riaprire i battenti:

Libri da asporto NW (consulenza e marketing editoriale) lancia una raccolta fondi per sostenere le spese di trasporto dei libri ordinati alle librerie aderenti, affinché queste possano effettuare spedizioni e consegne senza dover sostenere costi di spedizione, da cui è così sollevato anche il lettore cliente;

• con Libri con le ALI il lettore può ordinare direttamente alla propria libreria di fiducia che, aderendo all’iniziativa di Ali (Agenzia Libraria International), potrà contare su magazzino e spedizione da parte di Ali e di un sostegno per le spese di spedizione, tripartite tra libraio, editore e distributore, senza gravare sul lettore acquirente;

• attraverso Adotta una libreria – iniziativa partita da Eris Edizioni e poi accolta da vari altri editori – acquistare titoli dai siti degli editori aderenti equivale, nei giorni o modi indicati, all’acquisto in libreria (alle librerie specificate verrà, cioè, riconosciuta dall’editore la percentuale normalmente accordata, come se l’acquisto fosse avvenuto in libreria). 

A prescindere dalle misure che verranno eventualmente prese dal governo per il settore – Adei riporta i dati emersi da un sondaggio tra gli editori indipendenti circa perdita fatturato e stime per i prossimi mesi e sottolinea la necessità di un intervento economico da parte del governo –, le cose non torneranno a posto da sole. È il momento di pensare una strategia sostenibile per tutta la comunità: editori, redattori, collaboratori, traduttori, autori, illustratori, tipografi, distributori, librai, lettori, tutti insieme.
Sperare che basterà tornare alla vita normale per far tornare tutto come prima mi pare un’ingenuità, e in ogni caso il ‘come prima’ nell’editoria non era comunque il massimo. Potremmo allora cogliere l’occasione per ricostruirci in una versione migliore. Probabilmente questa situazione cambierà i paradigmi della nostra vita personale e lavorativa anche dopo che l’emergenza sarà rientrata, quindi perché non prepararci già ora a mettere in campo un’alternativa piu sana e solidale? Questa interruzione forzata ha portato alla presa di coscienza – se ce ne fosse stato bisogno – che il sistema editoriale, non esente dalla logica capitalista, in effetti non è equilibrato e sano e va ripensato. Quale migliore occasione per farlo, se non quella di partire da zero, dalle rovine di questa primavera? D’altronde, Aprile è il più crudele dei mesi, genera lillà dalla terra morta.

 

In copertina un'opera di cdd20


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