Tycho Brahe
Castello di Knutstorp, 14 dicembre 1546 – Praga, 24 ottobre 1601
Alla giurisprudenza cui l’obbliga l’aristocratica famiglia Brahe preferisce l’astronomia tanto che, per rivendicare contro un compagno la propria primazia nelle matematiche, lo sfida a duello e perde il naso; l'avrà finto, di rame. Nutrito dell’Almagesto, osserva i cieli e costruisce strumenti d’eccelsa qualità tecnica, che l’avvertono dell’imperfezione delle tavole astronomiche sia tolemaiche sia copernicane: quando i parenti si ravvedono per la fama guadagnata tra i dotti di Germania, quando – dopo un fecondo viaggio tedesco spintosi sino a Venezia – per l’intercessione del langravio d’Assia, Guglielmo IV, il re di Danimarca Federico II gli fa dono dell’isola di Ven, come d’una rendita cospicua per la sua attività scientifica (1576), allora Tycho Brahe abbandona ogni progetto estero e rimane per vent’anni tra i due modernissimi osservatori di Uraniborg e Stjerneborg – città del cielo e delle stelle – a raccogliere il materiale necessario a dimostrare la validità del sistema planetario da lui ideato, in parte eliocentrico (pianeti circolanti attorno al Sole), in parte geocentrico (Luna e Sole circolanti intorno alla Terra). Sarà la dipartita di Federico, ovvero un clima nuovamente ostile, a spingerlo nella Praga di Rodolfo II, dove la morte gli impedirà di completare l’edizione di quel corpus dottrinale, i Progymnastata, che saprà superare l’illustre suo discepolo Johannes Kepler.
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