Thomas Malthus
Rookery, 13 febbraio 1766 – Haileybury, 29 dicembre 1834
È la convinzione che il disagio economico derivi da una legge di natura a indurre il pastore anglicano Thomas Malthus a pubblicare, anonimo e in polemica con riformatori quali i radicali di William Godwin, An essay on the principle of population, as it affects the future improvement of society (1798): data l’attenzione ricevuta, Malthus provvederà, nelle edizioni succesive (dal 1803), a firmare col proprio nome e suffragare di (imperfetti) dati statistici e storici la «legge della popolazione» per cui, mancando freni a bloccarne il libero sviluppo, la popolazione tende a crescere secondo una progressione geometrica contro la progressione aritmetica della crescita dei mezzi di sussistenza. Di qui, in conseguenza e correzione di tale divario, l’inevitabile sopraggiungere di «freni naturali» alla crescita demografica – guerre, pestilenze e catastrofi naturali – cui l’uomo dovrebbe, a proprio vantaggio, sostituirne di volontari e morali, come la castità e l’età avanzata dei matrimoni (non la contraccezione). Aldilà delle critiche ricevute dai difensori della divinità dei «freni naturali», dai fautori della crescita demografica nel quadro d’una politica di potenza, e dai marxisti – il capitalismo, non cause naturali, origina gli squilibri sociali l’inevitabilità che Malthus attribuiva alla sua legge sarà (momentaneamente) smentita dal progresso tecnologico applicato all’agricoltura.
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