The Post di Steven Spielberg

con Meryl Streep, Tom Hanks, Bob Odenkirk, Matthew Rhys

Nei primi anni Settanta un giornalista quotato e implacabile (M. Rhys) fa trapelare documenti secretati dai governi U.S.A. dando inizio ad una guerra tra la libera informazione e amministrazione Nixon sul terreno della libertà di stampa. Dopo che il New York Times ha coraggiosamente pubblicato alcuni studi segreti dietro i quali si celano decenni di menzogne perpetrate dal governo degli Stati Uniti a danno del popolo di una delle democrazie più all’avanguardia del mondo, il Washington Post si ritrova in possesso, grazie ad un valido giornalista di nome Ben Bagdikian (B. Odenkirk), dei documenti inerenti al caso. Il suo editore Ben Bradlee (T. Hanks) si dimostra fin da subito battagliero e deciso nel perseguire la strada della pubblicazione, ma è una donna a dirigere il quotidiano e sarà lei, Kay Graham (M. Streep) ad avere l’ultima parola. Avrà una donna, immersa in un mondo di soli uomini, il coraggio di guidare il proprio schernito giornale di provincia verso il fronte nazionale di una battaglia per la libertà d’espressione dall’esito incerto e dalle possibili e serie ripercussioni per i propri azionisti e investitori?

L’ultima pellicola diretta da Steven Spielberg offre uno sguardo onesto e aderente al reale, segno di una maturata e elegante padronanza della messa in scena da parte del primo e ben più giovane e visionario regista de Lo squalo. È un film impegnato, come e molto più del precedente Il ponte delle spie, dove la tematica politica rimane confinata e asservita alla narrazione, un film che agli occhi di un liberaldemocratico americano non poteva che avere l’urgenza di uscire ora, a ridosso della recente vittoria di un uomo solo al comando, Donald Trump, e dello scandalo Weinstein. Non è infatti la storia di un uomo comune che combatte da solo contro i poteri forti per difendere i valori democratici e il popolo a cui sono ispirati. No. È la storia di una donna tenace che, pur senza ambirvi, eredita il già pesante fardello della guida di un quotidiano e che, a dispetto della mancata fiducia degli uomini che la consigliano e la circondano, dovrà compiere un ulteriore e ancor più importante scelta politica, mettendo a rischio il proprio patrimonio e la propria azienda. Una scelta votata a ideali ben più grandi di lei e di qualsiasi uomo sia costretto a confrontarvisi.
 

Spielberg si allinea all’onda di protesta che cavalca le coscienze liberali degli Stati Uniti, con un film limpido e chiaro nelle sue argomentazioni tanto quanto sono aperti e sinceri i suoi protagonisti


Così Spielberg si schiera e si allinea all’onda della protesta che cavalca le coscienze liberali degli Stati Uniti e lo fa con la maestria di un regista abile e onesto nel portare sul grande schermo le storie di uomini e donne alle prese in primo luogo con loro stessi e con le esperienze che la vita gli pone di fronte. È il coraggio di Kay Graham ciò che la pellicola mette in scena, il coraggio di una donna nell’ascoltare innanzitutto se stessa, prima di dare peso alle grandi battaglie storiche per la libertà e la democrazia. Ed è anche il coraggio di un uomo caparbio come Ben Bradlee nel riconoscere, a sé ma soprattutto a Kay, che dietro la propria illusione da grandeur nella difesa dei diritti del popolo si trincera un uomo che in fondo non ha nulla da perdere dall’esito infausto di quella battaglia. Un film di protesta limpido e chiaro nelle sue argomentazioni tanto quanto sono aperti e sinceri i suoi protagonisti.

Girato con uno stile elegante e impeccabile, nei momenti di confronto e tensione Spielberg utilizza movimenti di macchina lunghi e ondivaghi per dare enfasi al tema e alla posta in gioco, sottolineando le difficili scelte a cui sono sottoposti i personaggi. Gli ambienti, prevalentemente interni, restituiscono una sensazione claustrofobica dovuta per lo più alle lunghe inquadrature, ad un design della scena particolarmente ricercato, seppur immacolato e privo di orpelli, dello scenografo Rick Carter, e alla particolare espressività dell’illuminazione dello storico collaboratore Janusz Kamiński – direttore della fotografia di Spielberg fin dai tempi di Schindler’s List. Tra gli attori, oltre al talento di Hanks e della Streep nel dare verità e umanità ai protagonisti, spiccano i comprimari Odenkirk (Better call Saul, Breaking bad) e Rhys (The Americans). Lanciati dalla serialità televisiva e arrivati al grande schermo, sono anche loro impeccabili nella prova di sobrietà e aderenza al testo nell’alveo di una direzione, quella di Spielberg, che continua a dare grande attenzione all’essenzialità e alla pulizia del racconto cinematografico.

 

«Benissimo allora. La mia decisione è ferma, e ora… me ne vado a letto»
USA 2017 – Stor. Dramm. 115’ ★★★​​​​​


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