Sven Anders Hedin
Stoccolma, 19 febbraio 1865 – Ivi, 26 novembre 1952
L’esplorazione dei grandi spazi che ancora imbiancano le carte geografiche è un’idea fissa per Sven Hedin che, entusiasmato da precoci viaggi persiani, preferisce l’azione all’accademia: si mette presto in marcia verso i recessi dell’Asia centrale, allora contesi tra Russia e Gran Bretagna. Le inevitabili connessioni politiche del suo brillante lavoro sul campo, tra mappature e ritrovamenti archeologici, solleticano le superpotenze, che se ne contendono i risultati a colpi di decorazioni; ma un ingenuo avvicinamento alla Germania nazista, quando la Russia sovietica fa paura alla Scandinavia, costringe all’isolamento un Hedin ormai vecchio e impoverito dalla pubblicazione del monumentale Atlante dell’Asia centrale, frutto di un’ultima leggendaria spedizione compiuta in Turkestan a cavallo degli anni Trenta. In parte seppellito da un presunto filonazismo mai vissuto, il lavoro di una vita rimane a monumento della conquista all’uomo bianco delle desolazioni – e delle ricchezze – dell’Asia centrale.
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