Spazzatura
Una raccolta non differenziata di letteratura e altre cianfrusaglie
Spazzatura è il nome di una rubrica che Aldo Palazzeschi, sensibilissimo esile poeta del Novecento italiano, teneva sulla rivista fiorentina Lacerba (1913-1915). Uno spazio libero, secondo un format molto simile a quello del moderno blog, in cui il ventenne Aldo si lascia andare, in sintonia con gran parte della sua poesia giovanile, a riflessioni sparse, disordinate, giocose, dissacranti, senza i lacci del senso-a-tutti-i-costi ma non prive di una visione lucida. In lui si dichiara netto il distacco dall’ormai inadeguata concezione del poeta come guida civile; d’altronde «gli uomini», così scrive in una celebre poesia, «non domandano più nulla dai poeti». E, allora, perché non giocare con la letteratura?
«Bisogna abituarsi a ridere di tutto quello di cui abitualmente si piange»: questo uno dei pensieri di Palazzeschi, che non aspira a gloria e allori, né ha interesse a vaticinare come il suo modesto vicino di casa a Settignano (il faraonico e indebitatissimo D’Annunzio); vuole bensì, più umilmente, scherzare, divertirsi e imparare a ridere delle miserie umane, che sono la ricchezza più grande della poesia e le più difficili da comprendere. Soggetto privilegiato della sua costruzione, il diverso: non in quanto minoranza sociale o etnica da valorizzare per un qualche originale sentimento cristiano, ma in quanto forma suprema della difformità, intesa come tutto ciò che esce dal tracciato, che devia e che è, per una necessaria implicazione etimologica, inevitabilmente e massimamente divertente.
Di qui la passione per il diverso, per il buffo, per il clownesco; e una simpatia particolare per vecchi, storpi, nani, prostitute, pervertiti sessuali e morali: in sostanza, per la nostra spazzatura, per ciò che non ammettiamo, che buttiamo via o che compatiamo per sentirci migliori. Perché non dovremmo ridere di uno storpio che inciampa, di una vecchia che si spalma il rossetto sulle guance, di un nano che non arriva a prendere i biscotti sulla mensola? Quelli siamo noi, senza trucchi, nella forma più nobile e gioiosa della nostra umanità, colta nel cortocircuito evidente di un gesto non funzionante, di una malformità, di un errore impossibile da negare. Spazzatura sarà questo: uno zibaldone di disfunzioni e di cortocircuiti letterari, di impressioni e di riflessioni tutto sommato superflue e inconsistenti nella prospettiva di un’esistenza felice, ma che avrete comunque la sfortuna di subire.
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