Samuel von Pufendorf
Chemnitz, 8 gennaio 1632 – Berlino 13 ottobre 1694
Se per l’aiuto d’un nobile amico di suo padre, pastore protestante, Samuel von Pufendorf studia diritto e teologia a Lipsia e a Jena abbraccia col cartesianesimo il metodo geometrico applicato alle scienze morali, grazie al fratello maggiore Isaia sarà precettore presso l’ambasciatore svedese a Copenaghen, proprio quando tra Svezia e Danimarca scoppia la guerra (1658) che per otto mesi lo confina, col padrone, in carcere: qui comporrà gli Elementa iurisprudentiae universalis che ad Heidelberg gli valgono la cattedra appositamente fondata di diritto naturale e delle genti (1661) e, poi, gli schiudono l’alta carriera di giurista e storiografo che – ora per i sovrani di Svezia (1667) tra Lund e Stoccolma, poi a Berlino (1686) dov’è fatto barone – Pufendorf vorrà dedicare all’opera non originale, ma disciplinata e senza compromessi, di sviluppo e sistematizzazione del giusnaturalismo d’Hobbes e soprattutto di Grotius. Così, pur criticato aspramente da Leibniz e Vico, ma presto incensato da Locke e Rousseau, ribadendo fin dal celeberrimo De iure naturali et gentium (1672) l’autonomia dalla religione del diritto naturale ora rifondato sulla socialitas, Pufendorf incontra l’immensa fortuna che all’opera sua, schiettamente laica e borghese, può voler concedere, in cerca d’una nuova coscienza, l’Europa appena uscita dalle guerre di religione.
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