Samuel Clarke
Norwich, 11 ottobre 1675 – Londra, 17 maggio 1729
A Cambridge Samuel Clarke conosce Isaac Newton e la sua fisica, un universo meccanicistico-corpuscolare contrapposto ai vortici e alla pienezza del mondo naturale di Descartes: nelle note alla traduzione latina del Traité de Physique del cartesiano Jacques Rohault (1697) Clarke evidenzia i progressi compiuti da Newton e comincia a battersi per diffonderne le idee – come contro Leibniz per l’assolutezza di spazio e tempo (1715-6). Con le lezioni pubblicate in A Demonstration of the Being and Attributes of God (1705) e A Discours Concerning the Unchangeable Obligations of Natural Religion (1706) il traduttore latino dell’Opticks (1706), ora cappellano della regina Anna, mira a conciliare la teologia anglicana con la fisica di Newton a partire dall’accordo tra fede e ragione permesso dalla sintesi newtoniana stessa, costruita com’è la sua scienza sull’intreccio complesso tra dato osservativo-sperimentale e riflessione logico-razionale. Fermo nell’opporre alla religione naturale dei freethinkers da Collins a Toland l’insostituibilità della Rivelazione, insistendo sulla possibilità di dimostrare matematicamente l’esistenza di Dio e proponendo alla «controversia deistica» un «razionalismo etico» capace di giustificare i principi morali col metodo geometrico, Clarke fa del suo «teismo sperimentale» un punto di riferimento per i più aperti dei cattolici italiani, ma anche per Voltaire.
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