Robert Capa
Budapest, 22 ottobre 1913 – Thai Binh, 25 maggio 1954
Sotto il tacco d’Horthy l’Ungheria nativa è inospitale al giovane Endre Ernő Friedmann, ma dalla Germania ove lo spingono le simpatie comuniste, le origini ebraiche lo scacciano in Francia nell’hitleriano 1933: già fotografo per la tedesca Dephot, l’ormai Robert Capa acquista notorietà internazionale quando, passato da Parigi in Spagna per documentare la guerra civile, ferma in un Miliziano colpito a morte l’esempio maturo d’uno stile di scarna e implacabile definizione. I dubbi avanzati sull’autenticità della foto non mordono il fotografo: dal Nordafrica alla Sicilia, dalla Normandia alla Linea Sigfrido – in marcia, all’assalto sul bagnasciuga, nel vuoto col paracadute – Capa ritrae la guerra mondiale come un’emozione di cui riesce a fare un’esperienza totale, diviso tra il disgusto, l’assurdo della morte, e l’adrenalina del mestiere per cui «if your pictures aren’t good enough, you're not close enough». Consacrato dall’ampio spazio che Life dà alle sue fotografie, da cittadino americano fonderà con Henri Cartier-Bresson e David «Chim» Seymour una prima agenzia cooperativa internazionale di fotografi freelance, la Magnum Photos (1947), per tornare sulla breccia in Palestina (1948) e con i francesi in Indocina, dove la lunga familiarità con la cosa militare metterà il suo piede, inavvertito, su una mina.
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