Pokèmon: esistenze formattate

Won't you take me to Pallet Town?


Il seguente scritto è sillogisticamente valido, ma anche no. Moralisti, bimbimerda e soggetti con l’infanzia rovinata, durante la lettura potrebbero sentirsi offesi, discriminati, nonché stuprati mentalmente. Ma a nessuno importa.
 

La fantasia è senza alcun dubbio uno degli strumenti più funzionali e liberatori che l’essere umano medio non condizionato troppo da agenti esterni (droga, autoerotismo , lobotomia, censura, morte e quant’altro) è capace di utilizzare senza limiti di sorta, con esiti, nella maggior parte dei casi, più che positivi. Sta di fatto però che le persone che abusano di questa facoltà vengono bollate in maniera automatica come folli, malati di mente e schizofrenici capaci di qualsiasi cosa; quindi è facile al giorno d’oggi da parte degli stolidi ben pensanti far credere alla popolazione mondiale che certe idee sono ‘inaccettabili’ o ‘inesatte’, finanche ‘inesistenti’. Ma esistono casi in cui la censura operata dal Lato Oscuro lascia talvolta spiragli di luce in cui è possibile scostare il velo delle cazzate e scoprire informazioni che altrimenti rimarrebbero celate fino alla fine dei tempi.

La maggior parte dei lettori saprà che nel 1995 il genio di Satoshi Tajiri, fancazzista di origini nipponiche, produsse per le più note console di videogiochi gli embrioni del fenomeno più travolgente della fine del ventesimo secolo: stiamo naturalmente parlando dei Pokèmon, i celeberrimi ‘mostri tascabili’, che hanno migliorato la triste infanzia di molti di noi, almeno di quelli che speravano vivamente nel proprio inconscio di non nascere mai nel ventunesimo secolo (dove gli eroi sarebbero stati Bakugan e Gormiti), e successivamente l’hanno subito peggiorata, dopo che i più si sono accorti che tingendo una pallina dell’albero di Natale come una Pokè Ball e lanciandola violentemente contro un piccione o un ratto dipinto di giallo, questa non lo catturava, ma lo uccideva sul colpo o, nel migliore dei casi, lo faceva incazzare parecchio.
Fin dal primo episodio in TV, fin dal primo starter scelto nel laboratorio del Professor Oak, ci siamo ritrovati invischiati in un mondo lobotomizzato di gente che non lavora (tranne le infermiere), bimbiminkia che si credono invincibili ma vengono subito cannati dal tuo Blastoise, e dove devi fare tutto tu perché non hai un padre (è morto in guerra, come intuito da estratti di dialoghi nella versione Blu del videogioco per Game Boy) e questo ti rende persino più fico di gente che dirige le palestre di pokèfisioterapia (l’unico altro mestiere presente nel gioco, perché la Torre Radio viene invasa dai cattivoni, e la pula non sa mai che pesci prendere). Il paradiso, fiscale e non.
Peccato sia tutta un’invenzione. O forse no?

Saggisti e storici hanno indagato tramite i contatti con universi paralleli che esistono nelle menti più malate per trovare una risposta a questo dilemma cruciale: i risultati sono sbalorditivi oltre ogni immaginazione. Il Medioevo, censurato dall’oscurantismo rinascimentale e dai moralismi del Sacro Romano Impero, è ricchissimo di riferimenti nelle opere d’arte e nei fatti riportati tramite manoscritti a soggetti mostruosi che dovevano ‘esorcizzare’ qualcosa, finanche il collegamento tra essere umano e Dio.
Ma la scoperta cruciale arriva dallo storico Pietro Roberto Marrone di Quarto Oggiaro, che dopo aver scritto un saggio riassuntivo di Storia Medievale, trovatosi nel momento che segue un’orchite e precede un pesante trip da acidi, ha fatto una scoperta incredibile, che noi scegliamo (con consenso) di divulgare alle masse.

Nell’anno 1079 nasce, nella cittadina di Pallet in Bretagna, un uomo chiamato Pietro Abelardo. Non sentiamo parlare molto di suo padre, ma sappiamo che sicuramente aveva la mamma maiala. Era un ragazzo dotato per le minchiate e per lo spaccio di droghe pesanti, che lo portavano alla creazione di amici e rivali immaginari. Fu per questo che in dono gli fu donato da un noto docente universitario dell’epoca, una pantegana radioattiva. Le coincidenze sono troppe per poter essere trascurate: possiamo certificare che le testimonianze di questi avvenimenti pervenirono anche nel lontano Oriente tramite il viaggio dei fratelli Polo, ed è qui che il circolo si chiude, dopo più di novecento anni. Se prendiamo per buona la teoria dei sillogismi di quarto tipo, quella che il povero Aristotele aveva pensato bene di escludere dai suoi studi, possiamo affermare che:

  1. Abelardo è nato a Pallet, e possedeva un topo radioattivo.
  2. Ash Ketchum è nato a Pallet, e possedeva un Pikachu.
  3. Abelardo è Ash Ketchum.

La folgorazione di un Fulmine non sarebbe abbastanza per rendere l’idea dello stupore che ci assale dopo queste affermazioni; fatto sta che la riprova sta nei fatti che seguono l’adolescenza di Abelardo: divenne magister, insegnò agli studenti ma si innamorò di una giovane e, dopo varie vicissitudini, si ritrovò a fare il soprano alla Scala (aka lo evirarono) con un’improvvisa passione per i cappelli strani. Questo spiega chiaramente il perché Ash ha quell’espressione da bimbo chiccoso (aka stupratore pedofilo) per  tutto il cartone animato e anche il perché di quello stupido cappello che gli fa catturare i Pokèmon solo se messo nel verso sbagliato.

Inoltre, per i puristi tra i lettori che pensano che queste sono solo cazzate, se non è convincente l’ipotesi di Pallet in Bretagna, sia per la reale pronuncia della parola, sia perché siete noiosi, esiste anche una Pallet Town in Australia, cosa che rigenererebbe così la teoria precedente, lasciando vari spunti di pensiero alla conformazione geografica delle regioni del mondo dei Pokèmon, e soprattutto alla funzionalità del giansenismo nella poetica manzoniana.


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