Pietro Martire Vermigli

Firenze, 8 settembre 1500 – Zurigo, 12 novembre 1562

Il percorso avviato con gli studi patavini dà al monaco agostiniano Pietro Martire Vermigli il titolo di abate del Monastero di San Pietro ad Aram (1537), a Napoli: qui conosce le opere dei Riformatori d’oltralpe e abbraccia lo spiritualismo di Juan de Valdés, verso una ricerca religiosa spiccatamente soggettiva e interiore, sdegnosa della dimensione istituzionale della Chiesa, che subito gli attira sospetti e momentanee interdizioni. Sarà poi costretto, quando da priore di San Frediano introduce a Lucca le dottrine riformate ed è quindi chiamato a risponderne al proprio Ordine, a lasciare l’Italia per Zurigo (1542). Dalla cattedra di teologia a Strasburgo cui lo chiama Martin Bucer a Oxford, dove collabora alla riforma della liturgia e del diritto ecclesiastico resa necessaria dal Supremacy Act di Enrico VIII (1534), Vermigli dedica la sua attività dottrinale soprattutto al problema dell’Eucaristia: abbandonata la posizione luterana della consustanziazione, Vermigli affermerà una presenza reale del Cristo legata alla fede del comunicato, con una scelta che l’avvicina a Calvino e che, fuggite con l’Inghilterra le persecuzioni di Maria la Sanguinaria (1553), lo porta a riallacciare difficili rapporti con gli ambienti alpini riformati ove pure morirà quale professore di ebraico.


Parte della serie Religiosi

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