Pietro Carnesecchi
Firenze, 24 dicembre 1508 – Roma, 1 ottobre 1567
Alla casa Medici Pietro Carnesecchi sarà sempre legato: figlio d’un alto funzionario mediceo, è Giulio de’ Medici ad apprezzarne per primo l’eccezionale abilità di politico e diplomatico e, quand’è Clemente VII (1523-24), arriva a farlo suo primo segretario: trapassato il pontefice, Carnesecchi ha maturato propositi d’interna riforma della Chiesa e relazioni bastanti a tentarne la realizzazione, tanto che il suo progressivo accostamento alle correnti riformate, quindi l’infaticabile azione di proselitismo, s’intendono chiaramente dai viaggi che per più di vent’anni l’occuperanno: a Napoli (1539-41) nel circolo di Giulia Gonzaga s’intrattiene con Juan de Valdés – caposcuola degli spirituali – Bernardino Ochino, Pietro Martire Vermigli; è a Viterbo (1541-2) alla corte di Reginald Pole, in Francia da Caterina de’ Medici (1547) e spesso nella Venezia proiettata sulla Germania, leggi sulla Riforma; ormai da più parti dato per eretico e già condannato (1558) visto il rifiuto di presentarsi davanti al Sant’Uffizio, astutamente Carnesecchi andrà a Roma morto Paolo IV (1559) e otterrà l’assoluzione che papa Pio V Ghislieri, già Grande Inquisitore, saprà vanificare grazie alle carte compromettenti rinvenute nell’archivio della Gonzaga appena scomparsa; sarà Cosimo I de’ Medici, che a Firenze finora l’ha protetto, a consegnarlo – pare, mercé la promozione a Granduca – ai carnefici romani.
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