Pietro Badoglio
Grazzano Monferrato, 28 settembre 1871 – Grazzano Badoglio, 1 novembre 1956
La carriera militare di un anonimo Badoglio cambia di passo «per meriti di guerra» durante l'invasione italiana della Libia (1911-12). Grazie ad alcune vittorie, Badoglio sarà già tenente generale all'altezza di Caporetto e, malgrado le innegabili responsabilità nella disfatta di Cadorna, supera indenne il giudizio marziale; dopo la fine della Grande Guerra succede a Diaz come capo di stato maggiore del Regio Esercito. Dal fascismo, che Vittorio Emanuele non gli concede di stroncare in occasione della marcia su Roma, Badoglio sarà fatto Maresciallo d’Italia (1926) e poi Viceré dell’Impero: Impero che Badoglio stesso permette di fondare, supervisionando le campagne pressoché genocide di riconquista della Cirenaica all'inizio degli anni Trenta e vincendo, nel 1936, la guerra di aggressione all’Etiopia, senza pagare l’uso dell’iprite in violazione al protocollo di Ginevra. «Fascistizzato» abbastanza da firmare il Manifesto della Razza, Pietro Badoglio s’allontana dal regime quando, di fronte alle difficoltà del Regio Esercito in Grecia, rimette a Mussolini i suoi poteri. Più tardi, suggellata con l’Ordine del giorno Grandi una fase di trattativa segreta, Vittorio Emanuele glieli restituirà diversamente e con usura, chiamandolo a presiedere il nuovo governo. Gli accordi di unità nazionale su cui Togliatti e De Nicola fondano a Salerno il primo governo politico postfascista (1944) daranno a Badoglio di defilarsi indenne. Nonostante le responsabilità imputategli soprattutto per la mancata difesa di Roma dall’invasore tedesco, per non parlare della correità in vari crimini di guerra, Badoglio potrà così morire miracolosamente impunito.
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