Paul von Hindeburg
Posen, 2 ottobre 1847 – Gut Neudeck, 2 agosto 1934
Quando la «macina» di Falkenhayn s’inceppa a Verdun (1916), al comando dello stato maggiore generale tedesco è chiamato lo Junker, veterano di Sadowa e Sedan, che la Grosse Krieg ha sottratto alla pensione per farne il simbolo delle schiaccianti vittorie che sul Fronte Orientale procura piuttosto Luddendorff; sconfitto, ma consacrato eroe nazionale dal sangue ove soffoca le insurrezioni postbelliche (1919), il monarchico Paul von Hindenburg sarà convinto dai conservatori a candidarsi vittoriosamente alla Presidenza della Repubblica di Weimar quando muore il primo Reichspräsident Ebert (1925). Allora l’indefessa fedeltà alla lettera (ma non allo spirito) della Costituzione dà al Paese la stabilità che basta a Gustav Stresemann per chiudere il dopoguerra aprendolo alla comunità internazionale. Tuttavia, quando i vincoli finanziari istituiti con gli USA trascinano la Germania nella Grande Depressione e lo NSDAP esplode alle federali (1930), sono i democratici a rieleggerlo Presidente (1932) quale unica difesa dalla brutalità nazionalsocialista; frustrato dall’impotente fragilità dei vari von Papen, è per la medesima fedeltà che l’ormai senile Hindenburg permetterà al neonominato (30 gennaio 1933) Cancelliere Adolf Hitler di usare l’art. 48 della Costituzione come una mazza ferrata, per concentrare su di sé ogni potere e, morto l’antico feldmaresciallo, farsi Führer della Germania.
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