Novant'anni di Clint
Una serata speciale di Cinesophia per i novant'anni del grande attore e regista americano, la racconta Lucrezia Ercoli
Il 31 maggio 2020 Clint Eastwood, leggenda vivente del cinema americano, compirà 90 anni. Per festeggiarlo Cinesophia, declinazione cinematografica del progetto Popsophia, ha organizzato una serata speciale dedicata al suo cinema che andrà in onda domenica 31 maggio alle 21.30 sul sito popsophia.com, in diretta dal Teatro Ventidio Basso di Ascoli Piceno. Cinesophia era uno dei tanti eventi culturali previsti a marzo e che è saltato a causa del coronavirus, ma la direttrice Lucrezia Ercoli – già ospite nell’edizione 2017 di Firenze RiVista, il festival delle riviste e della piccola e media editoria che la nostra rivista organizza ogni anno a Firenze – ha voluto ripensare l’evento per una serata speciale intitolata “Gli eroi sono stanchi” che è allo stesso tempo un omaggio ad Eastwood e un test per quello che potrà essere il mondo festivaliero in questa fase di convivenza col virus (e in particolare per il festival Popsophia che si terrà a luglio), in una modalità di streaming molto semplice in cui agli spettatori basterà iscriversi gratuitamente qui e connettersi al sito popsophia.com per vedere gratuitamente la diretta.
Come mai questa scelta particolare, che unisce il live alla dimensione fisica del teatro, da cui la direttrice si collegherà con gli ospiti? La raggiungo al telefono per chiederglielo, mentre lei è a lavorare in teatro per organizzare al meglio la serata.
Noi ci tenevamo a dare un segno di presenza. L’idea è stata quella di approfittare del lockdown evitando di impegnarsi in dirette che sarebbero andate ad aumentare la lista di quelle che già c’erano per aggiornare il format e realizzare un nuovo sito. Con l’idea di arrivare quest’estate con un prodotto ibrido che unisse spettacolo dal vivo e linguaggio digitale, qualcosa che però fosse pensato per il digitale e non una semplice trasposizione di quello che facevamo prima sul web.
Siete tra i primi ad aver provato a ripensare l’idea di festival, per fare un festival online in una modalità che non fosse semplicemente la diretta, che a un certo punto invece di promuovere la diversificazione culturale e geografica propria dei festival è diventata un sovraffollamento.
Esatto. Noi abbiamo sempre lavorato e investito sul format e sulla bellezza del nostro prodotto. Alla presentazione del libro classico ad esempio abbiamo sostituito uno spettacolo filosofico/musicale, quindi l’idea di avere una regia teatrale, una scenografia, qualcosa di più del semplice linguaggio da lectio magistralis è stata sempre una nostra caratteristica. E quindi l’occasione del compleanno di Clint Eastwood è proprio questo: fare qualcosa in teatro, con scenografia; noi non siamo a casa, i tecnici sono qui in teatro con me adesso a provare. Gli ospiti non possono raggiungerci, ma invece di fare una diretta casuale gli abbiamo chiesto dei contenuti con un linguaggio specifico, con un’inquadratura specifica. Abbiamo avuto modo di vederli prima, di montarli con le immagini dei film, di fare un qualcosa che non si limiti alla schematizzazione dello streaming ma si avvicini a una sintassi del web che chi faceva eventi dal vivo ha sempre trascurato, con l’idea che a luglio sarà così, pur con la parte dal vivo. Questi due mondi dovranno convivere per parecchio tempo: noi vogliamo aprirci l’estate marchigiana. Abbiamo dei tempi risicatissimi però ci proviamo.
Cinesophia era prevista esattamente nei giorni in cui veniva deciso il lockdown.
Avevamo preparato già tutto. All’inizio avevamo posticipato e poi abbiamo deciso di cancellarla.
Siete riusciti a ridirezionare tutto sulla data del 31 maggio, immagino le difficoltà. Quando vai a strutturare, pensare e collocare un festival in un certo momento lo costruisci anche intorno a quello stesso momento, per cui sarà stato complicato ritrovare un periodo in cui avrebbe avuto senso tutta l'iniziativa.
Devo dire che siamo stati fortunati. Un mese fa ci siamo resi conto che il 31 maggio sarebbe stato il 90esimo compleanno di Eastwood e abbiamo deciso di dare un segnale per quella data.
Se dovessi raccontare questa serata che cosa diresti?
Io l’ho pensata come una celebrazione, una serata omaggio dove noi andiamo a ricostruire in un’ora e mezza questo grande interprete e regista. Si partirà dalla Trilogia del dollaro di Sergio Leone fino a Richard Jewell, il suo ultimo film uscito l’anno scorso. Abbiamo chiesto a dieci filosofi di scegliere dieci film rappresentativi di un aspetto della poetica di Clint Eastwood e li raccontiamo con il taglio del filosofo, che si focalizza sulla domanda filosofica che Clint Eastwood è capace di evocare. In più abbiamo voluto inserire un rappresentante del nostro gruppo musicale che evocherà quel paesaggio sonoro che Morricone ha dato alla trilogia di Sergio Leone e che è incredibilmente legato a quel primo piano degli occhi di ghiaccio del pistolero senza nome interpretato da Clint Eastwood nella prima parte della sua carriera. E accompagnerà questa cavalcata in cui cerchiamo di mostrare le tante anime di Clint Eastwood.
Durante la serata ogni ospite interverrà su un aspetto filosofico diverso del percorso di Eastwood. Gianluca Briguglia parlerà dell’idea di eroismo nella Trilogia del dollaro, alba della sua celebrità come icona western, e Umberto Croppi dei temi de Gli spietati, tramonto dello stesso immaginario, mentre Massimo Arcangeli della dimensione poliziesca dell’Ispettore Callaghan. Ilaria Gaspari commenterà Brivido nella notte e Cesare Catà I ponti di Madison County, Simone Regazzoni indagherà la figura dell’allenatore-filosofo di Million Dollar Baby, Salvatore Patriarca i meccanismi dell’odio a partire da Gran Torino. Nel lungo percorso di Eastwood, apparentemente inarrestabile, c’è spazio per soffermarsi anche sulla sua produzione più recente, con il tema dei diritti affrontato da Angela Azzaro a partire da Invictus – L’invincibile, Umberto Curi che parlerà del senile Il corriere - The Mule e Riccardo Dal Ferro del più recente Richard Jewell.
In questa cavalcata cercate di abbracciarlo a 360 gradi, sia dal lato interpretativo che dal lato registico.
Inevitabilmente le sue prime interpretazioni sono rimaste come icone dell’immaginario, da quella del pistolero alla 44 magnum dell’Ispettore Callaghan, sono immagini che lo rendono amato e odiato dal pubblico. Poi però la fase matura è quella forse filosoficamente più interessante e diventa il focus dell’appuntamento: l’eroe stanco, per questo abbiamo scelto questo tema, una sorta di pistolero nell’era del disincanto, come il protagonista di Gran Torino che è un reduce, un ex, che rimane solo, burbero e chiuso in se stesso ma cerca un riscatto in un’azione decisiva e conclusiva.
Questo è uno degli aspetti più interessanti di Eastwood che passa da eroe silenzioso e pistolero a raccontare un modo diverso di essere eroe, che è quello di Gran Torino e che comincia poi con Gli spietati, che è una destrutturazione di tutto quel western di cui lui stesso era protagonista.
Questa è la cosa più interessante: la capacità di trasvalutare i generi che aveva attraversato e probabilmente l’ex pistolero che torna in campo ne Gli spietati è il punto di partenza della sua carriera come autore. Devo dire, anche questa immagine di Clint Eastwood fascistoide, reazionario, conservatore viene anche problematizzata da film che in realtà hanno al centro la libertà e problemi etici complessi, di non facile soluzione, che sono affrontati con una grande apertura.
Al di là delle scelte politiche dell’Eastwood uomo, a guardare Million Dollar Baby o appunto Gran Torino è difficile pensare all’Eastwood autore come un semplice reazionario fascistoide. Non mi viene in mente un film più intergenerazionale, interraziale e progressista di Gran Torino, sui temi che tocca, anche guardando a un cinema più a sinistra.
Io credo che personaggi del genere, un po’ anarcoidi, riescano ad evitare quella melassa del politicamente corretto che ci fa una moralina prêt-à-porter perché non va a problematizzare la tragedia umana che è al centro di tutti i suoi film. E quindi lui riesce a lasciarti con uno shock, con una domanda e non con un happy ending anche morale che ti lascia tranquillo.
E che poi spesso nella vita non c’è.
Sì, infatti.
In questa serata di domenica 31 maggio, tra il vostro approccio che punta molto sull’aspetto di intrattenimento performativo e l’unione con il digitale e con la diretta, programmata alle 21.30, mi sembra che Popsophia si trasformi per una sera in una sorta di canale televisivo di intrattenimento e approfondimento che ibrida gli elementi del digitale alla dimensione fisica del festival.
Il tentativo è proprio questo. Noi siamo convinti che la ripartenza per la cultura non possa essere ripensata come quella dell’industria, ovvero “abbiamo la data e abbiamo il decalogo della sicurezza”: non bastano questi due elementi. Il teatro vive pieno di gente, ci sono mille condizioni che devono essere ripensate, e questo è un primo passo. Ecco, il fatto di andare in diretta web non è lo strumento, ma è la forma e sostanza, un primo tentativo di trasformare lo spettacolo dal vivo in un qualcosa che potrà poi questa estate essere fruito dal vivo ma potrà essere visto anche come un format digitale, che assomiglia molto al montaggio televisivo. Credo che senza questo aspetto creativo e un po’ sperimentale sarà difficile aspettare la riapertura, perché il mondo è cambiato e se non ce ne accorgiamo subito rischiamo di venirne travolti. Il nostro staff di professionisti che lavoravano nell’industria culturale sono veramente paralizzati da questa situazione. Non pioverà dal cielo una soluzione, questo mi sembra ormai abbastanza chiaro.
È chiaro che bisogna reinventarsi. Ci sono tante cose, tante variabili nel mondo della cultura che non si sistemano con un protocollo di sicurezza.
Appunto, il teatro è una situazione che prevede il contatto, che prevede anche un’empatia con il pubblico stesso senza la quale sarà difficile ripensarsi.
Però, come hai detto tu, va fatto.
Va fatto.
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