Non sarà un'avventura

L’extrema ratio di un esecutivo eterogeneo che garantisca stabilità

L’insensato gesto di un uomo smarrito, Preiti, forse inebriato da una travisata idea di titanismo alfieriano, non ha ostacolato il corso della democrazia. Il suo cieco fare ricorso al diritto naturale hobbesiano tramite le pallottole sparate con lucidità non ha impedito al nuovo esecutivo di prestare giuramento presso il Quirinale.
Qualcuno accenna ad una certa rivisitazione del compromesso storico. Qualcuno preferisce chiamare in causa la responsabilità, tante volte invocata invano. Qualcun altro parla volgarmente senza mezzi termini di inciucio. Ma se questo nuovo governo sia un mero accordo di non belligeranza tra le parti, volto a temporeggiare in vista di nuove elezioni, oppure un serio tentativo di coesione e di umiltà della politica, ancora è presto per saperlo.

Certo è che più di due mesi dopo le elezioni lo stallo politico pare risolversi. Letta inaugura un governo “di servizio”. Per i cittadini, per far fronte alle emergenze irrisolte che incombono sul Paese e porre le basi per la ripresa economica. E stabilisce in maniera decisa la prima rilevante scadenza: tra diciotto mesi. Il premier incaricato si prende un anno e mezzo di tempo per valutare l’attuazione dell’ambizioso programma che ha delineato a grandi linee nel proprio discorso alla Camera. Senza le condizioni adeguate, altrimenti, si può tornare alle elezioni.
L’insediamento ufficiale del nuovo esecutivo viene accolto dai tonici enfatici e celebrativi dei giornali. Il plauso liberatorio è quasi unanime al tanto poderoso quanto ambizioso programma di crescita, che scioglie la vaghezza improduttiva che ha connotato gli ultimi due mesi. Se non altro, un respiro di sollievo, quantomeno negli intenti. Perché non sono solo gli annunci a far ben sperare il Paese, ormai allo stremo delle forze. È anche quel ricambio generazionale a lungo auspicato che pare adesso prendere forma, seppur moderatamente. La generazione degli anni Sessanta che subentra al posto di quella dei Quaranta con gradualità, e con un’insolita delicatezza. Una svolta che potrebbe concorrere a restituire vivacità all’immagine di una politica opaca, restituendo ai cittadini la fiducia nelle istituzioni. Considerato tutto, però, le promesse non sono poi così distanti da quelle dei governi precedenti. Ma ciò che affascina, forse in maniera ingenua, è che a pronunciarle sia una voce nuova.

Gli equilibri nel governo Letta sono importanti. Tanto quanto quelli che hanno condizionato l’esecutivo Monti. Ma c’è una differenza sostanziale. I partiti, con il Professore, erano chiamati a una presa di responsabilità scomoda, obbligata dalle indicazioni perentorie del Capo dello stato, nella quale dovevano limitarsi a ricoprire un ruolo di secondo piano, sostenendo tacitamente i progetti dei tecnici. Adesso la responsabilità è affidata esclusivamente alla politica, che diviene artefice del proprio destino. E ha l’occasione per riscattarsi definitivamente, e riabilitare la propria immagine. Ben sapendo che non può permettersi di fallire di nuovo.
L’alleanza tra il Partito democratico e il Popolo della libertà è un’inaspettata extrema ratio. Che vede riuniti nella stessa maggioranza un Pd lacerato e sconfitto ed un Pdl che si riscopre determinante, capace di imporsi nel nuovo esecutivo con il proprio diktat. Non è un caso che il discorso alle Camere di Letta abbia toccato puntualmente i temi più cari al centrodestra, uno tra tutti l’Imu, come una sorta di rassicurazione sulla lealtà reciproca, suggellata dall’abbraccio del premier e del proprio vice, Alfano. Nonostante questa immagine di idilliaca pacificazione, tuttavia, i malumori sono inevitabili, seppur necessariamente contenuti, placati dalle parole rassicuranti dei capi. I passionari del Cavaliere sono convinti che il Pdl abbia forzato poco la mano, pur avendo potuto imporsi più decisamente, soprattutto in fatto di ministeri. Dall’altra parte, invece, tra le fazioni interne al Pd, si levano critiche verso l’alleanza col Pdl, per via di semplici ragioni ideologiche, e si biasima l’esatto contrario, ovvero un’esagerata accondiscendenza alle richieste del Popolo della libertà. Nel frattempo, Scelta civica si ritaglia il proprio modesto spazio di minoranza, e tace, con il sentore di essere destinato alla dissoluzione alla prossima chiamata alle urne.

Ma il placet all’esperimento di governo di larghe intese non è, ovviamente, unanime. I pentastellati confermano il loro gratuito oltranzismo in maniera ufficiale tramite Vito Crimi. Nel negare la fiducia al governo con stizzosa superbia, rimarcano un motivetto usato: voteranno solo le idee, esclusivamente i provvedimenti che si confacciano al loro pensiero. Così da evitare di assumersi responsabilità, preferendo rimanere adagiati nel limbo. Per criticare con immotivato distacco il sistema di cui loro stessi, adesso, fanno parte. E dipingere il neonato governo Letta come “vernice che copre la muffa”. Insieme ai grillini, si colloca Vendola, che inequivocabilmente conferma la rottura definitiva dell’alleanza col Partito democratico, nel tentativo di ritagliarsi un ruolo di primo piano all’opposizione che, altrimenti, nella maggioranza, non potrebbe ottenere. La Lega, invece, si astiene. Così da costituirsi un’attenuante per tornare ad appoggiare il Pdl alle prossime elezioni.
La sfida che il nuovo governo ha dinanzi è notevole. L’esecutivo, appena insediato, si appresta a percorrere celermente la strada delle riforme, almeno negli intenti. Proponendosi, per la prima volta, come ha annunciato lo stesso Letta nel proprio discorso alla Camera, di farsi valere anche in sede europea, negoziando scelte che fino ad oggi sono state unilaterali e che hanno penalizzato fortemente la crescita, privilegiando il rigore dell’austerità. Ed emendare gli innumerevoli errori che la politica ha compiuto nei decenni passati, con la complicità di chi ne ha trascurato gli effetti, che oggi sono eloquentemente sotto gli occhi di tutti. Ma la burocrazia dell’Italia è pronta per ostacolare l’innovazione, e vanificare l’inusitato slancio di cambiamento che ora si presenta. Mentre i particolarismi dei partiti, latenti, sono pronti a prendere il sopravvento sulle intenzioni da un momento all’altro. 


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