Non dimenticare Antonio Pietrangeli

A 49 anni dalla scomparsa una rassegna per ritrovare uno dei registi più sottovalutati del cinema italiano

49 anni fa Antonio Pietrangeli aveva esattamente 49 anni, 10 film all'attivo e uno degli sguardi più moderni e all'avanguardia del florido cinema italiano degli anni Sessanta. Prima La Parmigiana e La visita, con Catherina Spaak e Sandra Milo, poi Il magnifico cornuto e Io la conoscevo bene, con Ugo Tognazzi e Stefania Sandrelli, l'avevano imposto all'attenzione del mondo del cinema e del pubblico italiano, quello stesso pubblico che oggi fatica a ricordarlo. Anche per questo il Cineclub Mabuse ha voluto dedicargli la rassegna Riscoprire Pietrangeli, il regista che amava le donne, con la volontà di riscoprire (appunto) il suo sguardo unico e i suoi film più belli. Ne abbiamo parlato con Filippo Bardazzi, tra i curatori della rassegna.

Perché la scelta di dedicare una rassegna ad un regista poco conosciuto come Pietrangeli? Che figura è stata per il cinema italiano, chi era Antonio Pietrangeli?
Antonio Pietrangeli è molto probabilmente il regista più sottovalutato dell'intera cinematografia italiana del dopoguerra. Complice anche la sua prematura morte, Pietrangeli non ha mai raggiunto la fama per essere reputato un maestro in vita, stretto nel paragone tra il cinema militante di Antonioni, Visconti e Rossellini e la commedia di successo di Monicelli e Risi. Negli anni '60 i suoi film erano considerati leggeri, non impegnati e al tempo stesso troppo complessi per un pubblico interessato soltanto allo svago e all'evasione. A farne le spese è stata la popolarità di Pietrangeli che si è persa nel giro di poco tempo, condannando la sua produzione pressoché all'oblio. Pietrangeli è tuttavia un regista unico nel panorama italiano, uno degli autori preferiti del Mabuse, e ci sembrava arrivato il momento giusto per presentarlo al nostro pubblico. Non solo, questa rassegna ci permette di rendere omaggio anche a Ettore Scola, scomparso appena un anno fa, e sceneggiatore di tutti e quattro i film inseriti nel cartellone.

A Pietrangeli due anni fa il MoMa di New York ha dedicato una retrospettiva, mentre per il pubblico italiano è un nome quasi sconosciuto. Altman diceva: «Nella tua patria natale non verrai mai visto così bene. È stato così anche per Gesù di Nazaret. Se chiedi ai critici americani chi siano i più grandi registi, ti diranno Fellini, Bergman, Truffaut. Se lo chiedi ai francesi, ti diranno Fellini, Bergman, Altman». È quello che è successo anche con Pietrangeli?
Non sono totalmente d'accordo con questo “nessuno è profeta in patria”, tuttavia a Pietrangeli è successa una cosa molto simile. Pietrangeli è stato fra i primi a vedere la fine dell'epoca neorealista, non da regista ma da critico cinematografico sulle colonne della rivista Cinema. Passato dietro la macchina da presa ha imposto la sua visione sui film da lui diretti, che in molti casi hanno anticipato tempi e tematiche e trascendono qualsiasi epoca e catalogazione. È anche il suo stile a non essere stato apprezzato, basato com'era sulla decostruzione della narrazione classica con frequenti flashback e ellissi temporali e su movimenti di camera fino ad allora inusuali per i nostri autori.

Secondo te la sua morte prematura a soli 49 anni ha contribuito a far dimenticare presto il suo nome?
Difficile dirlo. Sicuramente è stata una tragica perdita per il cinema italiano, anche perché avvenuta proprio sul set dell'ultimo incompiuto film del regista: Come, quando, perché. Come racconta il figlio, Paolo Pietrangeli, la morte del padre accadde in mare nei pressi di Gaeta durante un sopralluogo per una delle ultime riprese. Un'onda più forte lo scaraventò sugli scogli facendogli battere la testa e perdere i sensi: il suo corpo fu ritrovato solo qualche ora dopo al largo, ormai senza vita. Il film fu concluso invece di lì a poco da Valerio Zurlini.
 

Sul set di Come, quando, perché un'onda lo scaraventò sugli scogli facendogli battere la testa e perdere i sensi: il suo corpo fu ritrovato solo qualche ora dopo al largo, ormai senza vita


Che film avete scelto di proiettare? Quali secondo te sono i suoi migliori?
L'attenzione che Pietrangeli ha dedicato nel comporre ritratti di donne profondi e complessi è unica nel cinema italiano del primo dopoguerra. Se si escludono commedie più “classiche” che appartengono a un filone fortemente battuto in quel periodo (Lo scapolo, Souvenir d'Italie, entrambi con Alberto Sordi), già con i suoi film d'esordio Il sole negli occhi e Nata di marzo si vede l'inizio di un percorso che porterà Pietrangeli a dirigere i suoi capolavori degli anni '60. Abbiamo scelto di concentrarci su questi film che rappresentano a nostro avviso il punto più alto della sua cinematografia: Io la conoscevo bene con una indimenticabile Stefania Sandrelli, La visita, tratto da un romanzo di Carlo Cassola, La Parmigiana, che vede protagonista una giovanissima Catherine Spaak e, seppur su toni diversi, Adua e le compagne, che conta nel cast attrici del calibro di Simone Signoret, Sandra Milo e Emmanuelle Riva.

Una cosa che spicca nella sua cinematografia, infatti, è proprio lo sguardo attento con cui Pietrangeli indaga la realtà femminile, il mondo della donna in generale, attraverso le sue protagoniste: Catherine Spaak, Sandra Milo, Claudia Cardinale, Stefania Sandrelli. Ricordi altri registi che hanno lavorato in questa direzione o forse questa è una caratteristica più unica che rara nel mondo della regia, un campo dominato non solo negli anni Cinquanta e Sessanta ma ancora oggi da autori maschili?
Pietrangeli è stato tra i primi ad accorgersi che la società italiana del Dopoguerra stava velocemente cambiando nella cultura, negli usi e nei costumi: erano arrivati gli anni del boom economico. Anche il cinema aveva bisogno di evolversi dal Neorealismo verso uno stile più fresco, più “leggero” che non dimenticasse tuttavia la riflessione sulla condizione umana. Quale modo migliore di rappresentare questo cambiamento se non attraverso lo sguardo femminile? Le donne sono le vere protagoniste di questo periodo: da angeli del focolare che si sono presi cura della famiglia durante la guerra e la ricostruzione a nuove interpreti del mondo che vogliono libertà di scelta e cercano felicità e indipendenza in un contesto ancora prettamente maschile e maschilista. Pietrangeli ha saputo meglio di chiunque altro raccontare questo panorama, almeno in Italia. Degli interessanti punti di contatto si possono trovare in certi film di Fassbinder, anche se siamo all'interno di due mondi completamente diversi.

Che cosa può dire il cinema di Antonio Pietrangeli a un giovane spettatore? In che rapporto può entrare con il mondo contemporaneo?
Può anzitutto divertirlo, almeno ad una prima visione. Certe sequenze sono semplicemente esilaranti: il numero di Tognazzi in Io la conoscevo bene, l'incontro del gretto protagonista de La visita con la comunità agricola del Po, la scena del ballo in balera de La Parmigiana... Solo per citarne alcune. Ad uno sguardo più attento il cinema di Pietrangeli rivela invece una complessità rara che racconta molto dell'Italia degli anni '50 e '60 e che dà numerosi spunti per capire quella contemporanea: i tentativi e i fallimenti delle storie raccontate da Pietrangeli non sono poi così lontani da quello a cui siamo abituati oggi. Tutto questo con uno sguardo molto libero e solo apparentemente superficiale (Pietrangeli fu tra i primi a inserire la musica leggera nelle colonne sonore dei suoi film), che mutua gli elementi della commedia e li inserisce in architetture psicologiche al femminile del tutto nuove per il panorama cinematografico dell'epoca.

 

La stagione del Mabuse si terrà al Cinema Terminale di Prato e sarà presentata dalla rivista L'Eco del Nulla
Biglietto a soli 4 euro con l'abbonamento a L'Eco del Nulla
 

Riscoprire Pietrangeli
28/03 La visita, con Sandra Milo e François Périer
4/04 La Parmigiana, con Catherine Spaak e Nino Manfredi
18/04 Io la conoscevo bene, con Stefania Sandrelli
2/05 Adua e le compagne, con Simone Signoret e Emanuelle Riva


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