Nella tela di Aracne
Su Menti parallele di Laura Tripaldi, tra materiali intelligenti e animali non umani
La cultura materiale è un concetto che sottovalutiamo, qualcosa di molto scontato, eppure i materiali sono onnipresenti in ogni istante della nostra giornata. Le relazioni che si creano tra i materiali stessi e le creature viventi sono il nucleo del libro di Laura Tripaldi, Menti parallele. Scoprire l’intelligenza dei materiali, pubblicato l'anno scorso da effequ. Tripaldi, chimica e dottoranda in Scienza e Nanotecnologia dei Materiali, si interroga riguardo le prospettive future che abbiamo come specie umana attraverso l’osservazione dei materiali intelligenti che ci circondano e a quali forze possiamo pensare di unirci per valicare i confini e smettere di porci al centro del sistema. L’antropocene, del resto, è l’epoca in cui ciò che ci circonda viene trasformato dalle nostre azioni umane, ma questo non significa essere noi stessi al centro.
Seta di ragno, melma policefala e nanotecnologie diventano modi non solo per parlare di scoperta, ma anche di narrazione, di come possiamo permetterci finalmente di fare quel famoso passo indietro e smettere di sentirci unici protagonisti del mondo e centro di tutti gli universi. Di come possiamo rappresentare in modo differente le altre creature viventi e di conseguenza di come sia possibile immaginare futuri differenti. La scienza dei materiali che dimostra come le strutture molecolari possono influenzare le proprietà macroscopiche è solo il punto di inizio per una riflessione molto più articolata che non vuole soltanto che l’uomo smetta di sentirsi al centro, ma che questo centro venga lasciato libero, uno spazio in cui incontrarsi, relazionarsi e interfacciarsi. Fin dall’inizio infatti Tripaldi sottolinea come il concetto di interfaccia sia la chiave, o ancora meglio la misura, per ricalibrare il nostro atteggiamento nei confronti della materia:
Abitando l’interfaccia, abbiamo l’opportunità di ridefinire la conoscenza della materia come un processo creativo e collaborativo a cui ogni materiale partecipa attivamente. Ogni volta che entriamo in relazione con un nuovo materiale costruiamo uno spazio fisico di interazione reciproca che modifica il mondo che ci circonda e che ci apre alla possibilità di modificarci a nostra volta.
È una mutazione, quindi, che compromette tutto il piccolo, ma in realtà enorme e unico, spazio materiale che ci circonda. L’interfaccia, il luogo in cui due sostanze possono mescolarsi, è non solo il laboratorio chimico in cui gli scienziati si interrogano riguardo la materia che a sua volta crea una relazione con chi la sta maneggiando, ma è anche il resto del pianeta che abitiamo e che quotidianamente ci sottopone, ed è da noi sottoposto, a manipolazioni. Per questo filosofia e mitologia accompagnano i materiali intelligenti scelti da Tripaldi in Menti Parallele, perché tutto è dialogo e narrazione. Non esiste niente di completamente passivo e per dimostrarlo Tripaldi parte dalla seta di ragno e dal concetto di tessitura. La tessitura è infatti un sistema basato su diverse relazioni: il ragno e la relazione che intrattiene con la tela che sta tessendo, ovviamente, ma anche ciò che sta oltre la tela, ad esempio altri animali. Aracne, la figura mitologica collegata a questo capitolo è sì una creatrice ma è anche pericolosa: sfida ciò che sta là fuori creando nodi e relazioni. Per questo la figura del ragno e della sua seta, resistente, capace di creare figure complesse e organizzata «come una matrioska» è in un’ottima collocazione essendo all’inizio dell’opera: il ragno diventa una figura patrona del futuro perché iperconnessa e creatrice di nodi.
Menti parallele infatti, oltre ad essere una divulgazione sui materiali intelligenti, è anche un lavoro che si lega al postumanesimo femminista, un’opera stratificata che crea vertigini nel cuore di coloro che rifiutano di comprendere quanto siamo irrimediabilmente connessi e quanto sia impossibile sfuggire alla materia. Ho letto Tripaldi qualche mese dopo aver recuperato un’altra opera uscita lo scorso anno edita da Mimesis, Bestiario Haraway di Federica Timeto, sociologa e studiosa di teoria femminista (leggi qui la recensione di Selene Mattei su Chtuluhcene. Sopravvivere su un pianeta infetto di Donna Haraway). Anche in Bestiario, che riprende e rielabora alcune teorie di Haraway, si raccontano gli animali non umani e il modo in cui l’uomo abbia provato a raccontarli mettendosi tuttavia sempre di fronte a essi, rendendoli oggetti e mai soggetti, predicando narrazioni volte a rendere invisibile e inarrivabile ciò che non rientra nella nostra sfera più intima di comprensione. È necessario un lavoro di reimmaginazione e ricomprensione di ciò che conosciamo. Scrive Timeto sui ragni: «nella tessitura della ragnatela, medium e materia corporea non sono distinguibili: nella metamorfosi, Aracne inghiotte se stessa e poi rinasce nella sua tecnica».
Il ragno diventa una figura patrona del futuro perché iperconnessa e creatrice di nodi
Rinascere vuol dire modificarsi, lasciare che i confini diventino permeabili e capace di lasciar passare informazioni e conoscenze. La paura più grande della razza umana è del resto che qualcosa prenda il suo posto. Per questo si guarda con sospetto alle nanotecnologie o intelligenze diverse. Il concetto di intelligenza appunto, centrale in Menti parallele come viene specificato dal sottotitolo. Un organismo citato nel capitolo Molte teste è la melma policefala physarum polycephalum, un organismo privo di sistema nervoso ma capace di muoversi nell’ambiente circostante in cerca di cibo e protezione.
Poiché physarum non ha occhi o organi di senso propriamente detti, non può coordinare il proprio movimento sulla base di una rappresentazione della realtà che lo circonda. Il suo comportamento intelligente emerge da una moltitudine di meccanismi biochimici semplici che agiscono localmente da ogni parte del suo corpo.
Lasciamo continuamente che il nostro modo di essere, di comprendere e di vivere influenzi la nostra capacità di vedere e quindi rappresentare altre forme di vita e tutta la materia che ci circonda. Un organismo come la melma policefala o il poter affermare che il concetto stesso di inorganico sia ambiguo, essendo possibile creare oggetti artificiali dotati di strutture complesse e capaci di autorganizzarsi spontaneamente, dimostrano quale menzogna e illusione sia pensare di essere gli unici protagonisti. La realtà, una volta approfondita, sembra invece lasciarsi scrutare a fondo per confessarci che siamo circondati, e facciamo parte, di continue trasformazioni trasversali. Creare nuove rappresentazioni significa anche poter immaginare nuovi scenari. L’osservazione più letale che Tripaldi fa in Menti parallele per me è questa:
La verità è che in molti casi gli automi che verranno non ci somiglieranno per niente: saranno amorfi e gelatinosi come amebe, o avranno l’aspetto di bizzarri invertebrati, capaci di percepire un mondo fatto di segnali a noi del tutto inaccessibili, e tuttavia saranno sistemi complessi e integrati, dotati di un corpo e capaci di ‘sentire’ con ogni centimetro dei materiali che li compongono.
I confini sono sempre più labili e il territorio in cui muoversi sempre più scivoloso quando riflettiamo su quanto natura e tecnologia possono ibridarsi, su quanto il concetto stesso di naturale o artificiale può perdere la consistenza rigida e logica che ha sempre avuto per diventare un luogo di dialogo, di commistione, di comprensione e unione con quelli che abbiamo fino a questo momento considerato mostri.
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