Michel Ney
Sarrelouis, 10 gennaio 1769 – Parigi, 7 dicembre 1815
Non tanto d’un fabbro Michel Ney è figlio quanto della Rivoluzione, ma non tanto per club, assemblee, piazze e costituzioni, quanto per la patria in armi, che è in campo prima contro la volontà restauratrice delle monarchie d’Europa, poi per il nuovo ordine del Bonaparte. Il potere non interessa né compete all’uomo che rifiuta le promozioni per dare l’esempio nella mischia, ma che a Hohenlinden (1800) vincerà da generale, sotto quel Moreau che Napoleone, suo rivale, fa esiliare sfruttando un processo per cospirazione borbonica, poco prima di farsi imperatore (1804): allora Ney, già acquisito al console da Joséphine de Beaumarchais, è fatto Maresciallo dell’Impero. Dopo l’alta prova data contro tre coalizioni antifrancesi (III-V) da Elchingen a Friedland, in Spagna (1808) l’indebolisce l’intemperante volontà d’obbedire al solo imperatore, ma la guida disperata eppure riuscita della retroguardia della Grande Armée, in rotta dopo Borodino (1812), lo consacra nell’immaginario eroico dell’Europa napoleonica: qui rimarrà quando, dopo le sconfitte subite a Lipsia e Dennewitz (1813) da vecchi camerati passati al nemico e l’abdicazione cui spinge Napoleone, vorrà giurare lealtà ai Borboni soltanto per infrangerla nei Cento Giorni e, tentata invano a Quatre-Bras l’impresa di Waterloo, finire, per alto tradimento della restaurata monarchia, davanti al plotone d’esecuzione.
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