Micheal Faraday

Newington Butts, 22 settembre 1791 – Hampton Court, 25 agosto 1867

Chiamato alla scienza dalla curiosità che l’investe quando, povero apprendista d’un libraio rilegatore, legge l’«Elettricità» sull’Encyclopaedia Britannica, Micheal Faraday si merita il posto d’assistente del noto chimico Humphrey Davy per gli appassionati appunti che gli spedisce dopo averne sentito fortuitamente una lezione (1813). Offerto alla chimica il primo esempio di liquefazione di un gas, il cloro (1823), in fisica Faraday riprende le scoperte del danese Oersted per sostenere, contro Ampère, che i fenomeni elettromagnetici derivano da un’interazione, nello spazio, delle diverse forze provenienti sia dalle correnti elettriche che dalla materia magnetizzata. L’osservazione del carattere circolare di tale interazione lo spinge a sostituire, alle forze a distanza della fisica newtoniana, una forza distribuita nello spazio; del criterio di rappresentazione delle linee di forza che la sintetizza, Faraday metterà a frutto le potenzialità euristiche per arrivare sperimentalmente all’induzione elettromagnetica (1831) e, in seguito, al diamagnetismo e all’effetto (Faraday) del campo magnetico sulla luce polarizzata. Dall’epistemologia tutta sperimentale di Faraday e dall’anticipazione ivi contenuta del principio di conservazione dell’energia, la fisica successiva saprà trarre le premesse della definizione del concetto di campo, passando per l’affermazione del carattere fisico dello spazio, verso la sintesi dell’elettromagnetismo che realizzerà James Maxwell.  

 


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