Malattie d'amore
Che rapporto c'è tra medicina e sentimento? Una riflessione su testa e cuore tra le pagine di due romanzi
È malato d’amore, quante volte lo sentiamo dire. Eppure l’amore non si diagnostica, medicina e sentimenti suonano come aspetti opposti dell’esperienza umana: l’una opera dall’esterno verso l’interno di noi, gli altri partono da dentro di noi e si aprono al mondo. Se però l’amore è una malattia soltanto nel nostro modo di dire, di sicuro è vero che il sentimento ha forme patologiche. Io sono patologico coi libri, ad esempio.
Ogni libro per me è un’oggetto sacro: vorrei segnare frasi, prendere appunti, piegarne le pagine e sottolinearne passaggi, ma nella mia libreria non si distinguono i libri non letti da quelli che ho consumato. Li socchiudo con cautela, li sfoglio senza mai aprirli del tutto per non rovinarne la rilegatura e ogni Toc! della colla che si spezza è un colpo al cuore. Una piega o un rigo di penna su una pagina sono un dramma, figuriamoci quando a Roma, sotto la pioggia battente di gennaio, il diluvio è penetrato fin dentro la borsa e ha bagnato La meccanica dei sentimenti di Frank Iodice, deformandone la copertina con una macchia d’acqua. Il mio primo impulso, come per ogni mio libro che si rovina, è stato guardarlo come qualcosa di guasto, qualcosa da riparare. Non è la prima volta: Anna. Storia di un palindromo di Francesco D’Isa ha una macchia di vino speculare, sulle ultime pagine, una chiazza di vino rosso residuo del Festival della Letteratura sociale alla Polveriera, a Firenze.
Ce l’ho da quasi un anno, ma anche questo ho cominciato a leggerlo da poco – spesso i libri li leggo a matrioska, ne comincio e ne finisco due o tre alla volta – e più vado avanti più mi accorgo che se le coincidenze che muovono il romanzo echeggiano così forte non posso non ascoltarle. Escono dal libro ed entrano nell’altro, come macchie.
Per Iodice e D’Isa medicina e sentimenti non sono opposti: trovano un punto di contatto nei propri protagonisti, medici che utilizzano la propria professione come chiave per capire che cosa si cela dietro, o meglio dentro, al corpo del nostro sentire. La meccanica dei sentimenti si apre così, con la voce del protagonista Gio durante una conferenza americana.
Ho iniziato a occuparmi di sentimenti ai tempi dell’università, a Roma. Studiavo l’organo in cui questi si situano nell’immaginario collettivo (i bambini disegnano un cuore per rappresentare l’amore, non è così?) e intanto mi andavo incuriosendo e mi chiedevo in maniera sempre più ossessiva dove e come nascesse ciò che proviamo e che – almeno secondo i manuali – ci distinguerebbe dalle bestie. Gli anni di esperienza in reparto avrebbero potuto farmi cambiare idea, ma mi hanno aiutato invece a trovare le conferme di quanto allora avevo soltanto intuito.
È l’unico passaggio che Iodice ci concede, l’unica occhiata dentro l’articolo che racconta l’incredibile scoperta sui meccanismi sentimentali di Giovanni Marealto, cardiologo prestato alle conferenze d’accademia. L’articolo viene citato, nominato, sfiorato in parte dei suoi concetti ma il contenuto della ricerca viene rivelato soltanto ai personaggi del romanzo, che restano colpiti dalla semplicità e dalla verità delle parole del protagonista, mai a noi lettori. In queste parole sembra nascondersi una ricetta, capire i sentimenti e vivere di conseguenza, ma Marealto non segue i suoi stessi consigli e si immerge all’interno degli ingranaggi sentimentali con Eda, Galatea, Resi, Armine. In equilibrio tra un letto e l’altro, Marealto smette di lavorare in ospedale, e comincia a portare in giro la sua ricerca in una serie di letture prima negli Stati Uniti e poi in Francia, a Parigi.
In Anna. Storia di un palindromo, invece, gli studi portano il neurochirurgo Ezio a Berlino, perso nel mistero di un’operazione sbagliata che ha causato a una propria paziente una malattia misteriosa, impedendole di parlare liberamente del proprio passato. Tutte le volte che apre bocca per raccontarlo, le escono frasi oscure, oniriche. Anna, si chiama lei, e lui se ne innamora: si innamora della sua fragilità, della sua insondabilità. «Mi diresti un ricordo?», le domanda Ezio. «Era l’ora del serpente». La ama e la studia, responsabile com’è del suo dolore e della sua felicità; ma come si trova la cura di un male indecifrabile? Se lo chiede Ezio in una delle bellissime lettere tra amanti che intervallano la narrazione del romanzo, stampate in corsivo come fossero redatte con la mano di chi le scrive. Vale la pena leggerla tutta.
La distanza mi snerva, viviamo in due mondi separati, l’uno in attesa dell’altro. Sono un sano di mente rinchiuso in manicomio. Le mie sicurezze si sfaldano, gli scopi si offuscano, l’identità si confonde, la mente è un pesce che cambia sesso. Talvolta dimentico il motivo per cui resto ancora in questo luogo, ma non abbastanza da perdermi, non ancora. Altre volte invece ti penso a tal punto da credere che tu sia una mia invenzione. Non mi stupisce; non ho il tuo viso, il tuo odore, il tuo corpo, la tua voce o il tuo sapore. Non mi restano che pensieri e ricordi. Sei un idolo scolpito nei neuroni.
Per ingannare la solitudine parlo molto con me stesso. Troppo, non mi sembra di fare alcun passo in avanti. Perché sto qui, quando tutto ciò che desidero è starti accanto? Berlino è una città di estremi, è un megafono, un amplificatore e un microscopio; se sei felice può trasformarsi in una caccia al tesoro per amanti, se sei triste può schiacciarti sotto un grigio impenetrabile. Forse mi trovo qui per usare la città come strumenti di analisi, per guarirti, per guarire?
Eppure non trovo indizi: solo pensieri, sogni che invadono la mia mente, senza freno. Ieri ti ho sognata nuda, mi avvicinavo per baciarti e diventavi sempre più pelosa, finché mi perdevo tra i tuoi peli come in una foresta di corde nere. Mi manchi, ed è solo nei pensieri che ti afferro, nei sogni, in queste lettere che ti scrivo quando ho bisogno di una prova della tua esistenza.
L’incapacità di comprendere la malattia di Anna contagia il loro amore, invischiato nel linguaggio che mescola e non spiega, tanto da far confondere realtà e sogno, passato e presente. Ezio vive con il fardello di una malattia da curare, Giovanni con la passione bruciante che divora le sue relazioni. Per loro malattia e amore si confondono; cercano di capirne i meccanismi gettandosi a capofitto nell’amore di una o più donne: ci si sciolgono dentro, si fanno penetrare fino a perdere le soglie del tempo, chiusi in casa o nella camera 408 dell’Hotel Majestic. «Era stato un secondo, un mese o un anno quello in cui avevano deciso di vivere assieme, a casa di lui? Quanto tempo era passato dalla prima volta in cui avevano fatto l’amore? Quanto ne era passato dall’ultima?», si domanda Ezio.
Ezio e Giovanni sono medici, uno opera alla testa e l’altro al cuore, ma sono accomunati dall’ossessione per il sentimento, un’ossessione divorante e assoluta che per l’uno è psiche, sogno (la testa) per l’altro è slancio, carnalità, passione (il cuore). Si dividono tra l’indagine della mente e quella del corpo.
Ezio e Giovanni sono medici, uno opera alla testa e l’altro al cuore, e le parole che raccontano le loro storie sono scelte di conseguenza: D’Isa scrive chirurgico, si addentra nei sogni e nei pensieri della coppia per psicanalizzarne i sentimenti, descrive con precisione ogni ricordo, spicca salti filosofici scegliendo il linguaggio col contagocce; Iodice scrive di petto, si fa trascinare dalle sue stesse parole e rimane nelle stanze coi suoi amanti per raccontarne i più piccoli movimenti e le linee più recondite dei corpi, si prende lunghe pause per un gesto o uno sguardo che richiamano il passato.
D’Isa scrive chirurgico, si addentra nei sogni e nei pensieri, mentre Iodice scrive di petto, si fa trascinare dalle sue stesse parole e rimane nelle stanze coi suoi amanti
Come le pagine dei libri che li raccontano, le vite di Ezio e Giovanni sono macchiate, segnate da un’imprecisione in sala operatoria. I due dottori condividono una colpa che rimescola i loro destini e li plasma in qualcosa di diverso, cambia ciò che sono – “Noi siamo ciò che siamo, non quello che fummo, né quello che saremo”, si legge nell’esergo de La meccanica dei sentimenti – trasformandoli. Un errore condiziona le loro identità, quello che apre la storia di Ezio con Anna e quello nascosto di Marealto, invisibile ai protagonisti e al lettore per la maggior parte della storia. I personaggi sembrano non volersi confrontare con ciò che è avvenuto e provano a recidere il contatto con il proprio passato, un passato fantasmatico da cui scappa Resi e scappa Marealto, da cui scappa Carole Lesage direttore dell’Hotel Majestic, da cui scappa Anna fino al punto di renderlo illeggibile, di avvolgerlo nella nebbia per nasconderlo a sé stessa e ai lettori.
Per tentare di comprendere la situazione di Anna Ezio fa analisi e contatta esperti, ma deve accettare la limitatezza dei suoi strumenti scientifici: «EEG, TAC, PET, RM, EEG; qualunque strumento, qualunque indagine e qualunque sigla non aveva suggerito nulla di utile. Era tutto nella norma, tenuto conto dell’intervento subìto. Se il problema era di natura fisica, il medico non aveva idea di che aspetto avesse». Allo stesso modo Giovanni si scontra con la pochezza della propria scoperta, tanto rivelatrice eppure così inutile e inadatta per comprendere i sentimenti della sua stessa vita. L’unico modo per capirli davvero è fondersi con loro, viverli fino nel profondo. Ma dopo, assaporatane l’essenza, non ci sono parole, non c’è articolo che possa spiegarli.
“La tua ricerca è eccezionale, Gio. Non ti sei limitato ad analizzare cosa sono i sentimenti, tu hai scoperto di cosa sono composti. Quando l’articolo si diffonderà (ed è solo questione di tempo) ti inviteranno dappertutto, vedrai. Le persone meritano di leggere quello che hai scritto, non siamo nati per vivere in questo limbo”, glielo ha detto quando hanno parlato al telefono la prima volta.
All’oscuro delle parole di Marealto, così rivoluzionarie da smuovere gli accademici d’America e di Francia, noi lettori rimaniamo invece imprigionati nell’impossibilità di conoscere quello che sentiamo, nati per vivere in questo limbo. Come a dire che non c’è rimedio all’amore, non c’è medicina che ce lo renda comprensibile. E i due scrittori ne sono consapevoli, loro stessi sono costretti a restituire lo iato tra la verità del nostro sentire e la capacità di capirne la sostanza, lo scarto impossibile che divide il cuore dalla testa. Iodice non svela mai il contenuto dell’articolo che descriverebbe la meccanica dei sentimenti, D’Isa non scioglie mai del tutto l’enigma dietro la malattia di Anna e il suo rapporto con Ezio. Rimane tutto sotto traccia, sussurrato e sfuggente, senza definizione, misterioso come l’amore, un sentimento che tutti proviamo ma che in fondo nessuno sa cos’è.
Commenta