Macron salvatore d'Europa?
La lettera di Emmanuel Macron ai cittadini europei: punti di forza e debolezze dell'Europa del futuro
Cittadini d’Europa. Quasi come un appello, un’esortazione altisonante, un richiamo corale. Si apre così la lettera che il presidente francese Emmanuel Macron ha voluto indirizzare agli europei, pubblicandola su 28 quotidiani, uno per ciascun paese dell’Unione (in Italia dal Corriere della Sera). Cittadini d’Europa perché legati inestricabilmente da valori che, seppur chiamati con vocaboli diversi, sono declinati in maniera identica in tutto il continente. Cittadini d’Europa perché frutto di una storia condivisa, benché spesso trascorsa al fronte, in trincee opposte. Macron afferma di non rivolgersi agli europei solo in virtù della storia e della cultura che accomunano il continente. Piuttosto sostiene che la ragione più grande, in questo momento, sia il tempo che passa e la congiuntura politica che l’Europa sta vivendo. «Mai dalla Seconda guerra mondiale, l’Europa è stata così necessaria. Eppure, mai l’Europa è stata tanto in pericolo».
Mai dalla Seconda guerra mondiale, l’Europa è stata così necessaria. Eppure, mai l’Europa è stata tanto in pericolo
Non è la prima volta che Macron si rivolge direttamente agli europei. Il primo, simbolico omaggio ai cittadini d’Europa furono forse quelle note dell’Inno alla gioia suonate mentre il neoeletto presidente camminava verso il maestoso palco allestito davanti al Louvre, dove avrebbe celebrato la vittoria davanti ad una piazza in cui sventolavano bandiere francesi ed europee. In quella cornice suggestiva e regale, con il Louvre gentilmente illuminato, Macron si era apertamente fregiato del ruolo di artefice della rinascita europea: «è quello che l’Europa e il mondo si attendono da noi». Quella retorica europeista così sfacciata culminò nel discorso pronunciato alla Sorbona, dinanzi ad una platea di studenti internazionali che rappresentava al contempo il prodotto ed il futuro dell’idea di Europa unita. «Ciascuno si è abituato a non dire più quello che pensa, quello che vuole, facendo credere che sia una tattica», notò dal podio. A stupire non sono stati i contenuti dei suoi discorsi, bensì la baldanza e la lucidità con cui Macron ha continuato, sin dalla campagna elettorale, a parlare apertamente dell’Europa, da presidente francese.
Adesso, con una lettera, Macron avanza ancora verso un’idea che, seppur con ritmo discontinuo, e forse diversi errori, sembra delineare un progetto unitario a livello transnazionale: accarezza il sogno di rifondare una nuova Europa, un nuovo sogno di unità, e forse arrivare a dare forma e sostanza ad una certa idea di comunità di destino. Con le sue parole Macron conferma l’idea squisitamente francese di costruire une Europe qui protège, un’Europa che protegge. Un’Europa probabilmente diversa da quella attuale. «Proteggere» ricorre spesso nel corso della lettera ed è il perno dell’idea di Europa à la Macron. La protezione che invoca tocca più dimensioni: sociale, economica, ambientale, della democrazia.
In un momento in cui anziché proteggere la retorica politica incita ad attaccare tanto nelle piazze, bardati di gilet, quanto sulla rete, mascherati da un nomignolo fasullo, la portata del messaggio di Macron si distingue in maniera evidente. Non c’è volontà di distruggere. Non si sbattono i pugni sul tavolo. Non si rottama. Al contempo, Macron sembra riconoscere gli errori e le ingenuità di un progetto europeo mal compreso dai cittadini. Per questa ragione il costante richiamo a proteggere: la democrazia, anzitutto, cifra dell’Europa ma al contempo fragile, minacciata dall’esterno e dall’interno.
Macron ingloba la sua visione di un’Unione sicura in una retorica estremamente progressista, che si distingue con successo dal conservatorismo identitario di Orbán, Salvini, Kurz, Wilders, Le Pen
Poi, immancabile, il tema della sicurezza. Negli ultimi anni l’Europa ha conosciuto il terrorismo di matrice islamica, da Parigi a Barcellona, da Londra a Bruxelles. Macron ingloba la sua visione di un’Unione sicura in una retorica estremamente progressista, che si distingue con successo dal conservatorismo identitario di Orbán, Salvini, Kurz, Wilders, Le Pen. Riesce a mettere nero su bianco quella spinta riformista europea che è oggi schiacciata, nella classe politica e probabilmente anche nei cittadini, tra due pesantissime incudini: status quo e antieuropeismo nazionalista. In questo, Macron ha il merito di essere un leader, probabilmente sempre più solo, schierato in prima linea per maggiore integrazione a livello europeo.
Una fortissima volontà politica che però ha un disperato bisogno di appoggi e contributi che valichino i confini francesi per diventare qualcosa di credibile. La leadership non può rimanere nelle mani del solo presidente francese perché finirebbe per essere debole, esattamente come le proposte di riforma dell’Eurozona o di convenzioni di cittadini avanzate finora, rimaste lettera morta, ma è opinabile pensare che alleanze significative possano formarsi a poche settimane dalle elezioni.
Oltre ai limiti in fatto di strategia e tempismo, ve ne sono anche diversi di contenuto. Macron ragiona in termini unicamente intergovernativi, ignorando completamente il ruolo del Parlamento Europeo che è invece il cuore della democrazia europea che si va a rinnovare in queste elezioni. Anche la Commissione, che in questi anni ha agito sostanzialmente su nuove politiche europee per gli investimenti, la difesa e gli affari esteri viene di fatto ignorata. Gli strumenti proposti per affrontare le necessità ignorate dall’attuale assetto sono nient’altro che nuove agenzie da creare.
La solidità macroeconomica e finanziaria restano indubbiamente una delle priorità d’azione della nuova Europa, ma nella sua poco dettagliata visione Macron sembra mescolare moderatamente il libero mercato ad una dose di statalismo, senza riuscire a convincere con proposte concrete che puntino a risolvere gli ampi squilibri strutturali su cui si regge l’Unione. Soffusamente, parla di «giusta concorrenza». Con questo riassume l’esigenza di gestire la globalizzazione in modo che non risulti una forza dirompente ma controllata. In fondo, si richiama al progetto largamente irrealizzato sulla gestione della globalizzazione della Commissione e cita il bisogno di innovazione e di standard sociali comuni per evitare il dumping intra-europeo. Riafferma la necessità di proteggere e rafforzare la moneta unica, ma senza fornire proposte su cui dare spazio ad un dibattito produttivo.
A pochi giorni dalla lettera è nato anche un Manifesto per il rinascimento europeo che si rivolge in ciascuna delle lingue dell’Ue ai cittadini e alle forze politiche per costituire una forza paneuropea
Il progetto di Macron, per quanto ancora confuso, ha indubbiamente del potenziale. A pochi giorni dalla lettera è nato anche un Manifesto per il rinascimento europeo che si rivolge in ciascuna delle lingue dell’Ue ai cittadini e alle forze politiche per costituire una forza paneuropea capace di contrapporsi in modo unitario alle spinte antieuropee. Tuttavia la proliferazione di nuovi enti europei senza prima considerare il cruciale tema della democrazia incompiuta in Europa rischia di allontanare i cittadini, piuttosto che riavvicinarli al progetto europeo. Ma Macron ne è forse consapevole e per questo chiama per l’ennesima volta all’adunata Governi e società civile per dare un nuovo Patto Costituzionale all’Europa. Idea apprezzabile che deve assolutamente rimettere in discussione l’architettura istituzionale dell’Ue, lo sproporzionato ruolo del Consiglio Europeo e l’antidemocratico voto all’unanimità e andare verso un assetto federale che riequilibri il potere tra Parlamento e Governi, ovvero tra cittadini e Stato. Sarà qui, probabilmente, che il riformismo intergovernativo di Macron dovrà decidere se giocarsi tutto o rimanere gattopardismo puro.
Leonardo Zanobetti e Matteo Gori
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