Luigi XVI di Borbone
Versailles, 23 agosto 1754 – Parigi, 21 gennaio 1793
Fin da quand’è sul trono di Francia (1774) al pur semplice e onesto Luigi XVI manca energia nella gestione dello Stato: troppo debole l’appoggio concesso a Turgot e Necker perché riescano le riforme necessarie a salvare il Paese dalla crisi finanziaria che aggravandosi condurrà il re a convocare gli Stati generali (1789). Inizialmente disorientato dallo scontro tra privilegiati e Terzo Stato, dopo la Bastiglia e il furore popolare scatenato dal suo rifiuto della Declaration des droits e dell’abolizione della feudalità Luigi XVI sarà dalla legislazione antiecclesiastica (1790) spinto alla reazione, verso una fuga all’estero che fallendo a Varennes vanifica il disegno di monarchia liberale d’un La Fayette. Dopo il giuramento sulla Costituzione (1791) Luigi XVI cercherà nella guerra dei girondini contro l’Austria il vantaggio di una sconfitta della Rivoluzione, ma ostacolando l’Assemblea legislativa nel rintuzzare i rovesci militari si attira la violenza popolare che il «proclama di Coblenza» tenterà invano di placare, suscitando invece l’insurrezione che porta la famiglia reale in carcere. Decretata dalla Convenzione la fine della monarchia e votata la condanna a morte per tradimento della nazione e cospirazione contro le libertà repubblicane, il re troverà la ghigliottina in Place de la Révolution.
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