Licorice Pizza di Paul Thomas Anderson
con Cooper Hoffman, Alana Haim, Sean Penn, Bradley Cooper, Tom Waits, Christine Ebersole
Nella californiana San Fernando Valley degli anni Settanta, Gary Valentine (C. Hoffman) è un quindicenne spaccone e intraprendente che, con la spensieratezza dell’adolescenza, cavalca l’onda di notorietà conquistata come attore di una serie tv corale, all’ombra di una Hollywood in decadenza. In un improvviso colpo di fulmine, il ragazzo dichiara amore eterno ad Alana (A. Haim), giovane incrociata tra i corridoi di scuola che lavora come assistente fotografa per la realizzazione dell’annuario e che tradisce fin da subito un’indole scontrosa e disincantata. Più grande di lui di dieci anni, la ragazza non cede allo spavaldo corteggiamento, per quanto fatichi a celare di esserne evidentemente lusingata. Tra i due nasce una frequentazione quotidiana e lentamente anche un amore, che dovrà però percorrere le insidie dello scarto d’età, delle differenze caratteriali ma, soprattutto, i timori e gli scivoloni del non saper ancora amare.
Il regista californiano Paul Thomas Anderson firma il suo nono film, Licorice Pizza – tre candidature agli Oscar come miglior film, miglior regia e miglior sceneggiatura –, riconfermandosi maestro d’atmosfera a quattro anni di distanza da Il filo nascosto, opera elegantissima che si insinuava tra i “fili nascosti” dell’amore ricucendone ossessioni, forze travolgenti, paure e fantasmi. In un ideale passaggio di testimone, il protagonista della precedente pellicola – Reynolds Woodcock, affermato stilista di mezz’età dal rigore maniacale e dal cuore inafferrabile – consegna al giovane Gary Valentine la pesante eredità della “verginità” dell’innamoramento, all’interno della più consona dimensione del teen-movie. Il punto di vista cambia proporzionalmente all’età dei personaggi dei due film e le trame oscure dell’amore adulto si trasformano così in inno fresco e spensierato, che riesce a mantenere in egual misura la potenza di uno sguardo cinematografico in grado di entrare sottopelle, ancora una volta la pelle dei sentimenti.
Sono gli anni in cui il sogno americano vacilla a far da palcoscenico all’inseguimento tra Gary e Alana, che si rincorrono di continuo, rincorrendo al contempo un amore che non può essere rifuggito
Anderson ritorna nella sua San Fernando Valley – scenario anche dei precedenti Boogie Nights - L’altra Hollywood (1997) e Magnolia (1999) –, facendo rivivere tramite quadri nostalgici e dense carrellate gli anni della sua infanzia. E sono proprio gli anni in cui il sogno americano vacilla a far da palcoscenico all’inseguimento tra Gary e Alana, che si rincorrono di continuo, rincorrendo al contempo un amore che non può essere rifuggito. All’alba del diventare donna, lei si interessa e legge di politica sui giornali mentre lui, in balia dei suoi quindici anni nonostante una già spiccata vena imprenditoriale, si sofferma su immagini osé. Sembra non avere senso eppure, al di là di tutto, vince e travalica il loro amore, senza senso come una “pizza alla liquirizia” – espressione che dà il titolo al film con cui il duo folk Bud & Travis scherzò sull’insuccesso di un proprio disco: «be’, potremmo cospargerlo di amido di mais sul fondo e venderlo come pizza alla liquirizia».
L’incedere narrativo di Licorice Pizza è dunque disomogeneo, frammentato, imprevedibile e sembra quasi vestire i corpi dei suoi stessi protagonisti: bruttini e al contempo seducenti, goffi e temerari, impauriti e sfrontati. I passaggi di montaggio fra alcune parti del film sono volutamente netti e catapultano lo spettatore in situazioni nuove e inaspettate, con personaggi che si frappongono senza alcuna premessa alle avventure di Gary e Alana, gli unici reali timonieri della storia. Intorno a loro tutto si muove in direzione opposta e contraria, materializzandosi nelle figure effimere di chi guarda al passato con malinconia e vacuità, forse senza rendersi conto di incarnare i sogni ancora vividi dei due ragazzi.
L’incedere narrativo di Licorice Pizza sembra quasi vestire i corpi dei suoi stessi protagonisti: bruttini e al contempo seducenti, goffi e temerari, impauriti e sfrontati
Così, all’ombra di Grace Kelly e Barbara Streisand – solo nominati – compaiono alcuni vip eccentrici come Jack Holden (S. Penn) e Jon Peters (B. Cooper), che vagano rincorrendo qualcosa di impalpabile, qualcosa che probabilmente è ormai perso per sempre. A muoversi in direzione realmente opposta alla crisi del loro tempo sono allora proprio Gary e Alana, in una corsa incessante che si fa metafora dell’unicità del loro amore e della possibilità stessa del loro sognare. Anderson traduce questa metafora in immagini e sequenze di rara bellezza, portavoce dell’incanto di un cinema puro, un cinema che si auto-pensa con ironia e che, tramite uno sguardo spensierato, diventa esso stesso gesto d'amore. È straordinaria in questo senso la scena in cui, dopo aver risalito un’impervia strada alla guida di un camion a corto di benzina, Alana si ritrova a doverlo condurre a gran velocità e in condizioni estreme, discendendo la collina in folle e a marcia contraria al fianco dell’incosciente Gary. In un’altra scena del film è però il ragazzo a soccorrerla, nella lunga corsa contraria a quella della sfrecciante moto di Jack Holden che mettendo in scena un patetico numero da circo per i suoi fan fa cadere la ragazza dal mezzo. Lo sguardo dell’uno, nel bene e nel male, è dunque sempre puntato sull’altro, perché un’aura li unisce a scapito dei continui sgambetti e delle sterzate improvvise del loro rapporto: «ma io non ti dimenticherò e tu non dimenticherai me», dice con candore Gary ad Alana.
Impeccabili i due interpreti, Alana Haim e Cooper Hoffman, figlio dello scomparso Philip Seymour Hoffman, attore feticcio di Paul Thomas Anderson – una nota che da sé contribuisce sicuramente ad acuire la cifra nostalgica del film. I due ragazzi sono in grado di restituire la fresca irrequietezza dell’amore adolescenziale e di “ondeggiare” sui sentimenti dei rispettivi personaggi, proprio come i loro corpi ondeggiano sui materassi ad acqua che Gary e Alana vendono. Il loro muoversi frenetico è una danza, che si materializza nella pasta della pellicola e che ha il sapore di uno scatto dimenticato, pronto a tornare alla luce a qualsiasi età; il loro vagare è un ballo ruvido e sinuoso, che rivive anche nella nutrita colonna sonora di brani del tempo, da Life on Mars? di Bowie a July Tree di Nina Simone a Peace Frog dei Doors. A far da contraltare al repertorio non originale c’è però un unico tema appositamente composto per il film: è Licorice Pizza di Jonny Greenwood, fedele compositore di Anderson, chitarrista dei Radiohead – anche lui in corsa agli Oscar per le musiche de Il potere del cane e già alla seconda candidatura dopo Il filo nascosto. In un continuo avanti e indietro di note che sembrano rimbalzare sulle corde di un’arpa, la melodia di Greenwood procede in punta di piedi, per poi quasi inciampare, in balia di capricci e ripensamenti, e infine esplodere in un trionfo d’archi. Quella musica, cucita magistralmente sulla malinconia del film, è un inno di speranza: perché, insensato come una “pizza alla liquirizia”, il vero amore non teme cadute.
«I miei occhi hanno solo bisogno di un posto dove andare».
USA 2021 – Comm. 133’ ★★★½
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