Lelio Socini
Siena, 29 gennaio 1525 – Zurigo, 4 maggio 1562
Discendente d’una stirpe d’irrequieti, Socini (o Sozzini) trova nella giurisprudenza lo spunto per passare a leggere la Bibbia; attività non ancora esplicitamente sovversiva, ma tanto stimolante da spingerlo a Venezia, finestra sulla Riforma, e dunque, fatto a Chiavenna il fondamentale incontro col mistico Camillo Renato (1547), in viaggio dalle Alpi alla Germania alla Polonia. Sempre torna a Zurigo: qui godrà della protezione d’Heinrich Büllinger, successore di Zwingli vicinissimo all’umanesimo di Pico e Ficino, e svilupperà una critica – radicale come soltanto possono farla gli italiani, impregnati di neoplatonismo e frustrati dall’esteriorità mondana di molto cattolicesimo rinascimentale – di ogni dogma, sia esso romano, luterano, calvinista; applicando la critica di Valla a quello cristologico, accogliendo la lezione di Serveto su quello trinitario, e continuando l’impulso di Valdés ad una religione tutta spirituale, in scritti sparsi e conversazioni, Lelio Socini afferma che il cristianesimo salva solo se s’intende esclusivamente come codice etico, rivelato da un Cristo mero uomo, e che nulla di contrario alla ragione può trovarsi nelle Sacre Scritture. Sistematizzato e diffuso dalla Polonia in tutta Europa dal nipote Fausto, il socinianesimo sarà esecrato dalle religioni costituite per la sua carica individualistica di razionalismo demistificatore, rischio effettivo d’ateismo quanto occasione fecondissima di tolleranza.
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