L’ego come antidepressivo
Una critica a Serotonina di Michel Houellebecq
Nel saggio Perché Scrivo? George Orwell si propose di dare alla domanda indicata dal titolo la sua personale risposta, stilando un elenco di quattro motivazioni valide un po’ per tutti gli scrittori: entusiasmo estetico; puro egoismo; impulso storico; fini politici. Nella contemporaneità letteraria questa chiave di lettura può essere usata per osservare l’opera di Michel Houellebecq, la cui scrittura egoica e ossessiva fu percepita come dirompente al suo esordio (Estensione del dominio della lotta, 1994); incisiva in prosieguo di carriera (Le particelle elementari, 1998; La possibilità di un’isola, 2005); poi traballante sotto il suo stesso peso (Sottomissione, 2015); definitivamente in crisi con Serotonina, uscito quest'anno per La nave di Teseo, romanzo tanto carico di aspettative quanto deludente.
Perché Scrivo? George Orwell si propose di dare alla domanda indicata dal titolo la sua personale risposta, stilando un elenco di quattro motivazioni valide un po’ per tutti gli scrittori: entusiasmo estetico; puro egoismo; impulso storico; fini politici
Florent-Claude Labrouste è un agronomo quasi cinquantenne che lavora presso il ministero dell’Agricoltura come consulente esterno e le cui giornate passano «sempre più dolorosamente nell’assenza di fatti tangibili e di mere ragioni di vita». La relazione con Yuzu è ormai agli sgoccioli, e mentre la giovane giapponese preferisce entrare in intimità con uomini, donne, cani, Florent-Claude predilige dialogare con se stesso, magari in compagnia di una bottiglia. La folgorazione gli arriva guardando un documentario in cui si raccontano storie di persone che lasciano da un giorno all’altro lavoro, famiglia e amici: forse basterebbe buttare Yuzu fuori di casa per chiudere e ricominciare, e invece è Florent-Claude che decide di mollare tutto e sparire.
A questa iniziale svolta narrativa corrisponde il lento inabissarsi dell’uomo nel proprio passato per ricordare le donne con cui ha vissuto, e il suo unico amico Aymeric. In questo viaggio lo accompagna il Captorix – nome che richiama alla mente i personaggi di un certo villaggio gallico –, antidepressivo sperimentale che aumenta i livelli di serotonina a scapito della libido. A Florent-Claude non interessa preservare il proprio desiderio sessuale, bensì fare il bilancio di una vita che sente già in fase terminale, e a cui lui stesso deciderà di apporre, al termine del romanzo, la chiosa finale.
La maggior parte dei moribondi […] organizza una specie di cerimoniale intorno al proprio trapasso; vogliono rivedere un'ultima volta le persone che hanno avuto un ruolo nella loro vita, e vogliono parlarci un'ultima volta, per un lasso di tempo variabile. […] Nello stesso modo, stavo probabilmente cercando, su scala più ridotta ma che poteva fungere da allenamento, di organizzare un minicerimoniale di addio intorno alla mia libido, o, per parlare più concretamente, intorno al mio cazzo nel momento in cui segnalava di essere in procinto di smobilitare; volevo rivedere tutte le donne che lo avevano onorato, che lo avevano amato a modo loro. Nel mio caso, i due cerimoniali, quello piccolo e quello grande, sarebbero stati comunque identici, nella mia vita le amicizie maschili avevano contato poco, in fondo c’era stato solo Aymeric.
La scrittura di Houellebecq è ariosa e scorre veloce come il meccanismo di un macchinario appena oliato; nonostante ciò si addica molto alla dimensione ampia del romanzo, non sempre risulta efficace. In Serotonina l’«entusiasmo estetico» di cui parla Orwell si concretizza in una prosa piena di tic e ripetizioni atta a definire caratterialmente un narratore puntiglioso fino all’eccesso: ecco allora spiegato l’uso abbondante delle parentesi, degli incisi esplicativi di cui si farebbe volentieri a meno e la frequente citazione di marchi (prodotti, macchine), come se fosse davvero importante nominare l’acqua minerale Volvic o il caffè Malongo. Il problema è dunque che, al netto delle esigenze stilistiche, la prosa in Serotonina è tanto ariosa quanto a tratti inconsistente, con molti segmenti vuoti di senso, persino inutili: se il romanzo fosse stato lungo la metà, quindi sulle centocinquanta pagine e qualcosa, forse sarebbe stato più apprezzabile.
Per ciò che concerne il «puro egoismo» e l’«impulso storico», non c’è molto da dire: siamo nel campo di competenza di Houellebecq fin dal suo primo romanzo. Narratore dell’Io per eccellenza, l’autore francese si riconosce per il nichilismo esistenziale con cui ha sempre vestito i suoi avatar, e Florent-Claude non è da meno: quasi stessa età, stessa professione (anche Houellebecq possiede il titolo di agronomo), stessa tragica lucidità venata di sarcasmo – strumento indispensabile per riuscire a sopravvivere nel mondo reale, un mondo in lotta perenne abitato da animali più che da uomini, in cui il desiderio di intrecciare sane relazioni si scontra con il recondito terrore di sentirsi vulnerabili e nudi di fronte agli altri, finendo per accrescere il proprio senso di nullità e fallimento, oltre che di frustrazione.
Erano passate da poco le cinque quando riattaccai dopo aver parlato con Claire, avevo tre ore da ammazzare prima della cena. Quasi subito, nel giro di pochi minuti, cominciai a chiedermi se quell'incontro fosse davvero una buona idea. Era chiaro che non ne sarebbe venuto nulla di positivo, il suo unico risultato sarebbe stato risvegliare quei sensi di delusione e amarezza che, dopo una ventina d'anni, eravamo più o meno riusciti a scansare. Che la vita sia amara e deludente lo sapevamo bene entrambi, era proprio necessario pagare un taxi e un conto di ristorante per ottenere un'ulteriore conferma?
«Nessun libro è autenticamente privo di orientamento politico», scrive Orwell; in Serotonina ciò si oggettiva in un’osservazione delle relazioni tra lotta di classe e settore agricolo francese, forse la dimensione narrativa più interessante nel romanzo. I mutamenti subiti dall'agricoltura e dall’allevamento fanno da sfondo ai ricordi raccontati da Florent-Claude, mentre chi li incarna davvero è l’amico Aymeric, membro di un’antica casata aristocratica francese che si mette a fare l’agricoltore e abbraccia la causa degli allevatori nel delicato momento di scontro con le istituzioni per le quote-latte. Com’è successo di recente in Sardegna, anche in Serotonina gli allevatori decideranno di buttare il latte per terra in segno di protesta, arrivando a incendiare una macchina dopo aver bloccato una strada, e a scontrarsi fisicamente con i CRS, i celerini francesi.
Col filtro houellebecquiano si osserva il mondo sociale occidentale in modo talmente disincantato e cinico da farci sentire meno soli, mentre l'individuale disillusione nei confronti della realtà è avvalorata dall'impossibilità di realizzarsi attraverso l'unico baluardo in difesa della propria felicità: l'amore. Il carattere consolatorio e il tema della relazione di coppia sono sempre presenti nei romanzi dell'autore francese, ma in Serotonina sono sviluppati con meno incisività, facendo sì che il lettore percepisca il personaggio principale – ora in cerca di redenzione, ora di autocommiserazione –, come una figura tediosa e patetica.
Narratore dell’Io per eccellenza, l’autore francese si riconosce per il nichilismo esistenziale con cui ha sempre vestito i suoi avatar, e Florent-Claude non è da meno
Se Serotonina fosse il primo romanzo di Houellebecq lo elogeremmo; peccato non lo sia, e che non aggiunga niente rispetto a quello che l’autore ha già scritto con molta più pregnanza nei romanzi precedenti. Alla luce di ciò Serotonina è purtroppo un libro inutile, e dispiace che un autore così intelligente non riesca a rinnovarsi. Forse, come afferma Pierluigi Pellini nella sua recensione su Alias (uscita poi su Le parole e le cose), «quasi tutto quel che aveva da dire sul mondo, Michel Houellebecq l’ha scritto nel suo primo romanzo»; ma nella speranza che l’autore francese non si perda definitivamente, poiché sarebbe davvero un peccato per il mondo letterario contemporaneo, non ci resta che rimanere in attesa che questo calo d’ispirazione si esaurisca, e speriamo accada presto.
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