L'Eco del Nulla N.1 - Nuovi inizi

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Il lavoro culturale di Leonardo Zanobetti
Del perché la cultura è la più grande risorsa dell’Italia, e del come evitare di sprecarla
Una rivoluzione in cerca di autore di Alessandro Compagno
Il racconto delle proteste e della frattura politica nel Venezuela post-chavista
Il futuro presente di Simone Donati
Storia della rottamazione da Roosevelt a Renzi
Il canto del cigno russo di Francesco Balgo
La situazione ucraina e le mosse del Cremlino

Poeta Novus di Gioele Lacerenza
Catullo e la dignità delle sciocchezze
L’invenzione del Rinascimento di Vanni Veronesi
Il carattere universale dell’Umanesimo di Francesco Petrarca
La letteratura calza i suoi spazi di Lorenzo Masetti
Il Novecento letterario in una nuova equazione fra vita e scrittura
La conquista del West di Tommaso Barsotti
La resistenza di penna di Pavese e lo sbarco dell’America moderna in Italia

La profondità del tempo di Emanuele Giusti
La nuova scoperta della storia nella ricerca della verità documentaria

Les auteurs di Antonio Costa
Truffaut, Resnais e i significati dello sguardo
Ho provato un film francese e mi è piaciuto di Carlo Loforti
Il paradosso Clouzot di Luca Galasso
Storia di un’innovazione mai avvenuta
Il cinema è morto! Lunga vita al cinema! di Andrea Caciagli
Intervista al grande regista britannico Peter Greenaway

Ragione e Rivoluzione di Niccolò Sbolci
La rivoluzione permanente nella dialettica hegeliana
Il dolore del Si di Martina Lo Mauro
L’incontro di Heidegger e Sciascia nel regno dell’autentico

E tanto altro ancora, con illustrazioni di Andrea Barattin, Silvia Rizzo, Francesca Maetzke, Katarzyna Pacholik, Lorenzo Fabriani e fotografie di Anna Sanesi e Anita Scianò

L'Editoriale di Lorenzo Masetti
«Nuovi inizi» è il fil rouge che lega le pagine di questo primo numero; ovvero le esigenze, le pretese e le tensioni, sempre necessariamente rinnovate, di chi in qualche luogo, in qualche tempo ha percepito una fine e concepito un inizio. Questo il vero motore della storia: il farsi e il disfarsi di una necessità, la sua soddisfazione nel segno di un progresso. Ma l’esaurimento di ogni tensione diventa la premessa inevitabile di altre rivoluzioni, di altre forze che nell’atto di scaricarsi spodestano, negandoli (con più o meno violenza), i risultati sempre insufficienti di quelle precedenti. Come scrive Niccolò Sbolci nel suo articolo Ragione e rivoluzione, applicando la dialettica hegeliana agli eventi della Rivoluzione Francese, «così come lo scoppio della rivoluzione, nel suo avvenire, aveva permesso il superamento della vecchia monarchia nella nuova dimensione ‘rivoluzionata’, così essa era inevitabilmente deperita da sintesi dei momenti precedenti a momento nuovamente negabile».
Ogni buona rivoluzione (ossia, ogni rivoluzione i cui fautori riescano a morire di vecchiaia), come ogni novità che aspiri ad essere altro da vuota stramberia, non può prescindere dal proprio passato, poiché è questo stesso, in un incosciente atto suicida, a fornire gli strumenti, a porre le condizioni, a suggerire le parole per farsi comprendere e superare. Già nel mondo latino, così osserva Gioele Lacerenza in Poeta Novus, ‘novità’ non significava un sasso lanciato brutalmente oltre il presente (gesto atroce che rivela l’esistenza di uomini disposti a dimenticare perché convinti di avere in tasca capacità adamitiche di riformulazione), bensì un colto «rifarsi a ciò che accomunava col passato, e dare nuove sfumature a colori ormai sbiaditi». In questo senso l’innovazione, parola facile, deve intendersi come un consapevole ritorno sui propri passi, un viaggio (per usare le parole di Proust) intento non a ricercare «nuovi paesaggi», ma ad avere «occhi nuovi» – i veri luoghi inesplorati – con cui osservarli; gli occhi giusti per capire, imparare e rielaborare affidandosi all’intelligenza della propria soggettività. Lì può calcarsi – su quelle pupille coscienti e non fuori, dove stanno stupide cose che non sanno di essere viste – l’impronta autentica e originale di una vera novità.
Questa la riflessione emersa spontaneamente in molti degli articoli presenti sul primo numero di questo giornale (il quale, a tal punto stregato dal fascino dei nuovi inizi, avrà la particolarità di tenerne sempre due: uno sul fronte e uno sul retro, a seconda di come si leggerà). Passato e presente convivono qui nello stesso entusiasmo per la scoperta speleologica; nel segno quindi di una novità, sì, ma con pareti di roccia e profondità ancestrali. La storia è un immenso giacimento che merita di essere mescolato con qualunque ingrediente ed esplorato con qualunque mezzo.

«Non cesseremo l’esplorazione. E alla fine di tutto il nostro andare arriveremo nel luogo da cui siamo partiti, e lo conosceremo per la prima volta». T.S. Eliot, Quattro quartetti

 

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