Le libertà riviste
La libertà di espressione nell'editoria indipendente e l'esperienza di Firenze RiVista
Quelle di stampa e di espressione sono libertà scivolose, con interpretazioni spesso ambigue e confini sbiaditi. Basti pensare in tempi recenti alle modalità diametralmente opposte con cui l’Italia è entrata in rapporto con la rivista satirica francese Charlie Hebdo, prima paladina della libertà dopo l’attacco terroristico del 7 gennaio 2015 poi fonte di trasversale e nazionale indignazione nel settembre 2016, dopo la vignetta Sisma all’italiana: penne sauce tomate, penne gratinées, lasagnes pubblicata a proposito del terremoto di Amatrice per cui lo stesso Comune ha depositato una denuncia per diffamazione aggravata. Nella nostra Costituzione, tanto chiacchierata negli ultimi mesi di campagna referendaria, le due libertà vanno di pari passo nell’Art. 21, che recita:
Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.
La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure.
Nell’epoca della digitalizzazione e della democratizzazione della scrittura dovuta all’esplosione del web – blog, siti internet – il ruolo delle riviste indipendenti diventa molto più complicato e allo stesso tempo, per la diffusione capillare delle informazioni, di maggiore responsabilità.
Nel 2014, in una TED Talk a Berlino, i due statistici svedesi Hans e Ola Rosling presentavano l’intervento How not to be ignorant about the world (con sottotitoli in italiano qui), un’illustrazione dell’Ignorance Project della Gapminder Foundation che padre e figlio dirigono. Addentrandosi in una serie di statistiche basate su 3 domande sociali di carattere generale – quanto è cambiato il numero di morti per disastro naturale nell’ultimo secolo, quanto tempo hanno passato a scuola in media le donne di 30 anni, quanto è cambiata la quantità di persone in stato di estrema povertà negli ultimi 20 anni – dimostravano la scarsa conoscenza del cittadino medio a proposito dei fatti avvenuti nel mondo. Soltanto il 18-32% del pubblico in sala aveva indovinato le risposte: una media alta rispetto al pubblico svedese, che si attestava sull’8-12% di risposte esatte, e a quello americano, fermo tra il 5 e il 24%, ma sempre inferiore a quello degli scimpanzé, al 33% di media raggiunto con risposte casuali. Com’è possibile che gli scimpanzé abbiano battuto la razionalità umana? E soprattutto, quanti giornalisti ci sono in questa fetta di pubblico?
Nell’epoca della digitalizzazione e della democratizzazione della scrittura il ruolo delle riviste indipendenti diventa molto più complicato e allo stesso tempo, per la diffusione capillare delle informazioni, di maggiore responsabilità
Alla pubblicazione di questi test il commento di un utente ha colpito gli statistici svedesi: «Scommetto che nessun membro dei media ha passato il test». L’utente aveva ragione. La Gapminder Foundation se n’è resa conto ponendo alla stampa la semplice domanda: quale percentuale di bambini di un anno di età sono vaccinati contro il morbillo? La risposta corretta – l’80% dei bambini nel mondo – è stata segnalata dal 20% dei media USA e addirittura dal 6% dei media dell’Unione Europea. Cosa dimostra tutto questo? Che il problema non è che le persone non leggono o non ascoltano i mezzi di informazione, ma che sono gli stessi mezzi di informazione a non avere le risposte. Queste responsabilità ricadono sì sui grandi media, che compongono un’ampia fetta della statistica di Gapminder, ma ancor di più sulle realtà indipendenti, come quelle che compongono il circuito di Firenze RiVista (organizzatore dell’omonimo festival culturale) di cui L’Eco del Nulla fa parte.
L’Art. 19 della Dichiarazione universale dei diritti umani afferma che:
Ogni individuo ha diritto alla libertà di opinione e di espressione incluso il diritto di non essere molestato per la propria opinione e quello di cercare, ricevere e diffondere informazioni e idee attraverso ogni mezzo e senza riguardo a frontiere.
Nel momento in cui il diritto di esprimersi è di tutti, sarà di tutti anche il diritto di sostenere personali opinioni senza interferenze. Enorme potere ed enormi responsabilità, perché nell’era della post-verità che la Brexit nel Regno Unito e l’elezione di Donald Trump negli USA hanno esposto, il mondo dell’informazione giornalistica e culturale è chiamato a farsi carico della distinzione tra opinione e informazione. Francis Fukuyama, autore del famoso saggio sulla fine della storia e oggi professore a Stanford, sottolinea un punto importante: «Questa società della post-verità è il riflesso di un qualcosa di più profondo, ovvero la mancanza di autorità o il declino dell’autorità delle istituzioni a livello globale». E se il declino delle istituzioni è un contributo importante dell’era informatica verso un’apertura democratica alla qualità dei contributi, il declino dell’autorità (laddove l’autorità è conseguenza diretta della competenza) è una deriva pericolosa che il nostro tempo deve assolutamente evitare. Firenze RiVista è un circuito eterogeneo che comprende riviste di narrativa breve, di cultura e società, di approfondimento, e spesso l’etichetta di ‘indipendenti’ svia dal lavoro che le stesse riviste fanno. È diffusa l’idea che indipendente sia sinonimo di amatoriale, che l’accessibilità alla collaborazione – digitale o cartacea – corrisponda ad una leggerezza nella creazione e nella pubblicazione dei contenuti, ad un lavoro senza filtro: non è e non deve essere così.
È diffusa l’idea che indipendente sia sinonimo di amatoriale, che l’accessibilità alla collaborazione – digitale o cartacea – corrisponda ad una leggerezza nella creazione e nella pubblicazione dei contenuti, ad un lavoro senza filtro: non è e non deve essere così
Nelle riviste di narrativa breve uno dei ruoli più importanti è quello dell’editor: non un semplice correttore di bozze ma una figura di competenza editoriale che lavora a stretto contatto con l’autore per affinare il racconto e modellare la forma finale per la pubblicazione. Nelle riviste di approfondimento più generale è altrettanto importante il lavoro di revisione e fact-checking degli articoli, che permette al pezzo di essere redatto nella forma migliore e senza inesattezze. È un lavoro costante e instancabile che le redazioni compiono quotidianamente per far sì che il prodotto finale, l’articolo o il racconto che leggeremo, sia nella sua forma migliore. Di questo lavoro ce n’è e ce ne sarà sempre bisogno, perché è proprio questa attività editoriale che marca la differenza tra l’autoproduzione (intesa come produzione del singolo autore) e il processo editoriale dei grandi media, tra il blog personale di opinione e l’informazione strutturata. Un ruolo di passaggio e al contempo una linea di demarcazione sottile, sbiadita come i confini tra la libertà di espressione e di stampa e le pubblicazioni che, se percepite come «manifestazioni contrarie al buon costume», sono vietate da quell’Art. 21 che quelle stesse libertà le istituisce.
Nell’intervento alla TED Talk di Berlino, Hans Rosling dice una cosa fondamentale: «The first thing to do to think about the future is to know about the present». Le riviste hanno sempre avuto un ruolo fondamentale nella difesa della libertà di espressione e nella creazione di spazi in cui questa libertà potesse esprimersi, ma sempre più il presente chiede che questa libertà venga utilizzata con responsabilità. Per guardare con maggiore consapevolezza al futuro c’è bisogno che queste realtà culturali de-istituzionalizzate si ritaglino uno spazio, seppure a margine, in modo da diventare una risorsa e un’opportunità in più, e per farlo c’è la necessità di tornare a considerare fondamentale – da produttori da un lato e da fruitori dall’altro – il concetto di autorità come sinonimo di competenza: l’unico vero metro che può definire la qualità di un’offerta culturale.
Dall'intervento in rappresentanza del circuito Firenze RiVista a I fili del discorso, evento Unesco tenutosi il 10 dicembre al Polo Universitario di Prato in occasione della giornata mondiale per i diritti umani
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