L'arbitro di Paolo Zucca

con Stefano Accorsi, Geppi Cucciari, Jacopo Cullin, Benito Urgu, Francesco Pannofino

Nella polvere dei campionati dilettantistici sardi di terza divisione si dipanano le rivalità (non solo calcistiche) tra i due paesi confinanti Montecrastu e Pabarile. I primi comandano altezzosamente la classifica, mentre i secondi, ripetutamente umiliati, sono ultimi e ancora a secco di punti al termine del girone di andata. Il ritorno in paese del fuoriclasse argentino Matzutzi (Jacopo Cullin), figlio di un compaesano emigrato, cambierà le sorti della squadra innescando un’improbabile risalita fino alla testa della classifica a muso duro contro gli odiati rivali e una stravagante storia d’amore con la figlia (Geppi Cucciari) dell’allenatore cieco (Benito Urgu). Parallelamente, l’ambizione dell’arbitro Cruciani, detto “Il Principe” (Stefano Accorsi), che, ormai a un passo dal guadagnarsi il prestigioso e meritato fischietto della finale europea dopo una stagione brillante, viene in un battito di ciglia deferito per corruzione negli inferi di terza divisione, proprio laddove si scontrano nel match decisivo Pabarile e Montecrastu su quello stesso campo in cui al contempo si consumeranno gli ultimi dissapori di una faida familiare e la violenza sconsiderata di una folla impazzita.

Distribuito da Lucky Red e tratto dal cortometraggio omonimo dello stesso regista sardo, allora vincitore del David di Donatello e del Premio Speciale della Giuria nel prestigioso Festival di Clermont-Ferrand, L’Arbitro ha aperto le Giornate degli Autori nell’ambito della 70° Mostra del Cinema di Venezia. Esordio convincente quello di Paolo Zucca che non tradisce le aspettative di una gavetta di altissimo livello. Diceva di lui qualche anno fa Gabriele Salvatores in merito al cortometraggio Cuore di Clown all’interno del progetto “perFiducia”: «Il regista ha una ricerca visiva, una capacità di comporre l’immagine vicina a certi maestri di cinema […] Zucca è sicuramente pronto».
In linea a una tale sensibilità l’incantevole bianco e nero colora la messa in scena a tinte visionarie ed epiche nel chiaro intento di astrazione della storia. Perfettamente riuscito il gioco di commistione di toni e generi nel quale il grottesco fa da padrone, abilmente imperniato su di un’elegante raffinatezza formale. Molte le suggestioni e le influenze, per lo più dichiarate e non soltanto cinematografiche, da Sergio Leone a Ciprì e Maresco e ancora Osvaldo Soriano, altre comunque facilmente riscontrabili (Fellini e persino Pasolini).

Già all’esordio padrone di una materia in cui riesce a muoversi con disinvoltura, il regista lascia non di rado allo spettatore il gusto deciso di sequenze ascrivibili a un cinema d’alto livello come per esempio quella della parodia dell’ultima cena o della crocifissione della pecora sugli spalti. Probabilmente il film patisce le sofferenze, rimanendone in parte vittima impoverita, dell’operazione di gonfiaggio di un cortometraggio riuscitissimo che aveva già espresso al meglio nella sua densità e compiutezza tutta la propria potenza simbolica che qui, invece, forse a tratti collassa, annacquata dalle sotto-trame di contorno.
«Il calcio che io cerco di raccontare è un universo metaforico fuori dal tempo, assolutamente slegato dalla contemporaneità e dalle sue implicazioni sociologiche. La violenza dei tifosi che cercano di impiccare l’arbitro nel mio corto […] è una violenza primordiale simbolica, quasi metafisica», confessava Zucca.

Bravi nelle loro inedite interpretazioni i vari Accorsi e Cucciari, ben diretti, così come tutti gli altri attori e come tutti i volti rudi che compartecipano a una costruzione di più ampio respiro, che sa mettere da parte all’occorrenza, come nelle migliori squadre di calcio, le individualità per lasciar spazio al collettivo; quella folla incosciente che spesso non perdona e che governa sul terreno in cui «l’animalesco e il divino» s’incontrano e in cui sono espressi i verdetti su due ladroni come altri. Pronta a mettere ora in croce, ora a osannare.

 

«Non disperi, uno dei due ladroni fu salvato.
Non s’illuda, l’altro fu dannato»


ITA-ARG 2013 – Comm. 90' ***


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