La crociata di Louis Garrel
con Louis Garrel, Laetitia Casta, Joseph Engel, Julia Boème, Ilinka Lony, Lionel Dray, Clémence Jeanguillaume
Presentato in anteprima alla 74esima edizione del festival di Cannes, La crociata segna il ritorno di Louis Garrel dietro la macchina da presa a sette anni dall’esordio Due amici (2015) e a quattro dall’uscita de L’uomo fedele (2018) per raccontare una storia familiare che abbraccia il nostro presente guardando con gli occhi dei giovani di oggi al disastro ecologico verso cui il pianeta si sta muovendo. Nel suo terzo lungometraggio, Garrel non abbandona le vesti di attore, scegliendo di ricoprire il ruolo del padre protagonista al fianco della madre interpretata da Laetitia Casta (ricreando così sullo schermo la coppia che i due formano anche nella vita) e dal figlio interpretato da Joseph Engel, entrambi già diretti ne L’uomo fedele .
A Parigi, la tranquilla routine borghese di Abel (L. Garrel) e Marianne (L. Casta) viene messa sottosopra dalla scoperta che il figlio Joseph (J. Engel), senza il loro permesso, ha venduto alcuni oggetti di proprietà della famiglia. Non solo il suo monopattino, ma il vestito di Dior e i gioielli di Marianne, il giubbotto e la collezione di orologi di Abel, i libri antichi e le preziose bottiglie di vino di famiglia. Messo alle strette dai genitori, Joseph confessa che la vendita degli oggetti fa parte di un’enorme colletta fatta da ragazzi di tutto il mondo per far fronte alla catastrofe ecologica di cui gli adulti di tutto il mondo si stanno disinteressando e che minaccia il loro futuro. Abel e Marianne restano sconvolti dal racconto di Joseph, ma sono costretti ad ascoltarlo quando si rendono conto che ha un piano preciso.
La crociata è una commedia agile e scattante che in poco più di un’ora racconta la criticità del mondo che abitiamo, le ansie delle giovani generazioni e il conflitto generazionale tra genitori e figli. Per quanto le premesse presentino il film come una favola ingenua, è tutt’altro che ingenuo il modo in cui la racconta il regista e autore francese – co-sceneggiatore del film insieme al leggendario Jean-Claude Carrière, che fu collaboratore assiduo di Buñuel (Il fascino discreto della borghesia, Il fantasma della libertà, Quell’oscuro oggetto del desiderio) e di Jacques Deray, Marco Ferreri, Andrzej Wajda, Miloš Forman e dello stesso Garrel per L’uomo fedele prima di scomparire nel febbraio del 2021. Di Carrière l’idea dell’incipit fulminante, accolta prima con scetticismo dal regista a cui «sembrava fantascienza, una questione da adulti imposta ai più giovani» e poi abbracciata con entusiasmo dopo le manifestazioni ecologiche di giovani e giovanissimi viste negli ultimi anni. «Gli ho chiesto di scrivere un personaggio molto cretino perché potessi interpretarlo», ha raccontato in un’intervista a ComingSoon durante la presentazione del film alla Festa del Cinema di Roma, nella sezione Alice nella città. «Mi diceva sempre Jean-Claude, che con la commedia si aprono molte più porte».
La crociata è attuale, intelligente, onesto, un film che parla non ai ragazzi, ma con i ragazzi
Nel parlare di questa commedia, il regista francese ha più volte messo l’accento su quanto fosse pensato per le giovani generazioni; non tanto perché sia un film per ragazzi, ma perché è fatto per aprire un dialogo tra generazioni e metterle in comunicazione. La crociata è attuale, intelligente, onesto, un film che parla non ai ragazzi, ma con i ragazzi. È didattico senza essere retorico, autoironico nel modo in cui mette alla berlina un’intera generazione cercando di parlare a tutti i più grandi, perché il cretino di Garrel non è più cretino di ogni adulto che ignora i danni che l’uomo sta causando al pianeta e quanto questi metteranno in pericolo il futuro dei propri figli e nipoti. Joseph questo lo dice con una risolutezza che colpisce, quando rimprovera ai genitori di pensare solo a se stessi e non a lui, perché loro il futuro ce l’hanno ma è a lui che lo stanno togliendo. E poi, quando il padre gli chiede il perché di tutta questa fretta nell’attuare il loro piano, Joseph risponde che bisogna farlo prima di invecchiare, prima di diventare adulti e abitudinari, paralizzati dalla propria indifferenza. Bisogna fare in fretta perché presto saremo come voi, dice ai genitori, ribaltando lo stereotipo sociale dell’età adulta: non più la maturità, ma una sorta di malattia degenerativa, un virus che prima o poi colpisce tutti e che condanna all’ignavia.
A guardarli, preoccupano un po’ questi ragazzi così piccoli e così coscienti di loro stessi, quasi inquietanti nella consapevolezza con cui parlano, agiscono, fumano, si approcciano al sesso e all’amore, nella lucidità con cui vogliono prendersi il loro futuro. Come una versione ribaltata dei bambini nichilisti di Favolacce o di quelli feroci raccontati da Haneke ne Il nastro bianco, i figli di Garrel agiscono collettivamente per uno scopo positivo che però richiede scelte altrettanto violente. Vendere oggetti, lasciare famiglie, persino uccidere i propri genitori. Di grande impatto la sequenza del pranzo in casa con Joseph e la famiglia di Lucie in cui i ragazzi si intromettono nel discorso “da adulti” discutendo l’emergenza climatica in modo molto più razionale dei propri genitori, proponendo diverse soluzioni, tanto nitide quanto drastiche. In una di queste, i ragazzi – in una versione più violenta rispetto alla serie britannica Utopia, in cui si teorizzava una lotta all’esubero di nascite attraverso un gene che causasse sterilità diffusa – si propongono di combattere la sovrappopolazione in modo semplice: «bisogna eliminare un adulto su due».
Louis Garrel dirige La crociata con uno stile sobrio e lineare che va di pari passo con l’eleganza della fotografia di Julien Poupard e della scenografia di Mila Préli
Questa frase così lucida e spietata tormenta Abel, che dopo essere stato allontanato di casa dalla moglie si ritrova in un bar a bere e vede il figlio che lo mette spalle al muro e gli punta una pistola contro, sul punto di freddarlo come in un’esecuzione da guerra civile. È una delle scene che rimarranno, per la sua semplicità e per la precisione con cui apre la ferita del divario tra due generazioni, per la freddezza con cui immagina un incubo. È l’unica incursione onirica di Garrel, che dirige La crociata con uno stile sobrio e lineare che va di pari passo con l’eleganza della fotografia di Julien Poupard (I miserabili) e della scenografia di Mila Préli. La pulizia della messinscena – se vogliamo dimenticare la sequenza un po’ meno curata di Marianne che cerca Abel per una Parigi deserta – rende ancora più forte e compatto il discorso del film, complice la sua brevità, avvicinando la questione come ogni adulto intelligente farebbe: prima con scetticismo e ironia, poi con dialogo, e alla fine accogliendo le proposte che la nuova generazione ha diritto di esigere.
Tutto questo La crociata lo fa nel solco della commedia, con battute secche e guizzi brillanti (il salotto della famiglia africana in cui si replica la situazione iniziale del film), sequenze fiabesche (la pianta notturna con le reti idriche per rendere fertile l’Africa) e poi adulti presi in giro, autisti dalla battuta complice, discussioni familiari, poliziotti scettici e comitati di ragazzi che somigliano a (e in effetti sono) giovanili di un partito rivoluzionario. Da questa rivoluzione Joseph rischia di essere escluso, perché ha reso partecipi i genitori Abel e Marianne – un divertente Garrel e una dolce Laetitia Casta straordinariamente in parte – del piano del comitato, ma è in questa condivisione che il film intravede una speranza per il futuro. Il finale con Marianne che guarda l’azzurro, oltre le dune del deserto africano, sono le ultime parole di una favola realistica che ci spinge a lottare e a pensare più in grande, con quella potenza immaginativa che soltanto il cinema e l’infanzia possono avere.
«Bisogna fare in fretta»
«Perché in fretta?»
«Perché presto saremo come voi. Abitudinari, paralizzati.
Per questo bisogna agire subito»
FRA 2021 – Comm. 67’ ★★★
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