La cialtroneria al potere

La crisi del Covid-19 ha dimostrato che l'Italia non è un grande paese e Giuseppe Conte non è un grande premier

Correva l’anno 2019 ed era la bella estate del governo gialloverde, quando il virus non c’era, la vita era più facile e si potevano mangiare anche le fragole. Mentre Capitan Salvini chiudeva porti e chiedeva pieni poteri in mezzo a tette e culi, l’allora ministro del lavoro altrui Gigi Di Maio inventava il ‘mandato zero’ entrando definitivamente nella storia. L’incanto si ruppe il 20 agosto 2019, quando il professor dottor Giuseppe Conte spiegò al Parlamento e all’Italia tutta di essere stato per un anno Premier a sua insaputa: in un discorso di fuoco che segnò la fine dell’alleanza Lega-M5S, l’Avvocato degli Italiani denunciò il terribile operato del Ministro degli Interni, suscitando la commozione della sinistra e gli applausi di un’intera categoria di giornalisti già pronti a servire il futuro esecutivo giallo-rosso. Domanda: ma Conte non era stato il capo di Salvini in quanto Presidente del Consiglio dei Ministri? E in quanto tale non aveva firmato gli infami decreti sicurezza? Certo che sì, ma nessuno ci fece caso: così, il 20 agosto terminò in gloria la vicenda del bruco Conte 1 che, dopo quindici giorni da crisalide, il 5 settembre si trasformò nella farfalla Conte 2, finalmente libera di volare sulle speranze del Partito Democratico, già ribattezzato «partito di Bibbiano» dai suoi nuovi alleati.

A un anno e mezzo da quegli avvenimenti, in piena pandemia, l’Avvocato degli Italiani è diventato più potente di tutti i suoi predecessori messi assieme. La nostra esistenza è ormai scandita dai suoi dpcm, puntualmente spifferati dai quotidiani con giorni e giorni d’anticipo: che queste «fughe di notizie» siano pianificate dalla stessa Presidenza del Consiglio dei Ministri (chiedere a Rocco Casalino), così da testare lo stomaco degli Italiani prima dell’ufficialità, è ormai opinione comune, né ci vuole un detective per intuirlo. Ma a Conte, ormai, si perdona tutto: dalla strumentalizzazione del caso Thyssenkrupp, nei giorni drammatici della Sea Watch, all’attuale silenzio sul caso Regeni, dopo che la magistratura di Roma ha puntato il dito contro gli apparati di sicurezza del governo egiziano; dalla frase eversiva «non possiamo attendere i tempi della giustizia penale», pronunciata il giorno successivo al crollo del Ponte Morandi di Genova, alla solenne idiozia «sovranismo e populismo sono in Costituzione», dichiarata il 26 settembre 2018 alle Nazioni Unite (!); dalle sistematiche menzogne sul «raddoppiamento delle terapie intensive», in realtà mai avvenuto, alla vergognosa condotta sulla questione Philip Morris, la multinazionale del tabacco favorita dal governo mentre l’Italia moriva di Covid-19 (si vedano i numerosi articoli dedicati a questo tema dal Riformista). Ed è solo per pudore che evito qualunque commento sul «modello Italia» per la gestione dell’emergenza sanitaria, visti i 62.626 morti (dato Google News dell’11 dicembre 2020) che ci collocano ai primi posti nel mondo per letalità.
 

A Conte, ormai, si perdona tutto: dalla strumentalizzazione del caso Thyssenkrupp nei giorni della Sea Watch, al silenzio sul caso Regeni, fino alle sistematiche menzogne sul raddoppiamento delle terapie intensive


Forse, quando tutto questo sarà finito, ripercorreremo con orrore l’inerzia del governo sulla creazione della zona rossa ad Alzano e Nembro, le autocertificazioni riscritte ogni settimana, il dibattito sui banchi a rotelle, l’accentramento di poteri nella figura di Domenico Arcuri, la buffonata degli Stati Generali a Villa Pamphili, il cestinamento del Piano Colao, la nomina di quattro diversi commissari per la sanità in Calabria, l’opacità dei processi decisionali, il fallimento dell’app Immuni, le letterine di Conte-Babbo natale ai giovani virgulti italici, l’irreperibilità del vaccino anti-influenzale nelle farmacie e l’indegno balletto sul vaccino anti-Covid, dichiarato «non obbligatorio» per tenere buoni i free-vax, foglia di fico dei no-vax. Dico ‘forse’ perché, secondo Il Fatto Quotidiano, tutto questo è pura strumentalizzazione da parte di noi sorosiani, servi dei poteri forti: nel mondo fatato di Marco Travaglio, Conte è leibnizianamente il migliore dei premier possibili e chi gli si oppone pensa già a un governo Draghi.
Sì, è vero: io vorrei Draghi alla guida del Paese. Non ho alcuna difficoltà ad ammetterlo, perché a differenza della retorica grillarda dell’«uno vale uno», io credo ancora nella competenza e nel merito. Draghi ha salvato l’Euro dal collasso e l’Italia dal precipizio: chiunque dica il contrario non esprime un’opinione, bensì mente, sapendo o non sapendo di farlo. Perché i fatti non sono discutibili, i dati non sono falsificabili e la verità non è contrattabile.

Prendiamo la questione del Mes, su cui tanto si dibatte nella maggioranza. In un mercato che si regge sulla stessa moneta, chi si trova in difficoltà economica può danneggiare tutti; partendo da questo principio elementare, comprensibile a chiunque tranne che a Claudio Borghi, nel settembre 2012 i paesi dell’Euro si sono dotati di un fondo comune, pagato in maniera proporzionale dai vari membri (con Germania primo contributore) e pronto a essere utilizzato dagli stati in crisi finanziaria. L’accesso a questo denaro comporta un programma di risanamento che dev’essere debitamente sorvegliato da Commissione Europea, Banca Centrale Europea e Fondo Monetario Internazionale (la terribile «Troika» odiata dai sovranisti): una condizione ovvia in un sistema comunitario, fondato sul rispetto dei patti, ma anche un’opportunità concreta di uscire dalla crisi grazie all’acquisto illimitato, da parte della Bce, di titoli di stato a breve termine. Il famigerato Meccanismo Europeo di Stabilità, che ha sostituito due fondi precedenti (Fesf e Efsm), non è altro che questo, ma le bugie grillino-sovraniste l’hanno trasformato in uno strumento di morte al servizio dei paesi nordeuropei, pronti a uccidere l’odiata Italia «come è già accaduto per la Grecia», costretta a sanguinarie riforme per placare la sete vampiresca della Germania. Una menzogna, naturalmente: al di là del fatto che al Mes e ai suoi antecedenti hanno avuto accesso anche Portogallo, Irlanda, Spagna e Cipro, tutti con ottimi risultati, gli aiuti europei in realtà hanno salvato lo stato ellenico, come spiega con pazienza infinita Costantino De Blasi, uno dei fondatori dell’associazione Liberi Oltre, in un video che andrebbe imparato a memoria. Un dato su tutti: in questo momento, nonostante il Covid, la Grecia è in crescita economica, mentre noi, in piena recessione, stiamo ancora ad ascoltare Alessandro Di Battista, secondo cui il ricorso all’austerity da parte della Grecia avrebbe addirittura provocato l’aumento della mortalità infantile (43% in più!). In un Paese normale, una sparata di questo genere provocherebbe l’automatica sparizione del suo autore: da noi, dove vale tutto, Di Battista è il punto di riferimento dell’ala grillina che, con 13 deputati e 2 senatori, il 9 dicembre non ha votato la proposta di riforma del Mes, mettendo ancora più in crisi una maggioranza già logorata.
 

Il Mes sarebbe stato pensato per uccidere l’odiata Italia «come è già accaduto per la Grecia», ma gli aiuti europei, che hanno già aiutato Portogallo, Irlanda, Spagna e Cipro, in realtà hanno salvato lo stato ellenico


Prendiamo anche la questione delle pensioni. È un dato di fatto che il numero elevato di anziani e la drammatica carenza di giovani, spesso costretti a emigrare per i noti problemi del nostro mercato del lavoro, rende impossibile mantenere l’attuale sistema pensionistico. Si tratta di una ovvietà nota a tutti gli economisti del mondo dagli anni Novanta, tant’è che gran parte dei paesi occidentali (che pure stanno meglio di noi) ha già avviato politiche di riforme. La legge voluta da Elsa Fornero andava nella direzione giusta, persino con eccessiva timidezza (e a chi tira fuori la questione degli esodati dico di controllare chi in quel momento dirigeva l’Inps), ma la propaganda di Lega, M5S e comunisti rimasti ai tempi di Lenin ha trasformato quel provvedimento in una bestia nera: il risultato è stato Quota 100, obbrobrio del governo Conte 1 che infatti andrà a morire nel dicembre 2021 per palese insostenibilità – per chi volesse saperne di più, è esaustiva questa conferenza sul tema organizzata dalla Ca’ Foscari nell’ottobre 2019.

Ora che il Parlamento ha approvato la riforma del Mes e che Polonia e Ungheria hanno rinunciato al veto sul quadro finanziario settennale legato all’accordo sul Recovery Plan (750 miliardi di euro per la ripresa post-pandemia, alla faccia dei sovranisti che vogliono uscire dall’Ue), l’Italia è chiamata a presentare un serio e articolato programma di spese, investimenti e riforme. Ma per il momento, a Bruxelles e Strasburgo, noi ci presentiamo con il Cash Back, l’app-Io non funzionante, la lotteria degli scontrini e i bonus (monopattino, bici, vacanze, nonni, ristrutturazioni… la fantasia al potere!), oltre a grandi classici quali la nazionalizzazione dell’Ilva (affidata, tanto per cambiare, a Domenico Arcuri, già responsabile di respiratori, mascherine, banchi a rotelle e vaccini) e i sussidi all’immonda Alitalia, fallita già trecento volte. Nessuna traccia di riforma delle pensioni, liberalizzazioni, vendita di patrimonio inutile, riscrittura del mercato del lavoro; si accenna al piano Amaldi per l’aumento dei finanziamenti alla ricerca, ma non c’è alcuna proposta concreta su come attuarlo. Le visioni di lungo periodo sono abolite, perché l’unica cosa che conta è illudere gli italiani e rimanere aggrappati alla poltrona.
 

Nessuna traccia di riforma delle pensioni, liberalizzazioni, vendita di patrimonio inutile, riscrittura del mercato del lavoro: le visioni di lungo periodo sono abolite


E l’opposizione che fa? In data 3 novembre, i leghisti Jacopo Morrone, Alex Bazzaro, Simone Billi, Silvia Covolo, Benedetta Fiorini, Igor Giancarlo Iezzi, Elena Lucchini, Manfredi Potenti, Gianni Tonelli, Vania Valbusa ed Eugenio Zoffili hanno depositato alla Camera dei Deputati una proposta di legge (n° 2766) per il «riconoscimento della canzone Romagna mia quale espressione popolare dei valori fondanti della nascita e dello sviluppo della Repubblica». Un’emergenza nazionale, in effetti: spero che a breve accoglieranno la mia richiesta di salvaguardia della canzone triestina L’omo vespa, incentrata su un «vecio fiol de un can» che con il suo ‘pungiglione’ «sponzèva le culàte drio man».
Ora, possiamo anche riderci sopra e continuare con le battute, come pure ho fatto io, ma purtroppo c’è poco di cui essere allegri. Perché in Italia non si muore solo di Covid, ma anche e soprattutto di cialtroneria, di inadeguatezza delle classi dirigenti, di ignoranza premiata con posti da sottosegretari. Forse è arrivato il momento di farci un esame di coscienza, guardarci dentro e ammettere che no, non siamo affatto un «grande Paese», come si continua a blaterare negli inguardabili talk-show che infettano i canali televisivi; siamo invece una nazione stanca, svilita, destinata a scivolare nel baratro. E spero che non sia troppo tardi per invertire la rotta.


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