Interviste dalla quarantena | Valeria Parrella e Paolo Cognetti

Si faccia una vita interiore. Scrittori, traduttori, giornalisti e musicisti raccontano il loro isolamento

Mentre i giorni della quarantena si accumulavano uno dopo l’altro e cercavo un modo per abitare la mia casa e me stessa senza farmi intimorire da questo tempo circolare, ho pensato spesso a una frase di Cesare Pavese che va bene un po’ per tutto, anche per mandare la gente a quel paese: «Si faccia una vita interiore». La frase intera, in realtà molto dolce, viene da una lettera a Fernanda Pivano, e dice: «Si faccia una vita interiore – di studio, di affetti, d'interessi umani che non siano soltanto di “arrivare”, ma di “essere” – e vedrà che la vita avrà un significato». È probabile che Pavese, andando spesso a trovare la sua amica Natalia Ginzburg a Gressoney, avesse preso in prestito l’espressione dal padre di lei, Giuseppe Levi, che quando i figli si annoiavano in montagna li sgridava tuonando: «Voialtri vi annoiate perché non avete vita interiore». Sia come sia, la questione ci mostra una verità importante: se già normalmente è utile sapersi abitare ed essere in grado di muoversi nella propria topografia interna, figuriamoci quanto può diventarlo chiusi in casa durante una pandemia. Il bello della vita interiore, poi, è che può essere fatta di tante cose, non per forza di studio e di libri ma anche di musica, ricette, motociclette da riparare per tempi migliori, fiori da coltivare, yoga sul balcone. Così è nata l’idea di questa serie di micro interviste a persone che grazie a libri, musica e articoli ci fanno compagnia nelle nostre vite interiori, per andare a scoprire un po’ della loro. Le pubblicheremo due a due, ogni volta una donna e un uomo, per un totale di dieci puntate.

L’ottava coppia è formata da Valeria Parrella e Paolo Cognetti.
Valeria Parrella, scrittrice e drammaturga, vive a Napoli. È laureata in lettere antiche e interprete della lingua dei segni italiana. Ha esordito nel 2003 con Mosca più balena (minimum fax), vincendo il Campiello Opera Prima. Ha pubblicato tre raccolte di racconti e sei romanzi, tra cui Lo spazio bianco (Einaudi) da cui Francesca Comencini ha tratto il film omonimo con Margherita Buy protagonista, e Almarina (sempre Einaudi), attualmente candidato al Premio Strega. È inoltre autrice di diversi testi teatrali. Nel 2011, in apertura della stagione sinfonica al Teatro San Carlo di Napoli, ha firmato il libretto Terra su musica di Luca Francesconi. Da anni si occupa della rubrica dei libri del settimanale Grazia e collabora con La Repubblica. I suoi libri sono tradotti in molte lingue, tra cui l’arabo e l’ebraico.
Paolo Cognetti, scrittore, vive tra Milano e una baita in Valle d’Aosta. Diplomato alla Civica Scuola di Cinema di Milano, ha lavorato a lungo come documentarista e montatore. Ha esordito nel 2004 con Manuale per ragazze di successo (minimum fax). Sono seguite altre raccolte di racconti (tra cui Sofia si veste sempre di nero, sempre minimum fax), un quaderno di montagna, due libri su New York, un libro per ragazzi, un manuale sull’arte di scrivere racconti e la curatela di un’antologia di racconti su New York. Poi è arrivato il suo primo romanzo, Le otto montagne (Einaudi), con cui ha vinto il Premio Strega 2017 e il Prix Médicis étranger. Nel 2017 ha fondato il festival Il richiamo della foresta. Il suo libro più recente è Senza mai arrivare in cima (Einaudi), diario di uno dei suoi viaggi in Nepal. Da Le otto montagne, tradotto in 39 Paesi, sarà presto tratto un film.

 

VALERIA PARRELLA


Dove stai trascorrendo il lockdown? Sei da sola o con qualcuno?
Siamo a Napoli, nella nostra casa, che però è piccola: 90 metri quadri. Sono tre stanze (ma almeno si chiudono tutte le porte!) e siamo riusciti ad avere una stanza a testa. Io mi sono presa il soggiorno, dove c’è un bel lucernario. Mio figlio Andrea ha la sua stanza, che è stata comodissima perché lui ha fatto didattica a distanza. Mio marito Davide è in camera da letto, che ha un soppalco (è un palazzo antico e abbiamo i soffitti a quattro metri e ottantacinque): la parte di sotto ha uno scrittoio e una libreria, è carina, e lui ha lavorato lì. Il quartiere è molto bello, si chiama Bagnoli, ed è quello raccontato da La dismissione di Ermanno Rea (“dismissione” perché una volta c’era l’Italsider). È una zona armonica, dà sul mare. Un mare in cui c’è sempre il sospetto che c’è stata l’Italsider, però è balneabile. In pochi passi si raggiunge Pozzuoli, si vedono Nisida – al centro di Almarina, il romanzo di Valeria nella dozzina (e poi cinquina) dello Strega –, Ischia e Procida. Abbiamo un terrazzo, e ci è stato molto utile, anzi, ci ha salvato la vita: io da anni ci cresco delle piante, Andrea ci ha messo un remoergometro, che è uno strumento per allenarsi.

Stai bene? Come stanno i tuoi cari?
Io sto bene e anche mio marito e mio figlio.

Qual è la cosa che più ti manca del “prima”?
Mi mancano i treni, e gli alberghi, e i ristoranti: mi manca andare.

Qual è la cosa che invece non ti manca?
Non mi manca il tempo.

Puoi dire di aver imparato qualcosa, di te o in generale, in questo periodo di quarantena?
Non ho imparato niente, me la sarei risparmiata volentieri. Le cose che ho desunto da questa quarantena le sapevo già: piove sempre sul bagnato, si salva chi sta bene, chi c’ha una cosa di soldi, chi ha un’attrezzatura intellettuale, gli altri si fottono. Ho paura, abbiamo paura – anche per averle conosciute – della malattia, dell’ospedale e della morte. Ogni volta che si tira il freno si riparte da zero, sempre. Le sapevo già queste cose? Sì. Riesco a stare 60 giorni con la mia famiglia senza litigare con mio marito, senza innervosirmi con mio figlio? Sì. Posso contare su di loro? Sì, però lo sapevo già da prima.

C'è un'abitudine, o un nuovo rito, che hai acquisito?
Nessun nuovo rito. A un certo punto sono dovuta andare a fare ginnastica sul terrazzo perché non andavo più in bagno, e quindi mi sono dovuta muovere, ma a parte questo nulla.

Che cosa mangi quando vuoi farti un piccolo regalo? Se vuoi dacci la ricetta.
Io non sono una mangiona, sono una bevona, perciò quando mi voglio fare un piccolo regalo mi faccio un cocktail. Questo è stato il periodo del margarita, e quindi: succo di lime, tequila, triple sec, e il bicchiere sporco di sale.

Che cosa hai letto o stai leggendo?
Ho letto solo due libri: Il nostro bisogno di consolazione di Stig Dagerman e Le memorie di Adriano di Marguerite Yourcenar, che ho letto benissimo: prendendo annotazioni, andandomi a cercare i vocaboli che non conoscevo, l’ho proprio studiato. Poi ovviamente ho letto tanto per lavoro: recensisco per Grazia, perciò in PDF tutte le uscite.

Che film e serie tv hai visto o stai vedendo?
La serie Afterlife 2. Film non tanti. Ho visto tanti tg, ma non sto molto davanti alla tv, solo la sera. La cosa che ho visto con più regolarità è stata Linea notte, però lo facevo anche prima.

La migliore colazione possibile da fare a casa.
Merendina e caffè.

La migliore colazione possibile da fare al bar e che ti manca.
Sfogliatella frolla e caffè, e un bicchiere d’acqua naturale.

La prima cosa che farai quando si potrà.
La prima cosa che ho fatto quando si è potuto è stato andare di fronte al mare con mio marito e mio figlio di sera, a mettere i piedi nella sabbia.

Una frase che ti tiene compagnia.
Una frase di mia mamma, che una volta mi disse: “Quello che si può fare si fa, e quello che non si può fare non si fa”.

 

PAOLO COGNETTI


Dove stai trascorrendo il lockdown? Sei da solo o con qualcuno?
A Milano, con Federica e Laki (il cane). Siamo stati tutto il tempo a Chinatown, con la sensazione di essere al centro dell'uragano. È molto tranquillo.

Stai bene? Come stanno i tuoi cari?
Bene, tutti bene. Ho due genitori sopra i 75 anni, l'importante è che stiano bene loro.

Qual è la cosa che più ti manca del “prima”?
Gli amici. Io al telefono o sul monitor non ce la faccio. Una cena, una bottiglia di vino, due giorni insieme in montagna.

Qual è la cosa che invece non ti manca?
Gli impegni legati al mio lavoro. Sto benissimo con l'agenda bianca.

Puoi dire di aver imparato qualcosa, di te o in generale, in questo periodo di quarantena?
Sì, che so stare fermo, stare calmo e da qualche parte ho una specie di rifugio antiatomico per le situazioni difficili. L'avevo già sperimentato in montagna. Mi tornerà utile.

C'è un'abitudine, o un nuovo rito, che hai acquisito?
Un quarto d'ora di ginnastica appena sveglio, poi esco una mezz’oretta con Laki. Mi fa sentire molto bene.

Che cosa mangi quando vuoi farti un piccolo regalo? Se vuoi dacci la ricetta.
Un gelato. Era una cosa che non avevo mai fatto. Compro le Coppe del nonno al supermercato.

Che cosa hai letto o stai leggendo?
La dozzina dello Strega, sono in giuria.

Che film e serie tv hai visto o stai vedendo?
Niente, ho un po' un problema con cinema e tv negli ultimi anni. Faccio altro.

La migliore colazione possibile da fare a casa.
Non faccio colazione ma giro la domanda sul miglior drink prima di andare a letto: ora è gin con ghiaccio e un po' d'acqua. In quarantena ho scoperto il gin.

La migliore colazione possibile da fare al bar e che ti manca.
Giro anche questa: la birra alla spina. Una bella Ipa. Una Guinness. Le goccioline sul bicchiere e la spuma. Il bel banco di legno di un bar. Dio mio, come mi manca!

La prima cosa che farai quando si potrà.
Una cena all'aperto con gli amici. E poi: prendere e andarmene in montagna, quando ne ho voglia.

Una frase che ti tiene compagnia.
«Sii rifugio di te stesso»

Aggiungo una domanda. Cosa provi per Valeria?
Le voglio bene. Ci siamo incontrati nel lontano 2004 in una leggendaria antologia di minimum fax, La qualità dell'aria. Lei aveva esordito un po' prima di me e per qualche anno siamo stati i due "scrittori di racconti" della casa editrice, ci associavano spesso per questo, Parrella&Cognetti. Poi ho letto e stimato tutto quello che ha scritto. È senz'altro la mia scrittrice italiana preferita.




"Si faccia una vita interiore" è un ciclo di interviste ideato da Francesca Pellas
Le illustrazioni sono a cura di Arianna Bellucci

www.ariannabellucci.com


Parte della serie Si faccia una vita interiore

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