Interviste dalla quarantena | Silvia Pareschi e Francesco Pacifico
Si faccia una vita interiore. Scrittori, traduttori, giornalisti e musicisti raccontano il loro isolamento
Mentre i giorni della quarantena si accumulavano uno dopo l’altro e cercavo un modo per abitare la mia casa e me stessa senza farmi intimorire da questo tempo circolare, ho pensato spesso a una frase di Cesare Pavese che va bene un po’ per tutto, anche per mandare la gente a quel paese: «Si faccia una vita interiore». La frase intera, in realtà molto dolce, viene da una lettera a Fernanda Pivano, e dice: «Si faccia una vita interiore – di studio, di affetti, d'interessi umani che non siano soltanto di “arrivare”, ma di “essere” – e vedrà che la vita avrà un significato». È probabile che Pavese, andando spesso a trovare la sua amica Natalia Ginzburg a Gressoney, avesse preso in prestito l’espressione dal padre di lei, Giuseppe Levi, che quando i figli si annoiavano in montagna li sgridava tuonando: «Voialtri vi annoiate perché non avete vita interiore». Sia come sia, la questione ci mostra una verità importante: se già normalmente è utile sapersi abitare ed essere in grado di muoversi nella propria topografia interna, figuriamoci quanto può diventarlo chiusi in casa durante una pandemia. Il bello della vita interiore, poi, è che può essere fatta di tante cose, non per forza di studio e di libri ma anche di musica, ricette, motociclette da riparare per tempi migliori, fiori da coltivare, yoga sul balcone. Così è nata l’idea di questa serie di micro interviste a persone che grazie a libri, musica e articoli ci fanno compagnia nelle nostre vite interiori, per andare a scoprire un po’ della loro. Le pubblicheremo due a due, ogni volta una donna e un uomo, per un totale di dieci puntate.
La terza coppia è formata da Silvia Pareschi e Francesco Pacifico.
Silvia è una delle più importanti traduttrici italiane dall’inglese. Si divide tra San Francisco e il lago Maggiore, dov’è cresciuta. È la voce italiana di Jonathan Franzen, Zadie Smith, Denis Johnson, Amy Hempel, Nathan Englander e molti altri. Per la sua traduzione di La generosità della sirena di Denis Johnson ha vinto il premio della Classifica di Qualità della Lettura del Corriere della Sera. Ha da poco ritradotto Il vecchio e il mare di Ernest Hemingway e al momento sta lavorando a The Sundial di Shirley Jackson. Ha scritto un libro: I jeans di Bruce Springsteen e altri sogni americani (Giunti), una collezione di memorie e reportage dagli Stati Uniti.
Francesco, romano, è scrittore e traduttore. Ha esordito nel 2003 con Il caso Vittorio (minimum fax). Ha scritto diversi romanzi: due sono tradotti negli USA (Storia della mia purezza e Class, pubblicati in Italia da Mondadori), l’ultimo è Le donne amate (Rizzoli). Il suo lavoro più recente è il saggio Io e Clarissa Dalloway (Marsilio). Collabora con varie testate, tra cui La Repubblica e il magazine americano n+1. Ha tradotto libri di, tra gli altri, Dave Eggers, Kurt Vonnegut, Rick Moody, Arthur Conan Doyle. Ha fondato la rivista online Il Tascabile e ha un podcast in cui fa lunghe interviste a personaggi che ama: Archivio Pacifico.
SILVIA PARESCHI
Dove stai trascorrendo il lockdown? Sei da sola o con qualcuno?
Sono a casa mia, sul lago Maggiore, da sola. Io abito per metà dell’anno a San Francisco, con mio marito, e per l’altra metà a casa mia in Italia. Questa volta sarei dovuta tornare il 30 marzo, ma poi ho vinto un premio per la mia traduzione di The Largesse of the Sea Maiden di Denis Johnson (La generosità della sirena, Einaudi) e ho deciso di tornare in Italia in anticipo per ritirarlo. Sono partita da San Francisco il 22 febbraio. Il 23 febbraio sono atterrata a Zurigo, dove avevo la coincidenza, ho acceso il telefono e ho visto che la cerimonia di premiazione era stata annullata. Ho bestemmiato molto. Nei giorni seguenti, però, ho capito che è stato meglio così.
Stai bene? Come stanno i tuoi cari?
Ecco, questo è il motivo per cui è stato meglio così. La mia famiglia consiste di me e mia madre, che vive in Italia. Se fossi rimasta bloccata negli Stati Uniti a tempo indeterminato, senza sapere quando avrei potuto rivederla, sarei stata divorata dall’ansia. Comunque lei sta bene, io sto bene e mio marito, laggiù, sta bene. San Francisco, e la California in generale, si sono comportate in maniera esemplare, hanno chiuso tutto prestissimo e a oggi in tutta la città, che ha più di 800.000 abitanti, ci sono meno morti che nel mio paese lombardo di 8000.
Qual è la cosa che più ti manca del “prima”?
La possibilità di viaggiare. Ho cancellato il mio agognato ritiro su un’isola greca per lavorare in pace in mezzo ai fiori di maggio. Il mio ritorno a San Francisco è sospeso fino a chissà quando. Spero di poter andare tre giorni in montagna a giugno come avevo progettato di fare, ma la montagna è in un’altra regione e non so se potrò raggiungerla. In Grecia e in montagna dovevo andarci con mio marito, e ovviamente la possibilità di rivederlo è subordinata alla possibilità di viaggiare.
Qual è la cosa che invece non ti manca?
Mah, sai, il mio è un lavoro solitario, e la mia vita non è cambiata tantissimo rispetto a prima. Paradossalmente, se non ci fosse la questione del marito, ti direi che non mi manca la rottura di scatole di dover prendere un aereo e viaggiare per diecimila ore per andarmene in un paese che, sempre se non fosse per il suddetto marito, non mi piace neanche poi tanto.
Puoi dire di aver imparato qualcosa, di te o in generale, in questo periodo di quarantena?
In realtà lo sapevo già, ma ne ho avuto la conferma: sono molto brava a tenermi compagnia. «Si faccia una vita interiore», quella magnifica frase di Pavese, voglio farmela stampare su una maglietta.
C'è un'abitudine, o un nuovo rito, che hai acquisito?
La meditazione. Tutto è nato con la lettura del bellissimo How to Change Your Mind di Michael Pollan (in italiano Come cambiare la tua mente, Adelphi, traduzione di Isabella Blum), che parla delle sostanze psichedeliche, un mio antico interesse rimasto sempre, purtroppo, puramente accademico. Pollan spiega che la meditazione, se praticata con costanza, può produrre effetti simili a quelli dell’LSD, e visto che l’LSD non è proprio a portata di mano ma la meditazione sì, ho deciso di approfittare della solitudine per impegnarmi a meditare. Pratico yoga da vent’anni, e il mio maestro ha sempre provato ad avvicinarmi alla meditazione, ma io, che in gioventù ho avuto un’orribile esperienza con un gruppo di new agers, mi sono sempre rifiutata. Ora lui è molto contento, ma non so come reagirà quando gli spiegherò il motivo che mi ha finalmente spinta a meditare.
Che cosa mangi quando vuoi farti un piccolo regalo? Se vuoi dacci la ricetta.
Sono una mangiatrice parca, mangio sano ma non cucino niente che richieda più di dieci minuti davanti ai fornelli. In genere non mangio carne, ma siccome ritengo che la flessibilità sia molto importante per la salute fisica e mentale, quando voglio farmi un piccolo regalo mi preparo un bel piatto di spaghetti alla carbonara, che mi viene anche piuttosto bene. La ricetta la conoscete tutti.
Che cosa hai letto o stai leggendo?
Leggo come una forsennata. Stavo passando un periodo di angoscia esistenziale in cui mi guardavo intorno e pensavo che non sarei mai riuscita a leggere tutti i libri che continuavo compulsivamente a comprare. Ora che non esco posso passare tutte le sere a leggere, e in più ho preso l’abitudine di ascoltare audiolibri in ogni momento in cui non sto lavorando o parlando al telefono. Leggo e rileggo classici, tutta Jane Austen e poi Jane Eyre e subito dopo quella meraviglia che è Il grande mare dei Sargassi di Jean Rhys, un ritorno alla Guida galattica per autostoppisti quando avevo bisogno di ridere, un ritorno anche alla deliziosa Shirley Jackson (Lizzie, Abbiamo sempre vissuto nel castello) mentre la stavo traducendo, ottimi italiani come Michele Mari (La stiva e l’abisso) e Sandro Veronesi (Il colibrì)… mi è persino passata l’angoscia esistenziale, ma quello sarà merito della meditazione.
Che film e serie tv hai visto o stai vedendo?
Nulla. Non guardo schermi dopo le 9, mi fa male per l’insonnia. Le serie tv mi interessano poco. Leggo e basta, sono felice così.
La migliore colazione possibile da fare a casa.
Qualunque cosa, basta che ci sia del tè.
La migliore colazione possibile da fare al bar e che ti manca.
Per colazione mangio sempre poco, tè verde e un paio di biscotti. Quello che mi concedo ogni tanto, quando sono negli USA, è un brunch con le uova alla Benedict, un milione di calorie tutte degne di essere assorbite.
La prima cosa che farai quando si potrà.
Quando si potrà (ma soprattutto quando si potrà farlo senza rischi) prenderò quel maledetto aereo e mi farò quelle diecimila ore di volo per andare da mio marito.
Una frase che ti tiene compagnia.
Più o meno ogni giorno adotto una parola, tipo mantra (d’altronde voglio diventare una meditatrice), tipo motto della giornata. Finora la più utile è stata “disinteressatene”.
FRANCESCO PACIFICO
Dove stai trascorrendo il lockdown? Sei da solo o con qualcuno?
A casa mia a Roma, con mia moglie. Sono a Roma Est, un quartiere tranquillo, case di due-tre piani, molto cielo. Noi siamo al piano terra e quindi abbiamo anche un cortiletto, è una situazione fortunata.
Stai bene? Come stanno i tuoi cari?
Sto bene, anche se ho avuto vari problemi ai denti. Pare che con lo stress si incasinino parecchio e io sto soffrendo di un leggero bruxismo, perciò sono già dovuto andare una volta dal dentista e dovrò ritornarci. I miei cari stanno bene, mia madre è convinta che la polmonite che ha avuto a gennaio fosse Covid-19 e mio padre si è operato all’anca nei giorni in cui stavano per chiudere Roma, ma stanno bene.
Qual è la cosa che più ti manca del “prima”?
Mi mancano i miei nipoti, mi manca stare per strada fuori dai bar.
Qual è la cosa che invece non ti manca?
La società, il mondo pieno di norme, il “sei arrivato tardi”, “non hai fatto bene quella cosa”, “non hai fatto la faccia giusta”. Non mi manca niente del mondo, mi mancano solo singole persone.
Puoi dire di aver imparato qualcosa, di te o in generale, in questo periodo di quarantena?
Ho re-imparato a scrivere. L’editoria è piena di impegni, di cose, e ho imparato che devo lottare un po’ contro quegli impegni e quelle cose per scrivere davvero.
C'è un'abitudine, o un nuovo rito, che hai acquisito?
Ho iniziato a fare degli esercizi di qi gong. Poi la sera, per calmarmi ma anche per stancarmi un po’ fisicamente, metto a posto la cucina per un’oretta.
Che cosa mangi quando vuoi farti un piccolo regalo? Se vuoi dacci la ricetta.
In realtà io mi faccio i cocktail. Uno che dà molta soddisfazione è il vero margarita, due once di tequila (di qualunque tipo) e tre quarti di oncia di triple sec, tre quarti di simple syrup e un quarto di agave.
Che cosa hai letto o stai leggendo?
Sto leggendo e rileggendo molto Don DeLillo. In ordine, Cosmopolis e Punto omega (il primo non l’avevo letto, il secondo sì). Ho ripreso l’ultimo, Zero K, che avevo letto, nonché presentato. Ho riletto pezzi di Underworld di cui avevo nostalgia e su cui mi andava di tornare. Poi tutti i saggi di Joan Didion, e Conrad.
Che film e serie tv hai visto o stai vedendo?
Abbiamo visto Shtisel, una serie ambientata a Gerusalemme, poi Westworld e The New Pope. Come film stiamo vedendo e rivedendo tutto Hitchcock.
La migliore colazione possibile da fare a casa.
Sicuramente salata. Le uova.
La migliore colazione possibile da fare al bar e che ti manca.
Dei croissant molto burrosi e salati. Mi mancano i croissant salati di Milano.
La prima cosa che farai quando si potrà.
L’ho già fatta, appena si è potuto. Sono andato al parco a Tor Fiscale.
Una frase che ti tiene compagnia.
La frase che titola la raccolta della nonfiction di Joan Didion: «We tell ourselves stories in order to live».
"Si faccia una vita interiore" è un ciclo di interviste ideato da Francesca Pellas
Le illustrazioni sono a cura di Arianna Bellucci
www.ariannabellucci.com
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