Interviste dalla quarantena | Laura Pezzino e Tommaso Melilli
Si faccia una vita interiore. Scrittori, traduttori, giornalisti e musicisti raccontano il loro isolamento
Mentre i giorni della quarantena si accumulavano uno dopo l’altro e cercavo un modo per abitare la mia casa e me stessa senza farmi intimorire da questo tempo circolare, ho pensato spesso a una frase di Cesare Pavese che va bene un po’ per tutto, anche per mandare la gente a quel paese: «Si faccia una vita interiore». La frase intera, in realtà molto dolce, viene da una lettera a Fernanda Pivano, e dice: «Si faccia una vita interiore – di studio, di affetti, d'interessi umani che non siano soltanto di “arrivare”, ma di “essere” – e vedrà che la vita avrà un significato». È probabile che Pavese, andando spesso a trovare la sua amica Natalia Ginzburg a Gressoney, avesse preso in prestito l’espressione dal padre di lei, Giuseppe Levi, che quando i figli si annoiavano in montagna li sgridava tuonando: «Voialtri vi annoiate perché non avete vita interiore». Sia come sia, la questione ci mostra una verità importante: se già normalmente è utile sapersi abitare ed essere in grado di muoversi nella propria topografia interna, figuriamoci quanto può diventarlo chiusi in casa durante una pandemia. Il bello della vita interiore, poi, è che può essere fatta di tante cose, non per forza di studio e di libri ma anche di musica, ricette, motociclette da riparare per tempi migliori, fiori da coltivare, yoga sul balcone. Così è nata l’idea di questa serie di micro interviste a persone che grazie a libri, musica e articoli ci fanno compagnia nelle nostre vite interiori, per andare a scoprire un po’ della loro. Le pubblicheremo due a due, ogni volta una donna e un uomo, per un totale di dieci puntate.
La nona coppia è formata da Laura Pezzino e Tommaso Melilli.
Laura, giornalista, è romagnola di Cesena e vive a Milano da quasi vent’anni. Si occupa da sempre di cultura e soprattutto di libri: ex book editor di Vanity Fair, attualmente scrive per Vanity Fair, Marie Claire, AD e TuttoLibri de La Stampa. Grande appassionata di poesia, all’inizio della quarantena ha dato il via a una meravigliosa piccola maratona su Instagram: “A casa con un poeta”, ogni giorno un poeta raccontato da lei. È di due anni fa invece il progetto “My Wandering Days”, un diario social delle sue camminate alla scoperta di angoli segreti di Milano. Siamo in tanti a sperare che si decida prima o poi a pubblicare un libro suo, e a lanciare la newsletter di poesia che promette da anni di creare.
Tommaso è di Cremona. A diciotto anni si è trasferito a Parigi per studiare Lettere all’università, poi però è diventato chef. Dopo dieci anni nella capitale francese, si è reso conto che per capire veramente il cibo e tutte le idee che intorno al cibo ballano doveva tornare alle origini, cioè “al Paese delle tovaglie a quadretti”: casa sua. È quindi partito per una missione alla scoperta della sua “lingua madre” nel senso di palato, compiendo un viaggio nelle cucine di alcuni delle migliori trattorie d’Italia. Ne è nato I conti con l’oste (Einaudi, 2020), una splendida dimostrazione di come la scrittura gastronomica possa essere a tutti gli effetti della gran letteratura. Tommaso ha avuto per un anno e mezzo una rubrica su Rivista Studio (Tovagliette) e da poco ne ha una settimanale sul Venerdì di Repubblica (Pentole e parole). Collabora inoltre con Slate France, e sempre in francese ha scritto il suo primo libro (Spaghetti Wars, uscito nel 2018 per Nouriturfu).
LAURA PEZZINO
Dove stai trascorrendo il lockdown? Sei da sola o con qualcuno?
Fin dall'inizio del lockdown sono rimasta, da sola, nel mio appartamento a Milano. Abito nel quartiere di Porta Venezia, un posto che ho amato fin dalla prima volta in cui vi ho messo piede, ormai 18 anni fa, da poco arrivata in città per studiare giornalismo. Ci abitava, e ci abita tuttora, una delle mie migliori amiche (allora non lo era ancora, ci siamo agganciate poco tempo dopo). Per anni non ho saputo praticamente nulla dei miei vicini. Poi, era da poco iniziata la quarantena, mi ero decisa a sistemare il terrazzo: quella sera ho parlato per la prima volta con alcuni ragazzi che vivono del condominio a fianco. Abbiamo iniziato con degli aperitivi serali, ciascuno dalla propria finestra o balcone, poi sono arrivate le chiacchiere a metà mattina o pomeriggio, poi i crepuscoli a tema: lettura di poesie, di incipit di romanzi, tombole, contest musicali. Sono diventati i compagni di questo periodo così sospeso e delicato. L'altra sera una di loro ha parlato di noi come di “iperfamiglia”, un concetto che è sempre esistito e che ora mi pare abbia un nuovo significato.
Stai bene? Come stanno i tuoi cari?
Io sto bene, sono sempre stata bene, non ho avuto nemmeno un raffreddore. Ho avuto molta cura della mia salute, più del solito (sto anche facendo moltissimo yoga), e questo ha dato dei buoni risultati. Ringraziando il cielo anche i miei famigliari, che sono lontani e che non vedo ormai da 5 mesi, sono stati e stanno bene. Qualche amico si è ammalato di Covid-19, ma ormai sono tutti guariti. Mi ritengo molto fortunata.
Qual è la cosa che più ti manca del “prima”?
La leggerezza. Non mi sono mai considerata una persona leggera o spensierata, eppure in qualche misura ho scoperto di esserlo. O almeno, di avere una tensione verso quello stato. Quello che mi manca, e per motivi assolutamente comprensibili, è proprio la possibilità di non pensare più di tanto a quello che faccio. Ora, per tutto, ho una cura più evidente, un pensiero più intenso. Ah, e poi, gli aperitivi all'aperto.
Qual è la cosa che invece non ti manca?
Il superfluo, ovvero tutto ciò di cui ho capito di potere fare a meno. L'affannarmi a fare quante più cose possibili. Una serie di rapporti che continuano a rimanere in superficie.
Puoi dire di aver imparato qualcosa, di te o in generale, in questo periodo di quarantena?
Certo. Personalmente, ho imparato che non mi piace poi così tanto restare da sola con me stessa. E poi la pazienza: fare la fila per quasi tutto, dal supermercato al tabaccaio al panettiere, mi ha rivelato l'esistenza di un tempo altro. O meglio, che nessun tempo è mai sprecato, che tutto conta, che la vita, là sotto, è sempre al lavoro. Degli altri: che l'essenza delle persone, in momenti drammatici come questo, semplicemente si sprigiona con più forza.
C'è un'abitudine, o un nuovo rito, che hai acquisito?
Chiacchierare con persone che non conosco.
Che cosa mangi quando vuoi farti un piccolo regalo? Se vuoi dacci la ricetta.
I miei regali culinari sono da sempre gli stessi, e non li preparo mai io stessa: pizza e gelato. Sono quelli dei bambini, e non credo cambieranno mai.
Che cosa hai letto o stai leggendo?
Ho letto poco rispetto al solito, e la cosa dispiace molto al mio dittatore interiore, ma non alla me “me”. A parte le cose che devo leggere per lavoro, le mie sono state letture inconsuete: saggi e memoir sulla depressione e l'isolamento, ho riletto una parte di Donne che corrono coi lupi, uno dei libri che mi hanno più formata da ragazza e che vedo che mi aiuta a definirmi anche adesso, e moltissima, davvero moltissima, poesia. Ho anche ascoltato parecchi audiolibri: sto finendo, che non avevo avuto il tempo di leggere.
Che film e serie tv hai visto o stai vedendo?
Ho visto, in molti casi rivisto, tutti i film di Miyazaki, e li ho amati appassionatamente tutti, in particolare i primi. Devo dire, però, che preferiscono guardare le serie. Questi ultimi mesi li ho passati in compagnia di Jessica Fletcher e Miss Fisher (innamorandomi del detective Robinson, uno degli uomini più perfetti che siano mai esistiti, in video), Dickinson, che mi restituisce una Emily affine e spericolata, e poi Bojack, Hinterland, Unorthodox, Grace e Frankie, e altre. Molte le ho mollate, come Tales from the Loop, Hunters, Freud e Self-Made. In questi giorni sto ripassando Boris, che mi fa sempre ridere tanto, e devo finire The Morning Show.
La migliore colazione possibile da fare a casa.
Pancake e nutella, soprattutto se fatti da altri. E il Nescafè, da cui confesso di essere diventata dipendente.
La migliore colazione possibile da fare al bar e che ti manca.
Brioche e caffè tutti pigiati da Sissi, o quelle lunghe e pigre da Egalité.
La prima cosa che farai quando si potrà.
Scendere dai miei, in Romagna, e andare a Cesenatico. Non ho ancora ben capito il perché, ma è una cosa che desidero da quando è iniziata questa pandemia.
Una frase che ti tiene compagnia.
Sono parecchie, e più che tenermi compagnia mi segnano una via. Te ne dico alcune. La prima è di Hannah Harendt: «Gli uomini, anche se devono morire, non sono nati per morire, ma per incominciare». La seconda è di Carlos Castaneda: «Questa strada ha un cuore? Se lo ha la strada è buona». L'ultima, che mi ha detto una persona a cui credo, è quella sulla quale continuo a scervellarmi, perché vi intravedo una verità che mi riguarda: «Il desiderio non ha rappresentazione».
TOMMASO MELILLI
Dove stai trascorrendo il lockdown? Sei da solo o con qualcuno?
Sono a Milano sud, dove sono arrivato pochi mesi prima del lockdown. Ero felicissimo, per la prima volta in vita mia mi sembrava di stare riuscendo a farmi tanti nuovi amici senza mordicchiarmi le unghie ogni volta nel terrore di non piacergli. E poi è andata così.
Stai bene? Come stanno i tuoi cari?
Abbastanza bene tutti, sì. Come sto io non importa: sono fortunato. Sto scrivendo e lavorando il triplo di prima.
Qual è la cosa che più ti manca del “prima”?
Mi mancano gli sconosciuti pesanti e fastidiosi che attaccano bottone al bancone. Mi manca tremendamente lamentarmi perché non ho voglia di andare in un posto. E mi manca andare a Parigi tutti i mesi.
Qual è la cosa che invece non ti manca?
La metropolitana. E i calzini.
Puoi dire di aver imparato qualcosa, di te o in generale, in questo periodo di quarantena?
Che la gente, là fuori, mangia solo fettine di pollo.
C'è un'abitudine, o un nuovo rito, che hai acquisito?
Contro ogni previsione sto riuscendo a fare quella cosa che adesso chiamate tutti workout. Ma io sono un ragazzo del secolo scorso e continuerò a dire “ginnastica”.
Che cosa mangi quando vuoi farti un piccolo regalo? Se vuoi dacci la ricetta.
Couscous al pomodoro ripassato. Versate sul couscous la stessa quantità di acqua bollente salata, coprite e lasciate lì 10 minuti. Intanto fate un sugo con tante cipolle soffritte e pomodori pelati, più spezie se volete. Sgranate il couscous con la forchetta, ci versate dentro il sugo e mescolate. Nella stessa padella del sugo fate sciogliere un bel po’ di burro e poi ci rimettete sopra il couscous, spalmandolo su tutto il fondo. Mettete il coperchio e fate sfrigolare 15 minuti senza toccare niente. Poi ribaltate tutto in un piatto, come se fosse una frittata, e vedrete che ci sarà una bella crosta brunita.
Che cosa hai letto o stai leggendo?
Tutta Jean Rhys, che è stata perfetta per sentirsi altrove, poi Città Sommersa di Marta Barone, ho letto la nuova traduzione Einaudi di Cime tempestose (che non avevo mai letto del tutto), ora Le transizioni di Statovci, che mi sta piacendo tantissimo. E poi ho riletto quasi tutto Sebald, ma quello non conta perché lo faccio praticamente due volte all’anno.
Che film e serie tv hai visto o stai vedendo?
Ne guardavo poco prima e in questo caso ancora meno. È un’attività troppo passiva per come sono fatto io: già non succede più niente di interessante, almeno cerchiamo di immaginarcele da soli le cose, no? Ok, in realtà ho visto La casa di carta e Batwoman, che è molto brutto ma i supereroi mi danno sempre grande soddisfazione. Però solo quelle due lì, giuro.
La migliore colazione possibile da fare a casa.
Omelette aux fines herbes, bavosa, alla francese.
La migliore colazione possibile da fare al bar e che ti manca.
Dopo dieci anni passati in Francia a non fare colazione al bar perché il caffè fa schifo avevo studiato la mia strategia: i cornetti del bar, in Italia, non sono più quelli di una volta (almeno a Milano), e comunque non sono quelli francesi. Quindi avevo un sogno: riuscire finalmente a far colazione con caffè e tramezzino, che in Francia non esiste. Mi sono distratto un attimo e non ci sono ancora riuscito.
La prima cosa che farai quando si potrà.
Il tour di presentazioni del mio libro: è una storia di territorio, se non vado nel territorio il lavoro è fatto a metà.
Una frase che ti tiene compagnia.
«Il tuo corpo non è un tempio, è un parco divertimenti. Goditi la corsa». È Anthony Bourdain.
"Si faccia una vita interiore" è un ciclo di interviste ideato da Francesca Pellas
Le illustrazioni sono a cura di Arianna Bellucci
www.ariannabellucci.com
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