Interviste dalla quarantena | Claudia Durastanti e Marco Missiroli
Si faccia una vita interiore. Scrittori, traduttori, giornalisti e musicisti raccontano il loro isolamento
Mentre i giorni della quarantena si accumulavano uno dopo l’altro e cercavo un modo per abitare la mia casa e me stessa senza farmi intimorire da questo tempo circolare, ho pensato spesso a una frase di Cesare Pavese che va bene un po’ per tutto, anche per mandare la gente a quel paese: «Si faccia una vita interiore». La frase intera, in realtà molto dolce, viene da una lettera a Fernanda Pivano, e dice: «Si faccia una vita interiore – di studio, di affetti, d’interessi umani che non siano soltanto di “arrivare”, ma di “essere” – e vedrà che la vita avrà un significato». È probabile che Pavese, andando spesso a trovare la sua amica Natalia Ginzburg a Gressoney, avesse preso in prestito l’espressione dal padre di lei, Giuseppe Levi, che quando i figli si annoiavano in montagna li sgridava tuonando: «Voialtri vi annoiate perché non avete vita interiore». Sia come sia, la questione ci mostra una verità importante: se già normalmente è utile sapersi abitare ed essere in grado di muoversi nella propria topografia interna, figuriamoci quanto può diventarlo chiusi in casa durante una pandemia. Il bello della vita interiore, poi, è che può essere fatta di tante cose, non per forza di studio e di libri ma anche di musica, ricette, motociclette da riparare per tempi migliori, fiori da coltivare, yoga sul balcone. Così è nata l’idea di questa serie di micro interviste a persone che grazie a libri, musica e articoli ci fanno compagnia nelle nostre vite interiori, per andare a scoprire un po’ della loro. Le pubblicheremo due a due, ogni volta una donna e un uomo, per un totale di dieci puntate.
La prima coppia è formata da Claudia Durastanti e Marco Missiroli.
Claudia, scrittrice e traduttrice, è nata a Brooklyn da genitori italiani e a sei anni è tornata con la madre e il fratello in Basilicata. A diciotto si è trasferita a Roma per l’università e da lì a Londra, dove ha vissuto fino a qualche mese fa. Con La straniera (La nave di Teseo) è entrata nella cinquina del Premio Strega 2019. La nave di Teseo ha appena ripubblicato il suo primo libro, che uscì nel 2010 per Marsilio: Un giorno verrò a lanciare sassi alla tua finestra. Claudia è tra i fondatori di FILL - Festival of Italian Literature in London, e fa parte del comitato editoriale del Salone del Libro di Torino.
Marco, scrittore, è nato e cresciuto a Rimini, la città di Fellini, e vive a Milano con sua moglie e la loro bambina nata da poco. Ha esordito nel 2005 con Senza coda (Fanucci), per cui ha vinto il Campiello opera prima. La sua consacrazione è arrivata nel 2015 con il quinto romanzo, Atti osceni in luogo privato (Feltrinelli). Nel 2019 è uscito per Einaudi Fedeltà, entrato nella cinquina del Premio Strega e vincitore dello Strega Giovani 2019. Marco collabora inoltre con le pagine della cultura del Corriere della Sera e insegna alla Scuola Holden.
CLAUDIA DURASTANTI
Dove stai trascorrendo il lockdown? Sei da sola o con qualcuno?
Sono con il mio compagno, abbiamo vissuto tutto insieme. È stato un lockdown anomalo, scisso per ragioni burocratiche e tempistiche infelici tra Brooklyn, la Toscana dove ho fatto la quarantena obbligatoria al rientro e adesso a Roma. Non è stata un'esperienza uniforme, ho avuto dei lockdown diversi tra loro. La prima parte l'ho vissuta a Bed-Stuy, dove c'era un forte senso di comunità e di tutela reciproca sin dagli inizi, è stato un quartiere meno negazionista di altri anche per la sua componente demografica e stratificazione sociale. In più gli stoop delle brownstones sono l'architettura perfetta per il distanziamento sociale, consentono di tutelare se stessi e gli altri senza rinunciare allo scambio quotidiano. L'esperienza più anomala è stata in Toscana, dopo l'immersione profonda americana era come se il virus fosse sparito e la mancata percezione del pericolo, la dimensione consolatoria hanno creato uno scollamento dal circostante con cui ho faticato molto. E infine a Roma, dove fatico a credere che si sia mai fermato niente, la città mi è tornata vivissima e anarchica tutta attorno.
Stai bene? Come stanno i tuoi cari?
Sto bene. Per quanto riguarda i miei genitori, che già vivono in una specie di isolamento da sempre, la domanda è: cosa significa star bene? Un conto è non avere il virus, un altro ammalarsi per tutto quello che il virus comporta sul piano emotivo e psichico.
Qual è la cosa che più ti manca del “prima”?
Un senso diverso che davo al tempo. Quando l'attesa diventa infinita, l'attesa si disintegra e scompare. E senza quel momento preciso, senza "il tutto quello che viene prima", non so bene come stare nel tempo.
Qual è la cosa che invece non ti manca?
L'idea che tutto quello che faccio e scelgo di fare non abbia poi così tante conseguenze sugli altri, o che queste conseguenze siano effimere.
Puoi dire di aver imparato qualcosa, di te o in generale, in questo periodo di quarantena?
La mia fragilità si è fatta più fragile, la mia forza più forte, quel che c'era di radicale in me si è radicalizzato e quel che c'era di passivo si è passivizzato. Sono una versione ipertrofica di me, non necessariamente peggiore o migliore. È una questione di amplificazione e riverbero, non di trasformazione.
C'è un'abitudine, o un nuovo rito, che hai acquisito?
Faccio un sacco di fiocchi, accumulo nastri, li annodo, li disfo, mi piace stare a contatto con i ritagli di stoffa.
Che cosa mangi quando vuoi farti un piccolo regalo? Se vuoi dacci la ricetta.
La pasta al forno che mi faceva mia madre, che non era una lasagna ma un misto di paste spaiate e avanzate nelle scatole, con una specie di ragù e ingredienti variabili.
Che cosa hai letto o stai leggendo?
Ho letto meno del previsto, ma tra quelli letti ricorderò La piazza del diamante di Mercè Rodoreda, Hurricane Season di Fernanda Melchor, Primavera di Ali Smith e I mandarini di Simone de Beauvoir. Ora sto leggendo la raccolta Macchine per scrivere, bombe, meduse di Tom McCarthy.
Che film e serie tv hai visto o stai vedendo?
The Last Dance sui Chicago Bulls di Michael Jordan. Vado molto al cinema di solito, quindi i film sono rimasti a prima del lockdown. L'ultimo che ho visto per davvero è stato Portrait of a Lady on Fire.
La migliore colazione possibile da fare a casa.
Scrambled eggs e filter coffee, ma con yogurt bianco, cetrioli, pomodori e olive al lato.
La migliore colazione possibile da fare al bar e che ti manca.
La spremuta d'arancia e il cappuccino, troppo pigra e maldestra per farli in casa.
La prima cosa che farai quando si potrà.
Sembra paradossale, ma sarà una lunga passeggiata da sola senza avere paura di dovermi fermare, andrò e basta.
Una frase che ti tiene compagnia.
«Let us no longer puzzle over what is irretrievable, Ingeborg», da una lettera di Paul Celan a Ingeborg Bachmann.
MARCO MISSIROLI
Dove stai trascorrendo il lockdown? Sei da solo o con qualcuno?
Anche se vivo a Milano, ho trascorso la mia quarantena a Rimini, nella casa in cui ho abitato fino ai diciannove anni, al quartiere Ina Casa. È una zona residenziale, nata negli anni Sessanta come spazio per abitazioni popolari ma architettonicamente curate. Il parco Marecchia è parte del quartiere e tutto ha il sentore del paese, anche se il centro storico dista un chilometro. Con me c’è mia moglie, mia figlia, e i miei genitori. A metà marzo si è aggiunta mia sorella, che vive a Roma.
Stai bene? Come stanno i tuoi cari?
A oggi sto bene, stiamo bene. A un certo punto ho pensato che sarebbe capitato anche a noi di ammalarci, poi il contesto ci ha aiutato: se fossimo stati a Milano sarebbe stata molto più abrasiva.
Qual è la cosa che più ti manca del “prima”?
Vedere alcuni dei miei amici, abbracciarli. Fare lezione davanti ai miei studenti. Passeggiare liberamente, senza mascherina. Poter pensare di andare a Parigi da un giorno all’altro. Anche e soprattutto: il bar. Colazione lì, con i giornali.
Qual è la cosa che invece non ti manca?
Non mi mancano le nebulose della frenesia, delle forzature degli spostamenti, degli impegni da onorare. Zero, spero di aver capito di cosa posso fare a meno (ma temo ci ricadrò).
Puoi dire di aver imparato qualcosa, di te o in generale, in questo periodo di quarantena?
Di certo ho imparato a non rispondere al telefono, a non precipitarmi, a vivere con pochi vestiti, a stare in silenzio più del dovuto. A far caso ancora di più alla buona sorte.
C'è un'abitudine, o un nuovo rito, che hai acquisito?
Una nuova abitudine: andare a letto presto, essere felice di andare a letto presto.
Che cosa mangi quando vuoi farti un piccolo regalo? Se vuoi dacci la ricetta.
Mangio la pizza fatta in casa: era qualcosa che avevo dimenticato e che faceva la domenica in casa. Siamo tornati a farlo.
Che cosa hai letto o stai leggendo?
Ho letto Le transizioni di Pajtim Statovci, pubblicato da Sellerio. Un libro formidabile. Ho riletto Fante e Cheever, che hanno lo stesso modo di svelare la malinconia. E Edna O’Brien: Ragazze di campagna rimane un libro sempre nuovo. Avevo dimenticato quanto fosse meraviglioso Cavalli selvaggi di Cormac McCarthy e i Nove racconti di Salinger. Per non parlare dell’Animale morente di Roth. Ho imparato a rileggere, credo.
Che film e serie tv hai visto o stai vedendo?
Tra gli altri ho visto una serie tv con un titolo brutto ma che mi ha folgorato: Giù le mani dai gatti, su Netflix. Sempre su Netflix: Tiger King (bellissimo) e sto guardando The Last Dance, il documentario su Michael Jordan che aspettavo da una vita. E per la serie rivediamoli: Il grande freddo.
La migliore colazione possibile da fare a casa.
Non tanto la migliore possibile ma quella che faccio io: yogurt senza grassi alla frutta, cereali integrali con latte, spremuta di pompelmo, un uovo sodo.
La migliore colazione possibile da fare al bar e che ti manca.
Bombolone alla crema, macchiato caldo, spremuta di pompelmo.
La prima cosa che farai quando si potrà.
Andare ad abbracciarmi i miei amici, uno a uno.
Una frase che ti tiene compagnia.
«È davvero la tua struttura sentimentale?».
"Si faccia una vita interiore" è un ciclo di interviste ideato da Francesca Pellas
Le illustrazioni sono a cura di Arianna Bellucci
www.ariannabellucci.com
Commenta