Indro Montanelli
Fucecchio, 22 aprile 1909 – Milano, 22 luglio 2001
«Mussolini sono i miei vent’anni, i miei stupidi e bellissimi vent’anni. E non li posso rinnegare!». Indro Montanelli crede nell’Italia fascista e la serve da giovane come soldato e giornalista. Nel 1935 vuole partecipare all’invasione dell’Etiopia, ma non trovando spazio come inviato di guerra si arruola come volontario. Lì, combatte al comando di una compagnia di truppe coloniali e partecipa alla pratica del madamato sposando Destà, una minorenne etiope; in Spagna, corrispondente durante la guerra civile, la sua penna non sempre allineata alle esigenze retoriche del regime gli vale l’espulsione dal Partito. Lui stesso racconta (con i dubbi di una testimonianza personale) di aver preso parte alla Resistenza dopo l’8 settembre, ma a guerra finita il passato continua a procurargli problemi: solo grazie all’amicizia con intellettuali del calibro di Longanesi e Buzzati riesce a superarli, facendo di sé una delle firme più rispettate del panorama giornalistico italiano del tempo, specie per l’attività sul Corriere della Sera e per la scrittura della popolare e controversa Storia d’Italia, una narrazione letteraria della storia italiana curata insieme a Roberto Gervaso e Mario Cervi. Fondatore del Giornale nel 1977, chiude la sua esperienza da direttore quando l’editore Silvio Berlusconi «scende in campo» nel 1994 e pretende di dettargli la linea editoriale. Mentore di Marco Travaglio, futuro fondatore de Il Fatto Quotidiano, muore rispettato nel luglio del 2001 e si vede dedicare a Milano un parco e una una statua che, negli anni, saranno più volte al centro di proteste e dimostrazione che contribuiranno a rimetterne in discussione la figura.
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