I set cinematografici non riapriranno
Il cinema non ripartirà il 4 maggio come riporta erroneamente Ansa: si attende ancora l'accordo per la sicurezza
Il settore dell’audiovisivo si trova ad affrontare una crisi senza precedenti. Se in una prima fase si è dovuto attuare il blocco totale delle produzioni italiane e di quelle internazionali che avrebbero avuto luogo in questi mesi nel nostro paese, il problema più grave sembra essere che al momento non si vede una data plausibile per la riapertura: c’è chi dice giugno, chi dice luglio, chi settembre. E questi sono generalmente i mesi in cui le produzioni cinematografiche lavorano di più. In questo clima teso e complesso, ieri sabato 2 maggio Ansa ha pubblicato la notizia Lazio, da lunedì riaprono set cinema, ma ‘blindati’, in cui si scrive che «la produzione cinematografica potrà riprendere dal 4 maggio, e la Regione Lazio ha stilato delle indicazioni per il settore», elencando peraltro una lista di provvedimenti sanitari che sarebbero stati stabiliti. Un lancio poi riportato da Tg1, Tg3 Lazio, SkyTg24, Tg4, Tg5 e Studio Aperto. Non è vero, non riaprirà nessun set: le produzioni rimangono bloccate e così anche le preparazioni. Perché?
La comunicazione della riapertura è grottesca per due ragioni. La prima è che parte datoriale e parte sindacale stanno ancora lavorando su un accordo per il protocollo di sicurezza necessario per la ripresa e le riunioni cominceranno mercoledì 6 maggio, come indicato nel calendario di incontri della Regione Lazio. Come si può scrivere che lunedì 4 maggio ripartiranno i set quando non c’è un protocollo approvato a cui poter fare riferimento? La seconda è che il settore, come più volte ribadito da tutte le parti coinvolte – produttori, sindacati, lavoratori –, non si è mai fermato per disposizioni regionali o nazionali, ma per buon senso e coscienza dell’impossibilità di continuare il lavoro senza adeguati protocolli di sicurezza. Di fatto, secondo chi ha riportato la notizia, la Regione Lazio avrebbe “concesso” ai set di riprendere le attività senza averle mai sospese. Lo ribadisce il comunicato diramato da SLC CGIL Nazionale che afferma che «la regione Lazio sbaglia a parlare di ripartenza dei set per due motivi: non sono pronti i Protocolli di Sicurezza; i codici Ateco del settore non hanno mai subito interruzioni per decreto ma per buon senso».
«Le produzioni cinematografiche riprenderanno dal 4 maggio». Parole pronunciate e riportate con leggerezza, che confondono gli stessi lavoratori che in queste settimane seguono con preoccupazione gli sviluppi dell’emergenza
Il tutto è partito dalle dichiarazioni del vicepresidente della Regione Lazio Daniele Lenori, che nella conferenza stampa del 2 maggio Ripartire Sicuri – Il vademecum per la ripresa delle attività economiche e sociali ha affermato: «Abbiamo disciplinato anche la riapertura delle produzioni cinematografiche, molto importanti nella nostra regione, che riprenderanno dal 4 maggio anche queste dopo un confronto». Tutto questo nella stessa conferenza stampa in cui si comunicava il calendario di incontri tra cui quello per stabilire il protocollo di sicurezza per il cinema. Parole pronunciate e poi riportate con leggerezza, dalla politica e dalla stampa, che confondono gli stessi lavoratori che in queste settimane seguono con preoccupazione gli sviluppi dell’emergenza. Parole che rischiano di dare l’impressione di una crisi risolta o di una ripartenza in realtà ancora lontana: non solo infatti non riprenderanno i set e le preparazioni dei film, ma a malapena qualche produzione riaprirà i propri uffici. Per questo la delegazione sindacale dei lavoratori delle troupe cinematografiche ha scritto ad Ansa:
Ci troviamo a dover segnalare che il vostro articolo sta generando una grande confusione. Il 4 maggio non sarà riaperto nessun set, e chi meglio di noi può saperlo… Consideriamo importante l’interesse della stampa per il nostro settore. E siamo a disposizione per qualsiasi tipo di chiarimento o approfondimento.
Come saranno i set nel futuro prossimo, in questa emergenza sanitaria? Come si può aprire un set con queste limitazioni? Alla domanda di Dario Zonta, nella puntata del primo maggio di Hollywood Party su Radio Tre dal titolo "Torneranno i set", aveva risposto in maniera molto chiara Ciro Scognamiglio, aiuto regista (Habemus Papam, Mia madre, Nico, 1988, Dogman, Martin Eden) e presidente di Aiarse, l’Associazione Italiana Assistenti alla regia e Segretarie di edizione. «In questo momento è una domanda alla quale nessuno sa dare una risposta. Stiamo lavorando, siamo in tanti a lavorare su questa cosa: ci stanno lavorando le associazioni dei lavoratori, ci stanno lavorando i sindacati, ci stanno lavorando i produttori. Ci sono dei tecnici che stanno lavorando su questo argomento, ma è ancora, al momento, molto difficile ipotizzare come sarà il set post Covid». Parole chiare che la stampa non ha approfondito né preso in considerazione, come dimostrano le notizie del giorno successivo.
Come si può aprire un set con queste limitazioni? In questo momento è una domanda alla quale nessuno sa dare una risposta, dice il presidente Aiarse Ciro Scognamiglio
Per far fronte a questa crisi, oltre ai meccanismi di supporto del settore come la Naspi che da anni comunque si cerca di ridiscutere, il governo aveva previsto la cassa integrazione, ma moltissimi lavoratori non sono riusciti ad accedervi perché la quasi totalità delle produzioni ha licenziato in modo illegittimo, nonostante i contratti – ad eccezione di pochi casi virtuosi come quello della Lux Vide, che ha permesso a quasi tutti i lavoratori delle proprie troupe di accedere alla cassa integrazione. Nella stessa puntata del programma Simone D’Onofrio, operatore di macchina (Sole a catinelle, Suburra – La serie, Bangla, Il campione) e membro di Aitr, l’Associazione Italiana Tecnici di Ripresa, raccontava la sua delusione. «La cosa che fa male in questo momento, per tutti i lavoratori dello spettacolo, è che i nostri datori di lavoro non ci hanno trattato da loro dipendenti. Ci siamo sentiti un po’ soli. Non vuole essere polemica, vuole essere un invito a lavorare su questa cosa. I film ovviamente non si possono fare senza i finanziamenti e senza i produttori, senza le idee e senza i registi, ma ci dobbiamo anche ricordare ed essere coscienti che i film non si fanno neanche senza la troupe. Le nostre sono professioni molto specifiche e altamente tecniche che vanno un pochino più considerate nel sistema cinema».
I licenziamenti sono un effetto, tra le altre cose, del vuoto legislativo lasciato dall’Inps, interrogata con un interpello a firma di Anica, Apa, Ape, Cna e dei sindacati lo scorso 28 marzo che chiede che vengano presi in considerazione i lavoratori i cui contratti sono stati risolti tra il 23 febbraio e il 18 marzo e che rischiano di essere tagliati fuori dai contributi straordinari. La stessa presidente della sezione produttori di Anica Francesca Cima, nelle dichiarazioni rilasciate a Cinecittà News, parla di centinaia di migliaia di lavoratori in difficoltà «sostenuti, nell’emergenza, dagli ammortizzatori sociali messi in campo dal governo, ai quali tuttavia non tutti hanno accesso proprio per la atipicità di molte posizioni del nostro settore», ma da un sondaggio fatto tra tutte le associazioni di lavoratori la copertura risulta molto meno ampia di quanto quel “non tutti” vorrebbe far intendere: solo il 20% dei lavoratori delle troupe, infatti, riesce ad accedere agli ammortizzatori.
Abbiamo chiesto una dichiarazione alla delegazione sindacale dei lavoratori delle troupe cinematografiche, che fotografa così la complessità del momento: «I set non si sa se e quando potranno ripartire e i lavoratori delle troupe si ritrovano in una situazione drammatica già ora, senza considerare i molti che termineranno la Naspi tra poco. Si stima che da metà giugno il 70% dei lavoratori dello spettacolo si troveranno senza alcun reddito». La lotta dei lavoratori dell’audiovisivo va avanti da anni per il riconoscimento delle problematiche di un settore perennemente precario e senza tutele – maternità, giorni di riposo, ferie, malattia – e di cui questa emergenza non fa che evidenziare le difficoltà. Il minimo che la stampa dovrebbe fare, in una fase in cui neanche gli appelli di attori noti sembrano avere sufficiente risonanza, è raccontarlo con la giusta attenzione.
La nostra rivista aveva raccontato questo momento particolare del cinema e della televisione italiana attraverso 15 diverse Storie dall’ultimo giorno di set prima del coronavirus raccolte dalle voci dei lavoratori del settore
Commenta