I mille volti di Silvio Berlusconi
La figura di Silvio Berlusconi dal caimano di Nanni Moretti a Loro di Paolo Sorrentino
Il capo per essere tale deve avere un’immagine “unica”, un corpo moltitudine, portatore di segni e simboli che parla, racconta. Silvio Berlusconi ha questo ed è da sempre stato questo, un corpo che è di per sé una dichiarazione d’intenti. In qualunque modo si sia mosso, abbia parlato, abbia congiurato, ha comunque rappresentato un sistema valoriale ben definito: un self-made man, un seduttore, un artista della vita sceso in politica, un uomo che poteva, o meglio che credeva di potere tutto, proprio in virtù di quel corpo-icona. Sembra un circolo vizioso, forse perché Silvio Berlusconi è un circolo vizioso e si ciba di ciò. È una figura tanto complessa da apparire semplice, da sempre in bilico tra caduta e ascesa, tra vittoria e sconfitta (costantemente negata), tra polvere e altare e questo perché è un’araba fenice capace di rinascere dalle sue stesse ceneri. Il cinema non ha potuto non rimanere folgorato dal cantante, padre di Milano 2 e Milano 3, dal Caimano – definizione coniata da Franco Cordero sulle pagine di La Repubblica – seduttore e sedotto dal femminino, dal “meno male che Silvio c’è” in bandana corifeo del partito dell’amore che pretende di trattare la “sua” nazione come un imprenditore, non come un leader illuminato. Passando dal documentario (Citizen Berlusconi del 2003, Draquila – L’Italia che trema del 2010, Silvio Forever del 2011) al mockumentary (Belluscone: Una storia siciliana), attraversando il film di finzione (Shooting Silvio del 2006), il cinema ha raccontato il politico pop per antonomasia, colui che ha parlato alla pancia, che ha fatto suoi i (bi)sogni degli italiani e ha fatto leva sulle speranze di chi avrebbe voluto essere come lui.
Com'è diventa al cinema il politico pop per antonomasia, colui che ha parlato alla pancia, che ha fatto suoi i (bi)sogni degli italiani e ha fatto leva sulle speranze di chi avrebbe voluto essere come lui?
Eppure non è tanto interessante l’ascesa, la scalata al successo dell’uomo dalla natura granitica, della star psicotica per il modo di polarizzare le ossessioni ma la sua decadenza e il suo annaspare per rimanere ai vertici; anche un’araba fenice prima o poi non è più in grado (forse) di rigenerarsi. È interessante infatti analizzare la figura del Berlusconi in declino in pellicole che, in momenti diversi della storia del nostro paese, lo hanno immortalato: Il caimano (2006) di Nanni Moretti e Loro 1 e Loro 2 (2018) di Paolo Sorrentino.
Moretti guarda con il solito occhio profetico – lo stesso di Habemus Papam – alla fine del leader del centrodestra quando era ancora impossibile anche solo immaginare che gli eventi narrati nel film potessero avvenire. Il cineasta usa come pretesto narrativo la realizzazione di un film sulla vita di Berlusconi, intitolato Il caimano, e mette in scena il parallelismo tra la vita politica di quest’ultimo e quella privata distrutta (la fine della relazione con la moglie) del produttore, Bruno Bonomo interpretato da Silvio Orlando. Il Berlusconi dell’ex girotondino è come il grande rettile del titolo, vorace e terribile: è una bestia bramosa di tutto, mai sazio di denaro, potere, donne; l’uomo di Mediaset è in tribunale per corruzione, riciclaggio di denaro sporco e concorso esterno in associazione mafiosa, con alcune di queste accuse che si trasformeranno in condanna nel 2013 (il 24 giugno viene condannato in primo grado nel processo legato alla minorenne marocchina Karima El Mahroug e il 1° agosto alla Suprema Corte di Cassazione per frode fiscale nel processo Mediaset). Il Silvio morettiano è illuminato da una luce sinistra, si mostra per come molti se lo immaginano e prorompe per quello che è: un Monstrum. Ne Il caimano Berlusconi è mefistofelico e negativo, “uno e trino”, le sue fattezze si moltiplicano come in un crudele gioco di specchi, è uomo dal perverso ingegno e il regista dà corpo al suo terribile personaggio in quattro sfaccettature: il vero Berlusconi, attraverso le immagini di repertorio, il suo sosia corruttore e maneggione, a cui è caduta addosso una valigia piena di denaro (da dove è arrivata?), l’attore Marco Pulici (con il volto di Michele Placido), un Presidente gigione e accattivante, e quello interpretato dallo stesso Moretti, brutale, selvaggio e barbaro, rabbioso con la giustizia e con i giudici. Questa moltiplicazione sta ad indicare il nefastum che potrebbe essere in ciascuno di noi, una terribile verità esplicitata dalla celebre frase «io non temo Berlusconi in sé, temo Berlusconi in me».
Moretti come un aruspice scrive e recita nella sua fantasia l’arringa del premier: «non sono io l’anomalia» dice il suo Berlusconi, borioso e arrogante, per nulla ironico e buffo ma spaventoso e inquietante, arrivando a persuadere il suo popolo a scagliarsi con violenza contro i giudici, ancora e sempre corpo pervicacemente convinto che gli strali debbano rimbalzare su di lui.
Sorrentino fa uscire Loro 1 e Loro 2, il suo film sul leader massimo interpretato dal meraviglioso Toni Servillo, proprio nei giorni in cui egli leader non è più; non ci sono pretesti, né mezzi altri: al centro c’è una storia che lo spettatore conosce già, eppure il regista è in grado di giocare con la materia creando attesa in chi guarda. Il cineasta, come antropologo, scrive di uno dei personaggi politici che ha segnato il nostro paese, parla del potere ma soprattutto della sua perdita, dell’Italia dal 2006 al 2010. Il film parte proprio dall’anno in cui esce Il caimano, narra ciò che è successo – non l’apocalisse immaginata da Moretti – usando e dilatando la storia del suo protagonista. Sorrentino prova un’affascinata tenerezza per il suo eroe decadente che racchiude in sé molti dei temi a lui cari: la solitudine del potere nel suo declino (Il divo), la vecchiaia (Youth e La grande bellezza) e l’ossessione erotica mai risolta (Le conseguenze dell’amore).
Sorrentino prova un’affascinata tenerezza per il suo eroe decadente che racchiude in sé molti dei temi a lui cari: la solitudine del potere nel suo declino, la vecchiaia, l’ossessione erotica mai risolta
Loro è un lavoro complesso, ambizioso, che risulta riuscito proprio per questa costruzione bipartita in cui prima viene raccontato tutto il contorno di un “fenomeno” non solo politico ma anche socio-culturale e poi colui che ha creato il fenomeno stesso. Solo con la fusione delle due parti si arriva ad una visione d’insieme. Loro 1 mostra la massa di accoliti adoranti e mendicanti Lui e il suo favore, indaga il mondo, il circo roboante e chiassoso dove tutto va velocissimo, in cui loro si muovono tra cocaina, sesso e soldi facili. Loro 2 invece pone al centro Lui, colto nel momento della decadenza – politica (le elezioni vinte da Prodi) e privata (il rapporto difficile con Veronica) – e del “pensionamento coatto” fatto di lentezze e sguardi malinconici di un caimano ormai sopito, del dibattersi tra l’ammissione e l’accettazione della sconfitta (il continuo chiedersi perché è all’opposizione) e la spasmodica smania di risollevarsi e ricominciare (i sei deputati corrotti per far cadere il governo Prodi). Lui per molti versi è una maschera incomprensibile, una statua di impermeabilità dolorosa e struggente, è argilla nelle mani di un ammaliato narratore-osservatore, una superficie lucida su cui si riflette un bagliore deformante e irreale. È centro di tutto da cui tutto parte e si origina, un dio che lascia gli astanti ancora a bocca aperta: per quasi un’ora di Loro 1 Berlusconi non c’è eppure è sempre presente, nelle parole, nei pensieri, nei desideri e nei sogni di «quelli che contano» e di coloro che vogliono diventare come lui. Non c’è il suo corpo eppure lo si vede e lo si sente (nelle vite degli altri, da Sergio Morra a Roberto De Francesco, da Kira a Tamara) e quando arriva in scena la sua epifania è grottesca e pantomimica. Un ricco annoiato, un agguerrito nemico politico, un marito sempre più lontano dalla propria moglie sono rappresentazioni diverse di una stessa persona, facce diverse di un uomo multiforme, spietato, alle volte volgare, spesso inopportuno e intempestivo.
Loro si concentra sul corpo attoriale di Servillo che, pur così diverso da Berlusconi, riesce perfettamente nell’intento di mettere in scena quel qualcosa in più o di troppo, l’anomalia, il vuoto che sta dopo e prima di tutto il cerone e il sorriso smagliante, quello del clown che nasconde un’infinita tristezza. Dà corpo a un pericoloso, viziato bambino, parodia esasperata di un uomo che ne ha combinate tante, eppure lo spettatore prova pietà per lui, una sorta di umana compassione per chi già dalla rappresentazione corporale appare non più vir ma homo. La finzione di quel viso, di quelle fattezze, la distanza dall’originale giocano a rendere ancora più misera, più disperata la storia di un uomo alle prese con il proprio osceno, fuori cioè da sé stesso (da ciò che Lui rappresenta figurativamente, metaforicamente, politicamente con la propria immagine, con i racconti, nei pensieri degli altri), con i suoi fantasmi e con i suoi demoni.
La finzione di quel viso, di quelle fattezze, la distanza dall’originale giocano a rendere ancora più misera, più disperata la storia di un uomo alle prese con il proprio osceno, con i suoi fantasmi e con i suoi demoni
Sono due le sequenze fondamentali del secondo capitolo di Loro che costruiscono l’immagine di un uomo un po’ spaventato e molto deluso (dalla politica, dai compagni, dagli amici, dalle donne e da Veronica): la telefonata alla casalinga in cui, dopo aver perso le elezioni, mette alla prova la propria capacità di venditore di sogni, di contrabbandiere di parole, di istrione e narratore di false realtà, e l’ultimo dialogo con la moglie in cui per la prima volta l’uomo sembra cedere, scalfito da ciò che gli sta intorno. In entrambe le circostanze quel corpo dimostra di essere segnato da crepe che lasciano uscire l’umanità. Un Berlusconi completamente diverso rispetto a quello di Moretti che è quasi ieratico, sguardo in camera non per cercare conferme, non per raccontare una storia come fa il venditore Silvio quando afferma «io conosco il copione della vita» ma per convincere che lui è vittima ingiustamente. È un Pulcinella brianzolo mesto e solo: è l’uomo a cui gli alleati voltano le spalle, è il marito lasciato dalla moglie, è un vecchio che ambisce a donne troppo giovani per lui che possono anche non farsi comprare dai suoi “ricchi abbracci”, la differenza è che lui non ci è abituato e ora soffre, ma questo non basta per finirlo. A differenza della vigorosa denuncia di Il caimano di Nanni Moretti la grande forza di Loro è quella di raccontare un mondo in decomposizione che lo spettatore sta vivendo, un Capo in decadenza – a cui lo spettatore si è abituato – che nonostante le sofferenze egoistiche, le infantili paturnie continua a insistere.
Un flash, appaiono sul piccolo schermo le immagini del vero Berlusconi che durante le ultime consultazioni per la creazione del governo, messo da parte, di lato, accompagna il leader della coalizione di destra, e per non soccombere di fronte al nuovo capo prende la scena e il palcoscenico è di nuovo suo. È Loro o è la realtà? E come in un circolo vizioso sorge spontanea una domanda: il caimano sarà mai finito?
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