Guido Reni
Bologna, 4 novembre 1575 – Roma, 18 agosto 1642
Iniziato alla pittura dal fiammingo Denis Calvaert (1585-94) il giovane Reni entrerà nell’Accademia dei Carracci sotto il magistero dei cugini Annibale e Ludovico, ma per contrasti con quest’ultimo segue alla collaborazione una rottura che pure destina Guido Reni a rapida affermazione personale: può esprimersi in soggetti religiosi e mitologici un’interpretazione originale e sorvegliata del classicismo carraccesco capace, col rigore elegante della composizione e l’uso eccelso del colore, di mettere a frutto senza invadenza lo studio dei classici e quindi valorizzare, nella ricerca della resa d’antichi ideali, una corposità barocca così preservata da eccessi. Se a Bologna Reni rimarrà legato vita natural durante per fondarvi sullo studio di Raffaello, Correggio, Veronese e Rubens un’egemonia artistica (Strage degli innocenti, 1610; Assunzione, 1616-7), a Roma ov’è chiamato per Santa Cecilia dal cardinal Sfondrato (1601) Reni potrà avvicinarsi all’esperienza del Caravaggio per assorbirne soluzioni nel proprio stile idealizzante (Crocifissione di San Pietro, 1604-5) e toccare per la committenza, anche pontificia, dei Borghese (1608) la celebrata vetta dell’Aurora (1614). Dopo i toni limpidi e preziosi, la luce argentea della Consegna delle chiavi (1620-6), l’aspetto abbozzato di Cleopatra non si dovrà alla morte, ma alla libertà, alla soffusa leggerezza che Reni concede all’ultimo pennello.
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