Guerra ai radical chic

Il conflitto tra élite e popolo e il Salvini letterario nel romanzo Il censimento dei radical chic

Giacomo Papi è scrittore, giornalista e autore televisivo. Il suo nuovo romanzo Il censimento dei radical chic (Feltrinelli, 2019) è una satira politica dell’Italia contemporanea, divertente nella sua brutalità, e al tempo stesso un monito su quello che ci aspetta se il peggio dovesse accadere – anzi, quando accadrà. In fondo al colophon troviamo infatti una parodia del disclaimer che precede molte opere di fantasia derivate da una realtà precisa: «I fatti narrati in questo libro accadranno».
Il Censimento racconta la storia apparentemente semplice di una delle conseguenze possibili del processo di sclerotizzazione e polarizzazione politico-sociale che il nostro paese sta vivendo: l’istituzionalizzazione dell’anti-intellettualismo che serpeggia almeno dall’epoca d’oro del berlusconismo e che si è definitivamente affermato, complici certe politiche draconiane dei tecnici al governo, con l’ascesa del Movimento 5 Stelle e della retorica salviniana.

In seguito a una serie di omicidi cominciata con l’uccisione del professor Prospero, linciato sui social e poi massacrato da ignoti sulla porta di casa dopo aver citato Spinoza durante un talk show «mentre il popolo muore di fame», il governo vara un’operazione intesa a proteggere – cioè a controllare – quanti facciano mostra di saperne più degli altri, pensare troppo a fondo e parlare difficile: il «Registro Nazionale degli Intellettuali e dei Radical Chic». Promotore del provvedimento è il Ministro dell’Interno, uomo politico che ha assorbito a tal punto l’esecutivo da essere chiamato “Primo ministro dell’Interno” e che d’ora in poi per brevità chiameremo “Salvini”, malgrado le resistenze dell’autore. Il censimento, del resto, è solo un aspetto di un più vasto programma di ingegneria culturale che mira alla riconciliazione nazionale tra élite e popolo, ma a vantaggio di quest’ultimo. Il documento politico che accompagna il Registro, vergato da “Salvini” e intitolato La questione intellettuale. La verità è semplice, l’errore complicato, recita infatti:

 

  1. La complessità impedisce la verità.

  2. La complessità umilia il popolo.

  3. La complessità frena l’azione.

  4. La complessità è noiosa, quindi inutile.

  5. La complessità è superba, quindi odiosa.

  6. La complessità è confusa, quindi dannosa.

  7. La complessità è elitaria, ergo antidemocratica.

  8. La semplicità è popolare, ergo democratica.

  9. La complessità è un’arma delle élite per ingannare il popolo.

  10. Bisogna semplificare quello che è complicato, non bisogna complicare quello che è semplice.


Non a caso, il Registro viene istituito tramite un decreto legge, il n.1728, che prende «Provvedimenti in difesa della lingua italiana» e dispone la creazione di un «Garante per la Semplificazione della Lingua Italiana». Il Garante, posto a capo di una macchina censoria che ricorda più Fantozzi che Orwell, si preoccupa tra le altre cose che gli scrittori si facciano capire dal popolo. Perciò anche le pagine del Censimento, che si presenta come una sorta di manoscritto inviato anziché ritrovato, sono costellate di cancellature e spassose note a piè di pagina in cui l’oscuro funzionario Ugo Nucci suggerisce l’editing e il suo superiore Salvo Pelucco lo convalida o meno.

Tutte queste vicende sono viste perlopiù attraverso gli occhi di Olivia, figlia del professor Prospero richiamata in Italia dalla morte del padre di ritorno da Londra, sua città d’adozione. Ma il Censimento è piuttosto un romanzo corale. Se la storia e le relazioni di Olivia fanno da filo conduttore, i numerosi personaggi che le ruotano attorno sono chiamati ciascuno a incarnare un tipo di cittadino e quindi riflettono collettivamente, insieme a lei, un certo spaccato della società italiana e i rischi che per alcuni individui diventano accettabili una volta che il panorama sociale si è cristallizzato in modo inaccettabile: tra questi, la radicalizzazione politica e il terrorismo. Uno spaccato che le dimensioni ridotte, la complessità e il carattere satirico del romanzo hanno reso inevitabilmente caricaturale, provocando qualche effetto collaterale non sempre tenuto a bada dall’autore: la riduzione di accademici e intellettuali ad umanisti, l’identificazione di questi con gli scrittori e l’equazione di tutti con un’incarnazione dello stereotipo destrorso del radical chic di sinistra. Del resto è difficile evitare caricature ed effetti collaterali in una satira che punta una parte del suo appeal sul richiamo a fatti storici limpidissimi sul piano simbolico e a certa cultura disto-pop: basti dire che uno degli interventi di “Salvini” è parafrasato dal celebre discorso parlamentare che pronunciò Mussolini il 3 gennaio 1925, dopo l’omicidio Matteotti, o che i radical chic scelgono, come forma di resistenza à la Fahrenheit 451, di imparare ciascuno a memoria una delle parole proibite dal Garante.
 

Il Censimento ammicca a una certa cultura disto-pop: basti dire che uno degli interventi di “Salvini” riprende il discorso di Mussolini dopo l’omicidio Matteotti o che i radical chic scelgono una forma di resistenza à la Fahrenheit 451


Suonano caricaturali, ma rivelatori, anche i personaggi che Papi fa entrare e uscire da una “zona grigia” capace di mettere in dubbio la tenuta stagna dei due grandi gruppi in cui divide la società, gli intellettuali-radicalchic-scrittori-sottomessi da una parte e, dall’altra, il popolo-ignorante-al-potere. Uno di questi è il funzionario Ugo Nucci, che a un tratto esce dalle note e compare nel corpo del testo per rapire il Garante e torturarlo sottoponendolo alla declamazione di passi di Rousseau e Martin Heidegger. Tutti i funzionari linguisti del «Ministero dell’Ignoranza», collocato nella sede della Mondadori a Segrate, sembrano infatti usciti da una parodia della classe disagiata:
 

Una massa di umani esausti, ma finalmente speranzosi, di età compresa tra i 25 e i 55 anni, che nell’attesa, fraternizzavano scambiandosi notizie sulle proprie lauree, master e corsi di abilitazione, raccontandosi i concorsi inutilmente vinti o da cui erano stati ingiustamente respinti, solidali gli uni con gli altri ma al contempo guardinghi, attirati tutti dalla possibilità di un posto fisso dove poter finalmente esercitare le proprie competenze, e vendicarsi dei raccomandati, dei figli di papà e dei ruffiani che si erano accaparrati i mestieri migliori, quelli che loro avevano potuto soltanto sognare.


Grigio è anche “Salvini”, in realtà un amico d’infanzia di Olivia che conosceva bene quel professor Prospero di cui pure ha provocato l’omicidio. “Salvini” è il classico cattivo che, ubriacato dal (desiderio di) potere, sceglie di nascondere la propria intelligenza e cultura – il proprio elitarismo – per conservare la posizione di leader del popolo-ignorante, finché non cade in disgrazia quando viene beccato in un cinema d’essai a vedere un vecchio film della Nouvelle vague. Del resto, anche l’aura positiva che la condizione di vittime diffonde sugli intellettuali si offusca quando leggiamo come il professor Prospero, nel proprio testamento politico, percepisse l’«egemonia culturale» non come il predominio di un sistema di pensiero all’interno di una società, ma più brutalmente come rimpianta supremazia delle classi istruite sui cretini ora intronati.
 

Per l'autore il conflitto tra élite e popolo è un conflitto tra cultura e ignoranza, complessità e semplicità, ragione ed emozione


Del conflitto tra élite e popolo che senz’altro è al centro del Censimento l’autore offre più di una chiave di lettura: è un conflitto tra cultura e ignoranza, complessità e semplicità, ragione ed emozione, così come tra due percezioni della “cultura” contrapposte ed entrambe sbagliate: fortezza da difendere e prova di superiorità per l’élite, fonte di imbrogli per il popolo. Sebbene si abbia talvolta l’impressione che l’autore ci creda veramente, all’esistenza dei radical chic come corpo socioculturale omogeneo, resta chiaro il messaggio che quel conflitto si gioca sul piano delle rappresentazioni collettive più che della realtà: dalle ambiguità e dai chiaroscuri disseminati nel libro si può ricavare che la dicotomia tra élite e popolo è illusoria e che, catturato da quest’illusione, il popolo rimane sempre mediato e quindi governato da una élite, per quanto cinica, corrotta e camuffata. È quindi il caso che i “radical chic”, ammesso che esistano, rivedano le proprie priorità, abbandonando l’altero disprezzo del popolo bue in favore di un atteggiamento più vigile e battagliero nei confronti di chi, mescolato tra la gente, la sa probabilmente più lunga di loro.


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