Gli equilibri dell'Austria | Speciale Europee 2019

La nazione austriaca nell'era del presidente Sebastian Kurz, una zona neutrale tra nazionalismo di destra e europeismo

È gennaio inoltrato a Vienna, la stagione dei balli. Una tradizione che risale a secoli fa e che vuole che ci sia un ballo per ogni occasione – università, associazioni sportive, polizia, gruppi di caccia, regioni differenti, partiti politici. Questo particolare venerdì sera non sembra molto differente dagli altri: uomini in doppiopetto portano donne in vestiti eleganti al Palazzo Imperiale, pronti a danzare sulle note dei walzer di Johann Strauss. Tuttavia, questa serata danzante è controversa: è l’Akademikerball del Partito della Libertà Austriaco di estrema destra, fondato da nazisti recidivi negli anni ’50 e meglio conosciuto per la tendenza a scagliarsi contro rifugiati, migranti e ogni tipo di multiculturalismo che «minaccia» l’Austria.
Ad appena cento metri dal Palazzo Imperiale, lungo la tangenziale di Vienna, è in corso una protesta contro l’Akademikerball. Queste proteste stonano con la gente che si reca al ballo e i grandiosi edifici del centro di Vienna: sono giovani e multiculturali. Si vedono cartelli rossi che gridano «Non lasciate che i nazisti governino!» o «Resistenza contro razzismo, sessismo e distruzione sociale». I manifestanti sventolano la bandiera blu dell’Unione Europea. Nel 2019, quelle sono le due anime della stessa Austria, l’una di fianco all’altra.
 

Nel 2019 convivono due anime della stessa Austria: quella nazionalista dell'Akademikerball e quella europeista giovane e multiculturale


Le due scene contrapposte sono anche l’emblema della contraddizione del Cancelliere, Sebastian Kurz. Da una parte è una figura giovane, cosmopolita e pro-europea; dall’altra deve il suo ruolo alla cooperazione con il Partito della Libertà (FPÖ) e all’utilizzo della crisi dei rifugiati a proprio vantaggio. È passato in appena cinque anni dall’essere un ministro degli esteri senza esperienza al diventare uno dei capi di governo più giovani al mondo. La sua ascesa riflette il cambiamento avvenuto nella politica austriaca e la sua relazione con l’Europa dalle ultime elezioni. Questa è l’Austria nell’era di Kurz.

La crisi dei rifugiati
L’evento centrale degli ultimi cinque anni in Austria, e in effetti in gran parte dell’Europa, è stata la crisi dei rifugiati del 2015. Milioni di rifugiati e migranti hanno sfidato la guerra in Medio Oriente alla volta dei Paesi più prosperosi e aperti, come Germania e Svezia, passando attraverso la rotta dei Balcani. Migliaia di migranti hanno chiesto asilo anche in Austria, e il Paese ha accolto il terzo più alto numero di richieste in Europa, dietro la Svezia e davanti alla Germania. La crisi del Paese ha visto accadere una terribile tragedia in cui 71 migranti sono stati trovati morti sul retro di un camion abbandonato al lato della strada sulla via fra Budapest e Vienna. Come in Germania, i primi arrivi sono stati accolti con empatia, ma mentre la crisi si intensificava l’opinione pubblica ha rifiutato l’idea di accettare migranti o rifugiati. Secondo gli Eurobarometri la percentuale di austriaci che affermavano di avere sensazioni «molto negative» riguardo all’immigrazione da paesi fuori dall’Ue è salita dal 19 al 36% da novembre 2014 a novembre 2015. Gli Eurobarometri hanno anche riportato che la percentuale dei cittadini convinti che l’immigrazione fosse uno dei due problemi più importanti per il Paese è stupefacente: ben il 56%. Questa reazione è molto più grande di quella in Germania, e potrebbe essere equiparabile a quella della vicina Ungheria.

Le presidenziali del 2016
Questa reazione è stata sfruttata dal Partito della Libertà a spese del Partito Socialdemocratico (SPÖ). Le prime elezioni dopo la crisi furono le presidenziali del 2016. A sorpresa i candidati dei due maggiori partiti che avevano governato l’Austria dalla Seconda guerra mondiale, il Partito della Libertà e il Partito del Popolo di Kurz vennero eliminati al primo round di votazioni, e il round finale a maggio fu conteso fra Nobert Hofer del Partito della Libertà e il candidato indipendente Alexander van der Bellen, ex leader del Partito dei Verdi. Le elezioni, avvenute lo stesso anno della Brexit e dell’elezione di Donald Trump, hanno visto contrapposti il populismo di destra e il pro-europeismo cosmopolita. Van der Bellen è riuscito a vincere al ballottaggio, con un margine di soli 30mila voti, battendo Hofer 50,3% a 49,7%. La corte rovesciò i risultati, richiedendo un secondo turno di elezioni lo stesso dicembre. Van der Bellen riuscì a vincere questo secondo ballottaggio più agevolmente, con un margine del 53,4% contro il 44,6%, probabilmente perché gli austriaci erano ormai al corrente del fatto che le campagne populiste potevano effettivamente avere un discreto successo, considerando il fatto che sia la Brexit che Trump erano avvenuti nei mesi successivi al primo ballottaggio.
 

Durante le elezioni del 2017, alcuni leader di partito hanno continuato ad affermare di essere sfavorevoli a una maggiore integrazione che sarebbe andata a discapito dell’Austria e della sua sovranità


Eravamo comunque lontani dalla fine dell’ondata del Partito della Libertà. Questo colse l’occasione per cavalcare l’onda del malcontento nei confronti della questione migranti durante le elezioni parlamentari di ottobre 2017, soprattutto per dirigere i suoi attacchi verso l’Ue. Mentre originariamente erano contrari all’entrata dell’Austria nell’Ue nel 1990 e spingevano per l’uscita, alcuni leader di partito hanno continuato ad affermare di essere solo europei «critici» ma sfavorevoli a una maggiore integrazione che sarebbe andata a discapito dell’Austria e della sua sovranità. Tuttavia avanzarono nuovamente il problema della migrazione e dell’identità, con cartelloni di attacco contro i rifugiati e la presunta «islamizzazione» del Paese, dando principalmente la colpa a Bruxelles. La strategia parve funzionare, dal momento che il Partito della Libertà superò quello Socialdemocratico divenendo il secondo maggior partito.

L'ascesa di Kurz
L’estrema destra non attirò altri consensi, e questo si dovette ad un altro politico che si scagliò di nuovo contro Europa e migrazione: Sebastian Kurz. Dopo aver mantenuto una linea dura su quest’ultimo problema come ministro degli esteri sotto il governo di coalizione a guida Spö.  Kurz prese il comando del Partito Popolare Austriaco (ÖVP) nel maggio 2017, abbandonando il governo e chiedendo elezioni anticipate per poter cogliere il momento favorevole che l’Fpö stava già cavalcando. Pur essendo molto giovane (solo 31 anni) e provenendo da una capitale di sinistra, Vienna, Kurz si spostò a destra in occasione delle elezioni. La sua campagna fu principalmente basata sul limitare l’immigrazione in risposta alla crisi del 2015, nel tentativo di impedire agli elettori di scegliere il Partito della Libertà. Trasformò inoltre l’intera campagna in un movimento accentrato attorno al suo personaggio, cambiando addirittura il colore tradizionale del partito da nero a turchese. In quasi ogni cartellone delle campagne pubblicitarie del Partito del Popolo figurava l’immagine di Kurz. E funzionò, Kurz vinse le elezioni.
La sua virata a destra servì anche a porre le basi per invitare l’Fpö a formare allo stesso modo un governo di coalizione. Fu un evento senza precedenti. Dal 1955 solo l’Övp e lo Spö avevano guidato il Paese in coalizione, e l’unica occasione in cui l’Övp aveva cercato di invitare il Partito della Libertà a creare un governo, nel 2000, la condanna a livello europeo e la minaccia di sanzioni erano state abbastanza per far fargli fare un passo indietro. Ma nel 2017 l’Ue non vi ha prestato altrettanta attenzione – ci sono state condanne, certamente, ma l’Unione era impegnata a trattare problemi molto più grandi e temeva di provocare reazioni di stampo populista.

L'Austria oggi
Dopo un anno e mezzo come ha governato la coalizione in Austria? Non è certo stata la palla demolitrice che molti temevano, e l’Austria non ha mai aderito alle «democrazie illiberali» del centro Europa in aperto scontro con Buxelles. Ci sono state infatti occasioni in cui la coalizione ha irritato i leader europei, soprattutto per azioni specifiche del Partito della Libertà. L’Fpö ha destato qualche preoccupazione a causa dell’aperta ammirazione nei confronti della Russia (ha anche un accordo di cooperazione con il partito di Vladimir Putin) che si sono accentuate quando il ministro degli esteri Karin Kneissl ha invitato Putin al suo matrimonio nel 2018. Invito che, a sorpresa, è stato accettato. Il Partito della Libertà ha irritato anche altri stati membri, come quando il vice-cancelliere Heinz-Christian Strache ha suggerito la possibilità di rilasciare passaporti austriaci ai residenti parlanti tedesco nella regione del Trentito Alto Adige, conosciuta come Sudtirolo. Roma non ha apprezzato il suggerimento. 
Kurz ha anche punzecchiato Bruxelles durante il suo mandato da cancelliere, specialmente tirandosi fuori dal patto sulla gestione della migrazione dell’Onu durante la presidenza austriaca nel consiglio dell’Ue nel 2018. Continua ad essere apprezzato da molte personalità della destra, come qualcuno che ha efficacemente impedito agli elettori conservatori di spostarsi verso partiti populisti – gli ambasciatori americani in Germania l’hanno addirittura definito una “rockstar”.

Europeista e euroscettica al contempo, non del tutto d’accordo con l’Ue ma nemmeno in disaccordo: è come se l’Austria di Kurz fosse tornata alla sua versione neutrale, un ponte fra Europa occidentale e orientale


Tuttavia il governo di coalizione sotto Kurz ha provato a dimostrare che loro sono ancora gli «europeisti buoni». La presidenza del consiglio è stata considerata competente e il cancelliere stesso rappresenta una voce costruttiva nel coro dell’Ue. In un certo senso è come se l’Austria di Kurz fosse tornata alla sua versione neutrale, un ponte fra Europa occidentale e orientale. È allo stesso tempo europeista e euroscettica; non del tutto d’accordo con l’andamento attuale dell’Ue, ma nemmeno in disaccordo. È contraria all’allargamento dell’Europa alla Turchia ma appoggia fortemente l’entrata della Serbia. Non si schiera apertamente con Ungheria e Polonia nella loro campagna contro Bruxelles, ma mantiene comunque rapporti amichevoli con i loro governi. L’Austria di Kurz è quindi tornata ad essere al centro, una zona neutrale fra il nazionalismo di destra e il pro-europeismo. Arriverà un momento in cui dovrà scegliere?
 

Traduzione di Francesca Bertocchi
Click here for the English version ► Austria in the Age of Kurz


Parte della serie Speciale Elezioni Europee 2019

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