Giuseppe Prezzolini
Perugia, 27 gennaio 1882 – Lugano, 14 luglio 1982
Istruito più dalla biblioteca del padre prefetto che dal liceo abbandonato, prestissimo Prezzolini conosce quel Papini che l’accompagnerà nell'ambiente delle riviste fiorentine verso «La Voce» (1908-13), esperienza avventurosa d’intermediazione e rinnovamento culturale ove Prezzolini, ora acquisito all’idealismo crociano e avvicinato al socialismo sindacalista, saprà da direttore far convivere fecondamente istanze anche contrapposte – ci lavorano e.g. Croce, Gentile, Salvemini, Murri, Soffici. La guerra, dove va volontario, lo convertirà dall’originario nazionalismo al conservatorismo disincantato del Codice della vita italiana (1921), dell’ideale, purtroppo più serio che faceto, d’una «Congregazione degli Apoti»: di quelli, cioè, che “non se la bevono”, vogliono sprezzare la meschineria del contingente e seguitare a pensare da sè. Perciò, pur ammirando Mussolini, Prezzolini rifiuta i metodi fascisti, e da stimato intellettuale troverà rifugio – dopo il tragico soggiorno a Parigi, quando assiste all’assassinio di Gobetti – presso la Columbia University di New York (1929): qui dedicherà all’insegnamento gli anni maturi d’un’esistenza secolare, che più che nell’ingente produzione letteraria (L’italiano inutile, 1954), giornalistica e saggistica (culminante nel Manifesto dei conservatori, 1972), trova il proprio valore di monumento della vita culturale d’un’epoca e d’un Paese negli infiniti carteggi, da Papini (Storia di un’amicizia, 1966-8) a Soffici a Croce, ma soprattutto nell'immenso (1900-68) Diario.
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