Giuseppe Di Vittorio

Cerignola, 11 agosto 1892 – Lecco, 3 novembre 1957

Trasformato da bracciante in perspicace autodidatta da una singolare curiosità per il potere della parola, Di Vittorio entra socialista nel sindacato per essere già nel 1911 a capo di una Camera del Lavoro: interventista rivoluzionario, nel dopoguerra sarà comunista (1925) e quindi in lotta col fascismo, ma riuscirà a sfuggire alla condanna del Tribunale Speciale (1925) per farsi in Francia attivissimo antifascista. Rappresentante italiano nell’Internazionale dei sindacati rossi e poi organizzatore di brigate internazionali per la Guerra di Spagna (1937), Giuseppe Di Vittorio sarà travolto dall’invasione tedesca della Francia (1940) e quindi confinato a Ventotene, ma liberato dal 25 luglio 1943 entra nelle Brigate Garibaldi per promuovere con Achille Grandi e Bruno Buozzi il Patto di unità sindacale (1944) e giungere così alla Segreteria della ricostituita CGIL (1945). Deciso a spostare il sindacato dal rivendicazionismo puramente salariale all’interesse per le problematiche riforme economiche e sociali del Paese, Di Vittorio si batterà per l’autonomia della CGIL dal PCI quando all’indomani dell’invasione sovietica dell’Ungheria (1956) esprime il suo deciso dissenso schierandosi contro Palmiro Togliatti, a conferma finale di un infrequente spirito critico che già negli anni dello strapotere ideologico del Comintern gli aveva fatto dubitare del regime stalinista.

 

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