Giovanni delle Bande Nere
Forlì, 6 aprile 1498 – Mantova, 30 novembre 1526
Dalla madre Caterina Sforza il piccolo Giovanni assume i valori della nobiltà militare che essa incarna; Firenze, cui appartiene per via paterna – è figlio d’un Medici cadetto – non può apprezzarne l’aggressiva intemperanza né la facilità di spada, per il tradizionale civismo che ancora l’informa, eppure gli dà occasione di mettersi a frutto nel farsi soldato e servire l’élite finanziaria stretta intorno ai papi medicei. Così Giovanni de’ Medici partecipa alla fase centrale delle Guerre d’Italia, prima sotto Leone X con Carlo V contro i francesi (1516-21) e poi, dopo vari voltafaccia e tentativi di farsi uno Stato tutto suo, contro gli imperiali con Francesco I sotto Clemente VII (1523-6): non innovatore, ma certo altissimo interprete della trasformazione che allora vive la scienza militare, Giovanni darà il meglio scatenando la micidiale rapidità di reparti compositi (cavalleggeri e fanteria italiana, arma bianca e tiro insieme) contro i lanzichenecchi del Frundsberg. Ferito da un falconetto a Governolo, morendo lascia il proprio posto a Giovanni delle Bande Nere, una rielaborazione letteraria e storiografica della sua figura che Pietro Aretino comincia, Cosimo il Grande – suo figlio – prosegue come eroe dinastico e il Risorgimento traduce in genio della nazione, finché il fascismo lo consacra accanto al Ferrucci, relegandolo in una storia leggendaria da cui oggi è appena redento.
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