Generation 0
Ballata di sdegno e riprovazione nei confronti della generazione dei miei genitori
Qualcuno, un signore che sicuramente sedeva diversi gradini sopra chi scrive in un'ipotetica scala d'intellettualismo, odiava gli indifferenti. Nelle sue parole spicca più di ogni altra una frase, seta ricamata su sfondo di pietra: “odio gli indifferenti perché mi dà fastidio il loro piagnisteo da eterni innocenti”.
Chi scrive, per lo stesso motivo, novantacinque anni dopo ha deciso di odiare il blocco dei grigi italiani nati tra la metà dei Cinquanta e l'inizio dei Settanta.
Sono il ceto medio, mediocre e di mezza età del Paese, una banda confusionaria tenuta insieme dal più grande dei collanti per masse, l'ignoranza. Si professano di destra, di centro, di sinistra (categorie appartenenti, come loro del resto, a un millennio finito), ma si ritrovano poi, cricca di apostoli del “si stava meglio quando si stava peggio”, a parlare tutti insieme la lingua dei più beceri reazionarismi. Trimalcioni sociali, che vistisi apparecchiare la tavola dai genitori, i fortunati appartenenti all'unica generazione della storia italiana che è morta in condizioni migliori in cui è nata, non si sono limitati a ingozzarsi di tutto quello che gli era stato messo a disposizione, ma hanno ingurgitato piatti, si sono strafogati di bicchieri, hanno fatto a pezzi il tavolo per digerirlo più tranquillamente. Poi, in modo più o meno consapevole, hanno messo al mondo noi, con l'unico dichiarato intento di mangiarci, che ancora avevano lo spazio per il dessert.
Troppo giovani per aver vissuto il '68, fatto che non ha comunque impedito loro di sfruttarne i benefici, storpiarne gli ideali e cannibalizzarne gli intenti, sono però troppo vecchi per vivere con la consapevolezza del non ignorante nell'era digitale, rimanendo così di fatto schiacciati tra le due grandi rivoluzioni culturali dell'ultima metà di secolo. I liceali ideologicamente anestetizzati di Ecce Bombo si sono ritrovati a trent'anni di distanza, su Facebook, tra una condivisione di una foto dei gattini e la citazione di Jim Morrison sulla casta, quella di Gandhi su Berlusconi, di Mussolini sulle scie chimiche e di John Lennon sul tupè di Antonio Conte.
Quando non si riesce a vedere al di là della propria unghia non si può che rimanere ancorati a ciò che siamo prendendo in prestito qua e là da ciò che vorremmo essere. Il venefico risultato altro non è che il formarsi di una buona parte del bacino elettorale della più terribile delle storpiature politiche, il populismo, dando quindi risalto addirittura a Grillo, un abile incantatore di serpenti che punta tutte le sue carte sulla storica capacità di questa gente di farsi menare per il naso, non contenta di aver già violentato la democrazia rappresentativa, barattando, come nelle tribù istituzionalmente meno evolute del terzo mondo, il proprio pensiero in cambio dell'ICI.
Come possiamo permettere che delle persone che scrivono col caps lock e si firmano alla fine di un commento su Facebook, decidano ancora una volta il futuro dell'Italia, dopo averci condannati a Berlusconi, Minetti, Scilipoti, Lusi e Razzi, mettendosi nelle mani di un comico e scagliandosi contro quel poco che rimane di politico in un paese a cui ha sempre fatto schifo la democrazia, ma che di “homini politici” ne ha piena la storia e assoluta necessità? Come possiamo permettere che l'Italia metà giardino e metà galera diventi tutta galera per la furia giustizialista di analfabeti di ritorno che farebbero fatica a distinguere una legge da una poesia? Ma sopratutto come possiamo permettere che, in un vortice di costruzione reazionaria di pensiero, la religione di stato diventi l'anti, e che tra tutti gli anti spicchi l'anti-intellettualismo, ovvero la denigrazione della competenza e la devastazione del più piccolo principio meritocratico in nome del valore più importante, il “semo tutti uguali” chiamato da loro democrazia, ma ben lontano dal vero significato di questa. Ecco quindi che d'un tratto questi cafoni da bagnasciuga di Riccione si ritrovano uniti nella critica becera e irrazionale ai “professoroni”, tecnici chiamati alla guida del paese con solo e unico motivo di sistemare i danni provocati dalla classe dirigente proprio da loro votata, votata, votata, votata e rivotata in tutti questi anni e provare quindi se non a rimbandire la tavola (non sia mai che noi figli del nuovo millennio si riesca a mangiare qualcosa) per lo meno a organizzare un pic-nic.
Basta quindi con queste persone che hanno come massimo riferimento culturale la colonnina destra di Repubblica.it, basta sinistra che si arrocca reazionariamente sull'art.18 e destra che si è scordata la definizione di liberalismo, basta col berlusconismo e l'anti-berlusconismo come valori assoluti e dogmatici di divisione politica, basta col Novecento, basta con la Generazione delle zero idee.
Ora sta a noi fare il nostro '68, non come molti vorrebbero, una riedizione sbiadita dell'originale con i rossi, i neri e le barricate, ma una purificazione col fuoco del sapere necessaria per mondarci dall'ignoranza che ci ha generato e allevato.
Niente eterni innocenti e niente piagnistei, ma “leoni che ridono” artefici consapevoli del proprio futuro.
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