Gaetano Bresci

Coiano, 10 novembre 1869 – Isola di Santo Stefano, 22 maggio 1901

Inevitabilmente la fabbrica, per il Bresci figlio d’un modesto artigiano pratese, segue la scuola d’arti e mestieri: dal lanificio “Fabbricone” vorrà licenziarsi dopo un primo sciopero, represso dall’esercito (1892), per cambiare più volte posto di lavoro mentre fermi «per misure di pubblica sicurezza» e confino a Lampedusa (1895) già dicono di Gaetano Bresci l’attivismo anarchico che emigrato negli Stati Uniti (1897) proseguirà partecipando alla vita pubblica della comunità anarchica di Paterson, New Jersey, dove s’imbatte – fra gli altri – in Errico Malatesta. Quando in Italia il governo incrudelisce contro le sommosse che a fine secolo suscita il carovita e Umberto I, «anziché impiccarlo», premia con la Gran Croce dell’Ordine militare di Savoia quel Bava Beccaris che nel maggio 1898 stragia a cannonate i manifestanti milanesi, in quest’ambiente matura anarchico quel gesto che uccidendo a Monza non l’uomo, ma il «principio», insieme immortala e manda all’ergastolo Bresci regicida. Per quest’«ultimo e terribile avvertimento» (Pareto) d’un desiderio violento di rivoluzione sociale la vendetta di Stato s’abbatte su tutta la famiglia – costretto a cambiar cognome il fratello militare Angiolino, perseguitato fino al suicidio l’altro, calzolaio, Lorenzo – mentre alla morte di Bresci negano chiarezza gli atti relativi alla detenzione, come quelli del processo irreperibili.    

 


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