Forza Italia di nuovo in campo
Sfidando le avversità, il Cavaliere tenta la sua ultima carta. Una nuova Forza Italia
Impassibile. Ma anche piuttosto prevedibile, per la verità. E, probabilmente, rassegnato. Sedici minuti e poco più per parlare dinanzi ad una telecamera e dichiarare fermamente tutto il proprio sdegno con un canovaccio usato, ormai sbiadito. Nel discorso tanto atteso, si sono sentite soltanto parole ormai consuete. Berlusconi parla «con la sincerità con cui ognuno di noi parla alle persone alle quali vuole bene». Comincia con un minimo di comprensione per le difficoltà che interessano il Paese. En passant, qualche vana promessa, di quella vaghezza decennale che ha comunque sempre fatto breccia nel cuore degli elettori. Un po’ di nostalgia verso i fasti del passato, dei bei tempi del Novantaquattro. E poi, immancabile, puntuale, l’attacco alla magistratura “politicizzata” a lui avversa. Perché l’ex-premier si ritiene «assolutamente innocente» e vittima di un accanimento giudiziario senza eguali. Agitando vecchi spettri, pare comporre il proprio elegante epitaffio. Per la prima volta, tuttavia, sembra consapevole che la vera sconfitta è ad un passo. Non a caso dipinge il suo discorso come «l’ultima chiamata prima della catastrofe». Eppure, pare implacabile quello spirito guerrier ch'entro gli rugge.
Non si dà per vinto nemmeno adesso, però. Con un ultimo slancio cerca di risollevare le sorti del proprio partito. Ritornando al passato, ripartendo daccapo. Adesso si può definire conclusa la parentesi del Popolo della Libertà, in fondo l’inizio del declino per il Cavaliere, dopo che si era rivelato un partito largamente al di sotto delle aspettative trionfali che ne avevano segnato la costituzione, macchiato dagli strappi e dagli scandali. Oggi le contingenze, però, non sono più le stesse dei bei tempi andati. La situazione è molto più delicata e complessa. Soprattutto perché nei prossimi giorni potrebbe arrivare la decisione circa l’agibilità politica, e poi sarà anche il turno dell’interdizione dai pubblici uffici, e perciò continua a gravare l’incertezza, fino all’ultimo momento. Lui, nel frattempo, rassicura i suoi: «sarò sempre al vostro fianco, decaduto o no». Ma nell’eventualità presentita in cui dovesse congedarsi forzosamente dalla vita politica i rischi per il Popolo della Libertà ci sono, e si tratta pressappoco degli stessi cui è andato incontro Grillo. Sarà più difficile governare dall’esterno un partito vasto e dalle molte anime sotterranee, sino ad ora tenute a freno dal carisma indiscutibile dell’homo novus. La volonté générale che il Cavaliere si è arrogato non riuscirebbe più a manovrare con facilità le scelte degli eletti, una volta che si trovasse confinato fuori del Parlamento. Così sarebbe la fine di un sogno a lungo coltivato. La sconfitta decisiva per un uomo che non è mai stato abituato a perdere.
Intanto, il governo resta in bilico. In molti si interrogano sul significato più intrinseco del discorso del Cavaliere, e tentano un’esegesi impossibile da confermare, se non con i fatti. L’immobilità impera, e i tempi stringono. A poco valgono le parole apparentemente distensive di Berlusconi, con cui conferma la lealtà al governo. L’abitudine, infatti, insegna che bisogna essere cauti. Se non altro perché in poco più di un mese si sono rincorsi quattro annunci, tra minacce e rassicurazioni. Incombe funesta la delicata questione dell’aumento dell’IVA, previsto in poco più di una settimana. Una misura che si è resa necessaria, a causa del diktat del Popolo della Libertà volto all’abolizione dell’IMU, e che se dovesse essere posta in essere rischierebbe di aggravare ancora di più le condizioni economiche interne al Paese. Quasi con impudenza, è lo stesso partito del Cavaliere a chiedere di evitare l’aggravio. Tramite Schifani, intervistato dal Corriere, si invoca una svolta fatta di «tagli coraggiosi alla spesa pubblica, incentivi ai consumatori, snellimento della burocrazia». Proprio quello che ci vorrebbe, per l’Italia. Quello che gli artigiani, i sindacati e le imprese reclamano a gran voce da tempo immemore, e ormai non sperano quasi più di ottenere. Che sia forse arrivato solo oggi il tempo per le riforme, dopo un ventennio? L’esecutivo, intanto, resta prigioniero dei particolarismi. Cosicché non solo l’aumento dell’imposta sembra inevitabile, ma anche le riforme più necessarie paiono essere doverosamente procrastinate.
Una situazione così, allora, cui prodest? Voler garantire a tutti i costi una maggioranza, sebbene l’intento abbia ragioni fondate, ha anche un costo. Controbilanciato dalla maggiore placidità dei mercati e dalla più sincera benevolenza dell’Europa, ovvio. Rimane comunque un imperativo fondamentale quello dell’applicazione dell’agenda di governo, soffocata dalle pretese incongrue dei partiti di maggioranza.
Una condanna in Cassazione, e il sentore che altre siano all’orizzonte, resta per molti una soddisfazione malcelata. In alcuni casi, del tutto manifesta. Un desiderio che finalmente, dopo lunga attesa, si è realizzato. Si consuma la misera vendetta dei miopi, di coloro che per convenienza o ignoranza o più semplicemente scarsa memoria fanno principiare e concludere il male del Belpaese con il Cavaliere. Che, certo, ha concorso alle problematiche di cui oggi si scontano gli effetti. Ma non è l’unica ragione, in fondo. Quello dei giustizialisti ad personam si riduce pertanto ad un infimo godimento, dai tratti grotteschi, del tutto ridicolo. Comprensibile, tuttavia, se si considera la precipuità divisionista della politica italiana, che ha spesso impedito un impegno concreto per le riforme. L’incapacità di conciliare le posizioni, al fine di modificare strutturalmente il Paese, è tutt’ora il leitmotiv che ci costringe ad annaspare nel mare magnum della crisi economica. È forte il sentore che un governo di coalizione sia solo un escamotage maldestro per dilazionare le decisioni, addossare ad altri le responsabilità. E lo sarà fintanto che i buoni propositi rimarranno lì, sulla carta di qualche quotidiano del Febbraio scorso. Propositi pronti per essere impastati di nuovo nelle prossime consultazioni – chissà quando, certo non tardi – , per poi essere per l’ennesima volta riproposti a chi ha ancora il coraggio di avere fiducia in un Cavaliere qualsiasi.
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