Felice Orsini

Meldola, 10 dicembre 1819 – Parigi, 13 marzo 1858

Ha dodici anni Felice Orsini quando alla rivoluzione nelle Legazioni Pontificie (1831) l’indole sua temeraria l’attira ad Ancona per arruolarsi nell’esercito francese che Luigi Filippo d’Orléans non farà intervenire; condannato per l’omicidio d’un domestico (1836) ma scarcerato sulla promessa di farsi gesuita, sfugge al noviziato per laurearsi in legge a Bologna e qui iscriversi alla Giovine Italia: l’allora salda fede mazziniana, amnistiato da Pio IX quand’è di nuovo in prigione per cospirazione (1846), lo chiamerà alla Repubblica romana (1849) e, rimessosi a Nizza a numerose attività di copertura, a sollevare invano Sarzana e la Valtellina (1853-4); recluso nel castello di Mantova, grazie a Mazzini riuscirà nell’evasione sensazionale (1855) che gli vale l’adorazione della Londra dei fuoriusciti italiani. Insuperbito e ormai convinto dell’inefficacia delle trame tentacolari del Maestro, Orsini vorrà prodursi in un gesto egotico e clamoroso: l’attentato (fallito) a Napoleone III (14 gennaio 1858), per punire un carbonaro rinnegato e scatenare davvero la rivoluzione europea. Le lettere che in ceppi scrive all’Imperatore raccomandandogli le sorti d’Italia non lo salveranno dal patibolo malgrado l’ammirazione dell’alta società parigina, ma daranno a Cavour l’occasione di sostenere la necessità di togliere ai rivoluzionari l’iniziativa unitaria, e quindi d’avvicinare inaspettatamente gli accordi di Plombiéres.    

 


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